L’ultimo aggiornamento è di poche settimane fa. “Come ho già detto, la farò un’indomani [una nuova stagione di Sherlock, ndr]. Voglio dire, Arthur Conan Doyle ha scritto 60 romanzi. Non è affatto un format che va fuori moda. Sherlock Holmes non andrà mai fuori moda. Per cui mi piacerebbe riprenderlo. Mi piacerebbe senz’altro. Sono favorevole, ma devi avere a disposizione le due grandi star dello show. Ecco, questo è il problema“.
Parola di Steven Moffat, showrunner di Sherlock. Con un chiarimento che esplica quanto sappiamo ormai da tempo: l’intenzione di andare avanti con la serie, almeno con una quinta stagione o un film, c’è sempre stata e ci sarà sempre, ma i problemi che ostacolano la produzione rischiano di essere insormontabili. Uno, su tutti: la grandezza acquisita dalla serie nel tempo è diventata, paradossalmente, un limite. In particolare, se si pensa al valore dei due attori protagonisti, Benedict Cumberbatch e Martin Freeman. E non solo: aggiungiamo all’elenco almeno Andrew Scott, storico interprete di Moriarty. Il suo personaggio è deceduto, ma la serie ha già saputo valorizzare la figura carismatica post mortem.
Lo chiarisce anche l’altro showrunner di Sherlock, Mark Gatiss, nel corso di un recente intervento sul green carpet degli Olivier Awards: “Vorremmo fare un film ma tentare di riunire tutti quanti è molto difficile”. Chiudendo con un laconico “Dovete chiedere a Benedict e Martin”.
Insomma, la domanda è sempre la stessa, dal 2017: Sherlock tornerà mai? E se sì, come e quando?
Domanda dalla risposta impossibile. La serie, realizzata dalla BBC, non è mai stata chiusa ufficialmente e nessuno sembra essersi mai arreso all’idea che possa terminare con un finale monco, in qualche modo azzoppato. Per carità: gli autori avevano dimostrato di essere scettici a proposito di una stagione ulteriore e avevano per questo chiuso l’ultimo ciclo di episodi con un epilogo che si prestava a un potenziale series finale, ma basta questo per dire addio a una delle migliori serie tv britanniche di sempre?
No, non basta e non basterà mai. Anche perché la quarta stagione, seppure piuttosto audace sul piano narrativo, non riuscì ad elevarsi sugli standard qualitativi delle stagioni precedenti.
Non fu certo il fallimento che qualcuno descrisse al tempo, ma è evidente a posteriori che la necessaria rivalutazione non porti con sé un totale senso di appagamento. Da una serie come Sherlock ci si aspetta sempre il massimo. E ci si aspetta un finale vero, più della toppa finora posta. Che Sherlock 5 sia, allora. Sì, ma come?
Il problema non è certo connesso ai presupposti narrativi. Come palesano le parole di Moffat con cui abbiamo aperto l’articolo, c’è ancora ampio materiale da cui attingere a piene mani. Materiale da cui attingono e attingeranno molti altri nei prossimi anni, seppure attraverso modalità piuttosto particolari e fuori dalle righe. Sono numerosi, infatti, i titoli che asseconderanno e valorizzeranno il mito di Sherlock Holmes nei prossimi anni, ma la produzione BBC non è tra queste. È ferma, al palo. Lo è da sette anni. Sette anni in cui le voci e le dichiarazioni si sono rincorse con una sola premessa: tutti amano la serie e tutti vorrebbero tornare immediatamente sul set, ma a quanto pare la volontà non basta.
La questione, d’altronde, palesa un limite storico delle serie britanniche.
Affette in gran parte dei casi dal medesimo male: sono belle, talvolta straordinarie, puntano in gran parte dei casi su attori d’altissimo profilo che spesso spiccano il volo grazie a queste produzioni, ma hanno dei tempi di sviluppo troppo lenti. Frequentemente, in relazione a budget non troppo estesi rispetto al valore del prodotto e degli artisti coinvolti.
Per intenderci: prima dello stop degli ultimi sette anni, Sherlock era andata in onda per altrettanto tempo con la miseria di dodici episodi, più uno special di Capodanno.
