John,
tu lo sai che la mia vita ruota intorno ai casi, al mio lavoro come consulting detective (sì, il mestiere che mi sono inventato), per cui non puoi sorprenderti se è di un caso che voglio parlarti, un caso su cui persino il mio brillante e complicato cervello si è inceppato. È un caso che seguo da anni, più precisamente dal giorno in cui io e te, Sherlock Holmes e John Watson, ci siamo conosciuti. Perché non te ne ho mai parlato, ti chiederai.
Beh, il motivo principale è che mi ci sono trovato invischiato senza nemmeno rendermene conto, un po’ come è successo con il caso della Donna. E no, John, una volta per tutte, non mi ha reso lento il mio ipotetico interesse sentimentale per lei. Sì, le ho salvato la vita – ormai l’avrai capito persino tu, dopo quanto successo il giorno del mio compleanno. Ma niente più di questo.
E va bene, sarò onesto, ma solo perché già ti vedo rincorrermi per tutto l’appartamento urlandomi che sono un idiota. Sì, qualcosa per la Donna l’ho provata, ma non quello che credi tu. Sono stato lusingato dal suo interesse, ma più ancora dalla sfida intellettuale che mi ha regalato. Sono ammirato perché mi ha battuto – e no, John, non me lo sentirai ammettere mai più, sia chiaro!!
Ma nonostante questo sono anche deluso da lei, deluso perché i suoi sentimenti l’hanno tradita e questo mi ha permesso di vincere alla fine. Lei mi ha dato la prova di cui avevo bisogno per dimostrare la teoria che i sentimenti sono un difetto e bisogna reprimerli.
Eppure, mi chiedo se Mycroft non abbia ragione (se glielo dici, TI AVVELENO!) quando dice che sono emotivo. Perché sì, io reprimo, mi sforzo di non provare sentimenti, eppure li provo e anche in maniera molto forte. Sento la noia, sento l’eccitazione per un nuovo caso… Sono sentimenti anche quelli, no?
Ed è per questo che mi domando se non posso concedermi di provare anche altro o, peggio, se già questo altro lo provo. E me lo chiedo adesso che ti vedo dormire sul divano con Rosie in braccio. Me lo chiedo perché sto provando qualcosa anche in questo momento, qualcosa che non riesco a decifrare, ma che mi fa sentire che è bello vedervi addormentati.
Tu forse sapresti dare un nome a questa sensazione e forse è per questo che ne sto parlando con te. Perché i sentimenti sono il tuo campo e non il mio. Come il tuo campo sono le donne. Sì, John, avevi capito bene quella prima sera a cena da Angelo. Le donne non mi interessano ed è per questo che non mi interessa nemmeno lei. Per quanto riguarda il resto, o meglio per quanto riguardano gli uomini… Beh, sono stato onesto anche in quello: non ho negato perché non avrebbe avuto senso mentire ma ho bloccato il tuo tentativo di flirt perché mi consideravo sposato con il mio lavoro. In effetti, mi considero ancora così, eppure qualcosa è cambiato da allora e quel qualcosa sei tu.
E sei tu il mio caso, John. È quello che provo per te (e che proviamo anche noi, ndr): fin dall’inizio ho visto che tu eri diverso. Già nel laboratorio del Saint Bart quando ho visto un dottore che non era davvero tornato dalla guerra. Già sul taxi che ci stava portando sul luogo dell’omicidio di Jennifer Wilson quando ho visto che eri impressionato dalle mie deduzioni e non spaventato o peggio. Ma non eri l’unico impressionato, sai?
Tu ti sei sempre sottovalutato, non hai mai capito che anch’io ti ammiravo, anzi ti ammiro. Hai una mente semplice, John, ma non te lo dico per disprezzarti. Te lo dico perché la tua mente semplice vede spesso le cose più chiaramente della mia.
Ed è per questo che mi chiedo come sia possibile che tu non ti sia accorto di quello che provo per te. Perché sì, John, io provo qualcosa per te e no, non è amicizia. Come lo so? Ho verificato quello che provo per te con quello che provo per Molly o Lestrade o Mrs. Hudson e sento cose diverse. Tu sei sempre stato diverso per me.
Non sono bravo con le parole ed è per questo che ti sto scrivendo questa email. Perché in qualche modo devo dirti quello che provo e capire se anche tu senti le stesse cose o se me lo sono immaginato. Perché io l’amore che tu provi nei miei confronti te lo leggo addosso, come ti leggo addosso quello che hai fatto, quello che farai e certe volte persino quello che stai pensando. Non ho mai voluto espormi o forse l’avrei fatto prima, ma c’era Mary e sapevo quanto lei ti amasse e quanto tu amassi lei. E non importa se senti di averla tradita, lo sappiamo entrambi che non l’avresti fatto alla fine, anche solo per Rosie. Come so che non tradiresti mai me. Io lo so perché mi fido di te quanto tu di me, nonostante i tuoi problemi di fiducia.
Ora devo uscire, mi ha chiamato Lestrade, ha bisogno di me. Io invece ho bisogno di te. E dato che questo è un caso, dato che tu sei il caso più importante e delicato di tutta la mia carriera, ti lascio qui l’indirizzo dove trovarmi (136 Little Ryder Street). Vieni, se è conveniente. Se non è conveniente, vieni lo stesso.
Tuo.
Sherlock