ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su Shōgun 1×05, rilasciato su Disney+ lo scorso martedì.
Se c’è una cosa che abbiamo capito, guardando i primi episodi di Shōgun, è che il concetto di prigionia, nel Giappone feudale del XVII secolo, si estende soprattutto alla dimensione immateriale. La prigione non è solo fisica, corporale. È un recinto nel quale rinchiudere e soffocare lo spirito. Una cella dell’anima, costretta a dimenarsi e dibattersi tra un dovere e l’altro, soggiacendo al senso dell’onore, che è per i giapponesi una cosa molto seria. La loro esistenza rimbalza di continuo tra le mura del famoso recinto a otto pareti, costruito per nascondersi dal presente e sfuggire al gravame di una vita perennemente al servizio di qualcuno (o di qualcosa). Shōgun 1×05 esplora ancora più a fondo i concetti di prigionia e libertà, calcando la mano sulle differenze valoriali che esistono tra due culture distanti come quella europea e giapponese (ecco 10 assurde serie tv giapponesi che dovreste guardare).
Incomunicabilità, libertà e grandi ritorni sono le parole chiave di questo nuovo episodio.
Blackthorne, diventato l’hatamoto di Toranaga e impegnato ad addestrare le sue truppe ai metodi di guerra occidentali, comprenderà a sue spese quanto le parole possano pesare in un mondo complesso come quello giapponese. Tornato ad Anjiro dopo il folle gesto di suo figlio Nagakado, Toranaga prova a riprendere in mano la situazione. Più che agire però, il signore del Kwanto sembra piuttosto temporeggiare, in attesa degli eventi. O piuttosto, di un passo falso degli avversari. Dopo il finale del quarto episodio (a dir poco scioccante), ci aspettavamo in Shōgun 1×05 una reazione brusca di Toranaga, il cui destino è costantemente appeso ad un filo. Il signore del Kwanto tuttavia non si scompone più di tanto. Toglie al figlio il comando delle truppe, alimenta le invidie di Yabushige, probabilmente nella speranza di esasperarlo e portarlo allo scoperto, e promuove suo nipote Omi, nonostante la strage del finale del quarto episodio.
Il Consiglio dei Reggenti, dopo le dimissioni di Toranaga, sembra essersi arenato in un pantano burocratico.
Ishido è stato spiazzato dalla mossa del rivale, che ha costretto gli altri quattro membri del Consiglio a guardare in faccia le loro differenze. E mentre i reggenti provano a pestarsi i piedi a vicenda in cerca di un nuovo membro del Consiglio, Toranaga aspetta che siano i nemici ad attaccare. Ma il signore del Kwanto non è l’unico personaggio a fare ritorno ad Anjiro. Buntaro, il samurai che abbiamo visto braccato e pronto al sacrificio nel finale del terzo episodio, torna in Shōgun 1×05. Un ritorno inatteso, ma forse non del tutto imprevedibile, considerando che nessuna scena ci aveva mostrato la morte del personaggio. Sul volto di Lady Mariko, impassibile se non per un impercettibile soffio di rassegnazione nello sguardo, si legge un pizzico di dispiacere. Buntaro, guerriero valoroso ma marito brutale, rappresenta una minaccia per la serenità della donna, che infatti perde immediatamente tutta la sua spigliatezza.
La cena del sakè è forse il momento più assurdo di Shōgun 1×05.
Messi gli uni difronte agli altri, emergono subito le profonde differenze tra Blackthorne, Fuji, Lady Mariko e Buntaro. Ubriachi e seccati, i due uomini si lanciano in un’improbabile sfida alcolica, nella quale Blackthorne riesce a provocare Buntaro e a spingerlo in un folle gioco con l’arco e le frecce (strumenti che maneggia con impeccabile maestria). Tutto a discapito di Lady Mariko, che subisce le angherie del marito e torna a rifugiarsi nel suo recinto a otto pareti dopo la breve boccata d’aria dei giorni trascorsi accanto all’Anjin. È l’incomunicabilità la grande protagonista di Shōgun 1×05. Blackthorne e Buntaro parlano due lingue diverse, tra loro non ci sono margini di compromesso. Questo episodio sacrifica ancora la strategia e l’azione per focalizzarsi sui rapporti tra i vari personaggi, nel costante capovolgimento delle prospettive.