Episodi lunghissimi che sono in tutto e per tutto dei film da novanta minuti, lo sottolineiamo. Ma parliamo comunque di una media scarsa di due episodi all’anno, distribuiti nell’arco di quasi un decennio. Pensate sia un unicum? No, non lo è per niente.
Peaky Blinders, per dire, ha tirato fuori 36 episodi in nove anni, e non è a sua volta conclusa. O meglio: la serie è finita nel 2022, ma siamo ancora in attesa del film che chiuderà davvero il racconto. Pur essendo stato nettamente più “prolifica” di Sherlock, anche in questo caso lo sviluppo è andato decisamente a rilento. Con una causa associabile: se da un lato abbiamo attoroni del calibro di Benedict Cumberbatch, Martin Freeman ed Andrew Scott, dall’altra abbiamo Cillian Murphy, uno che nel 2023 ha giusto vinto l’Oscar come miglior attore protagonista grazie a Oppenheimer.
Volete un altro esempio: la ricordate Taboo? Scritta da Steven Knight (lo stesso autore di Peaky Blinders), è andata in onda nel 2017 con la prima e finora unica stagione, dovrebbe tornare con una seconda. Sette anni dopo, siamo ancora in attesa. Anche in questo caso, il protagonista è notevole: Tom Hardy. La serie lo è a sua volta, ma i fan delle serie britanniche sono ormai costretti ad aspettare Godot ogni volta che si decide di alzare il tiro.
Ecco, quando parliamo di una grandezza che diventa un problema per arrivare alla fine, intendiamo proprio questo. Non è più un caso isolato: è una vera e propria tendenza, se non addirittura una sindrome.
Nel caso dei due protagonisti di Sherlock, Benedict Cumberbatch e Martin Freeman, questo sarebbe poi il momento peggiore possibile per valutare la possibilità di tornare sul set. I due attori, esplosi grazie alla serie, sono protagonisti di carriere intense e pienissimi di impegni. Solo negli ultimi due anni, Cumberbatch è stato protagonista di progetti legati al MCU, della bellissima miniserie Eric e di vari altri progetti televisivi e cinematografici d’alto profilo. Altrettanto si può dire per Martin Freeman, protagonista per quattro stagioni della sottovalutata Breeders, della semisconosciuta The Responder e del controverso film Miller’s Girl, in tandem con Jenna Ortega.
È a sua volta centrale nei progetti della MCU, chiudendo un cerchio poco rassicurante per i fan di Sherlock: quando mai potrebbero trovare il tempo e lo spazio per impegnarsi nuovamente con la serie?
Ripetiamo ancora una volta: il problema non è la volontà. I due attori, seppure sembra non abbiano mai avuto un rapporto idilliaco, sono molto legati ai rispettivi personaggi. Secondo alcuni addetti ai lavori, le presunte frizioni tra i due sarebbero il principale ostacolo per la realizzazione della quinta stagione, ma è solo una delle ipotesi. Con ogni probabilità, la fittissima agenda dei due rappresenta e rappresenterà sempre un problema pressoché insormontabile.
Dove si va da qui, allora? Dovremmo davvero arrenderci definitivamente, dopo le tribolazioni degli ultimi sette anni? Dovremmo sicuramente arrenderci all’idea che un intero ciclo di episodi sia pressoché irrealizzabile, a questo punto. Il film, però, resta un’ipotesi sul tavolo. Sarebbe l’opzione migliore? Forse sì, forse no. Secondo alcuni, sarebbe addirittura un rischio eccessivo, ma chi è abituato a vedere il bicchiere mezzo pieno non potrebbe non vedere una grande opportunità nel potenziale ritorno di una serie apprezzatissima da un pubblico variegato. Noi, nel dubbio, continueremo a crederci ancora per un po’ di tempo. Sherlock ha ancora molto da raccontare, e gli autori hanno già dimostrato ampiamente di sapersi reinventare e spiazzare sempre il pubblico. Non sarebbe elementare, ma sarebbe un’impresa a cui assisteremmo volentieri.
Antonio Casu