“Il mio nome è Sherlock Holmes, l’indirizzo è il 221 B di Baker Street”
La caratteristica che più avvicina la mia natura a quella seriale, seppur manifestata in modi diversi e per ragioni altrettanto dissimili, è la procrastinazione. Potrei sforzarmi e inventare scuse da addurre in mia difesa, ma la semplice verità è che sono pigra. Così, è più o meno una vita e mezza che gli amici più disparati mi consigliano di guardare Sherlock, la Serie Tv con Benedict Cumberbatch nei panni del celeberrimo investigatore. A dire il vero, a me il personaggio di Arthur Conan Doyle è sempre piaciuto molto. Quando ero piccola è capitato io mi portassi al mare, da leggere in spiaggia, sotto l’ombrellone con il ghiacciolo all’arancia che ci gocciolava sopra, proprio la raccolta di racconti di Mr. Holmes. Insomma, qualcosa di molto simile a questo (stampato almeno dieci anni prima), ma molto più appiccicaticcio e pieno di sabbia:
Va inoltre aggiunto che sono una grande amante del giallo, specie se deduttivo. Devo anche ammettere che tra le molteplici personalità che mi incitavano a spararmi la serie creata da Moffat e Gatiss, ce ne erano anche di piuttosto affidabili in quanto a gusti. Insomma, rifaccio il mea culpa e torno a specificare che l’unico motivo per cui ho atteso tanto prima di rifarmi gli occhi guardando Sherlock è la pigrizia. Quello che mi propongo di fare ora, è di spiegarvi perché voi non dovreste incappare nel mio stesso errore o, ancora peggio, in quello di non dare mai a questa Serie Tv una possibilità.
Sherlock è la riproposizione contemporanea dell’opera di Sir Arthur Conan Doyle. Inutile dirvi che se siete amanti del mistero, il personaggio “conandoiliano” è l’emblema stesso del genere giallo. Il metodo scientifico con il quale scioglie gli enigmi che gli vengono sottoposti lo rende indubbiamente uno dei personaggi più affascinanti della storia della letteratura. La forza della serie della BBC, tuttavia, emerge dalla commistione tra questo mistero sfumato di vittorianesimo e il mondo contemporaneo, frenetico e insensibile in cui è ambientato.
Se fossimo amici di vecchia data, quello che mi sentirei di dirvi è di una semplicità disarmante: dovete proprio guardarvi Sherlock, perché è meravigliosa! Ma in questo caso ritengo di dover essere più convincente. Quello che posso dirvi è che la trama vi avvincerà in ogni episodio (arrivando talvolta a picchi di bellezza rari). Il ritmo di ogni puntata è serrato, scandito come è dall’alternarsi di tensione e comicità, puntellato da dialoghi che rasentano la perfezione. Tutti i personaggi sono ben delineati ed estremamente arguti (oltre che bizzarri) – L’intelligenza è la nuova frontiera del sexy! La logica, la razionalità, l’intelletto paiono essere il caposaldo di Sherlock, se nonché, a uno sguardo più attento, ci si rende conto che il vero perno delle vicende dell’affascinante Holmes, del dottor John Watson e della loro allegra combriccola è qualcosa di più importante (sono davvero tutti personaggi meravigliosi e, evitandovi spoiler, c’è il cattivo più bello della storia), qualcosa che ci pare così marginale nel fitto susseguirsi degli eventi e invece ne costituisce il punto focale: la complicata e meravigliosa accettazione di quel che è la vita, di quel che siamo noi. La strabiliante verità che sta dietro tutto: al di là del nostro palazzo della memoria, della ferrea logica che ci costruiamo, del baluardo intellettuale su cui possiamo arroccarci, le emozioni sono quello che ci rende uomini.
Dal punto di vista tecnico, inoltre, la serie è quasi inappuntabile: Sherlock si presenta come una serie di altissimo livello sia a livello di recitazione, di sceneggiatura che di fotografia: insomma, è davvero una serie imperdibile!
Se la storia che Sherlock ci racconta è quella di un uomo che ferma il crimine, l’insegnamento che ne traiamo è che il crimine più grande è scappare da quel che siamo.