John Blackthorne, agli occhi dei giapponesi, rimane un barbaro che emette strani rumori quando mangia. Buntaro, Mariko, Fuji e il resto degli individui che incontra, sono invece per l’Anjin personaggi totalmente folli.
Per un europeo, comprendere a fondo la mentalità dei giapponesi è complicato. Blackthorne non riesce a spiegarsi come la vita possa essere per loro tanto insignificante. Lady Mariko resta impassibile dinanzi alle provocazioni del marito. Le accetta senza batter ciglio, come se per lei vivere o morire fosse del tutto indifferente. Dal racconto che è costretta a fare durante la cena del sakè, scopriamo qualcosa di più sulle sue origini. Suo padre era un regicida, costretto a fare seppuku (suicidio volontario) di tutta la sua famiglia. Lei, unica superstite, non è libera neppure di togliersi la vita a sua volta. Possibile che la libertà di un individuo valga tanto poco in quel mondo? Blackthorne rappresenta il punto di vista occidentale nella serie, ma Shōgun 1×05 vuole mettere in crisi anche quella prospettiva, rendendola relativa.
Se la libertà è tutto ciò per cui vivi, non sarai mai libero da te stesso.
Chi è veramente prigioniero in questa storia? Shōgun 1×05 è un episodio molto riflessivo, pieno di dialoghi intensi, qualche volta persino ridondanti. La comunicazione e il valore delle parole assumono il comando in questo episodio. Si gioca tutto attorno a questi concetti. L’incomunicabilità pratica – quella di Blackthorne, che non è in grado di comunicare con Fuji e gli altri abitanti se non in presenza di Lady Mariko – si scontra con una mancanza di dialogo più profonda. Una barriera che diventa non solo linguistica, ma anche culturale. Blackthorne vuole tornare a casa dopo aver capito che tra il suo modo di vedere e quello dei giapponesi esiste una distanza incolmabile. Per una frase detta con superficialità (chi tocca fagiano muore), un uomo è morto. Sacrificato per il senso dell’onore e la sua estremizzazione.
Ma quando sembra che la barriera tra i due mondi sia un limite ormai invalicabile, la terra trema di nuovo e rimescola ogni cosa.
Una frana improvvisa seppellisce Toranaga, salvato in extremis da John e da Nagakado, e distrugge Anjiro e gran parte dell’accampamento del signore. Davanti alla devastazione del mondo e all’impotenza dell’uomo difronte alla natura, l’Anjin riscopre in se stesso una ragione per rimettere le pietre al centro del giardino. L’immagine finale di Blackthorne che rialza con cura il grande masso roccioso al centro del giardino è molto significativa. In quel gesto, apparentemente banale, l’Anjin ha dimostrato di aver compreso che esiste un’altra libertà oltre a quella per se stesso. Che sia proprio in questa piccola crepa il primo vero punto di contatto tra due mondi completamente distanti?
Shōgun 1×05 ha scelto di mettere ancora una volta in secondo piano la guerra, le scelte strategiche e la politica, per farci riflettere sulla percezione reciproca delle diversità.
Ma la serie si sta addentrando nel cuore degli eventi e, dal prossimo episodio, sarà costretta a dare molto più spazio all’azione e alla strategia. A proposito di ritorni, c’è un altro personaggio che fa la sua comparsa in Shōgun 1×05. Lady Ochiba, la madre dell’Erede in visita a Edo, torna ad Osaka e irrompe nel Consiglio dei Reggenti pronta a metter fine allo stallo diplomatico nel quale questo versa. Il modo in cui bacchetta Ishido e la sicurezza con cui si rivolge al principale rivale di Toranaga, ci fa capire che questo personaggio avrà un ruolo cruciale nella seconda parte della serie. Il tempo della politica è giunto al termine, dice Lady Ochiba. Ma forse, in realtà, è appena iniziato. Non ci resta che aspettare martedì prossimo per il nuovo episodio di questa serie che sta conquistando il pubblico della piattaforma.