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Le due anime di Toda Mariko, lo spirito primigenio di Shōgun

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ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su Shogun

Shogun sembra essere arrivata davvero come un tuono, senza preavviso, per citare uno dei grandi tormentoni di questo 2024. C’è da dire che un po’, in realtà, l’avevamo vista giungere, ma difficilmente si riusciva a pensare che la serie di FX potesse avere un impatto così grande. Invece, Shogun è stata una vera e propria apparizione fulminante. Una miniserie dal livello assoluto, già candidata, e probabilmente strafavorita, alla palma di migliore di quest’anno. Tra i tantissimi pregi della serie tv visibile su Disney+ (che ha sfornato altri ottimi titoli recentemente) c’è la caratterizzazione dei personaggi. Supportata da un livello di scrittura impressionate, la rappresentazione di tutti i protagonisti di Shogun possiede una definizione assoluta e una profondità difficilmente riscontrabile nel panorama.

Tra i personaggi centrali di questa serie tv capolavoro c’è sicuramente Toda Mariko. Forse, in fin dei conti, la grande protagonista di Shogun. Oggi vogliamo dedicare, quindi, un approfondimento a questa donna dalla complessità unica. A questa figura capace di incarnare lo spirito primigenio della serie, di restituire l’incontro tra due anime, quella orientale e quella occidentale, che, in fin dei conti, è proprio alla base di Shogun. Vogliamo parlare diffusamente della Mariko di una straordinaria Anna Sawai. Un personaggio destinato a rimanere impresso nella storia della serialità.

Mariko è l’Oriente di Shogun

Senza soffermarci troppo sulla sua parabola, che se avete visto la serie conoscete alla perfezione, ciò che è interessante sottolineare è la definizione di Mariko in virtù di quelle spinte narrative e concettuali che animano Shogun. Sin da subito la donna si prende la scena. Non solo per il fascino magnetico di Anna Sawai, ma perché Mariko incarna alcuni tratti della cultura orientale che la serie tv prontamente ci sottolinea. In lei convivono l’onore e quella serena e imperturbabile accettazione del destino che rappresentano due poli importanti del nuovo mondo che ci viene presentato. Sin da subito veniamo a conoscenza dell’anelito di Mariko alla morte. Un moto insolito per noi occidentali, così disperatamente attaccati alla dimensione terrena. Una normalità, invece, per chi ha fatto del disonore uno spettro peggiore della morte.

Mariko non nasconde mai la vergogna che prova nel vivere. Eppure, conduce la propria esistenza sempre a testa alta, senza fuggirle. Con disciplina e rispetto. Il suo rapporto con la morte è placido, pure se urgente. Si sviluppa in una tensione continua, sempre però controllata, con quello spirito di accettazione che a noi occidentali sembra prettamente orientale. Questi tratti, insomma, rendono Mariko una perfetta rappresentante di quella cultura del sol levante che Shogun intende veicolare sin dalle sue prime battute, e che costituisce uno dei massimi punti d’interesse della serie. Tuttavia, l’animo della donna è ben più complesso di così. In lei si agitano tormenti che trascendono quella cultura della calma e dell’accettazione che mostra con tanta ostinazione. Una spinta inesorabile verso la passione, che fuoriesce proprio con l’incontro con il vecchio mondo.

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L’Anjin e Mariko

Mariko e l’Occidente

Toda Mariko è il ghiaccio. La sua, come detto, è una vita di attesa. Di anelito a quella morte che è l’unica redenzione per i peccati della sua famiglia. Eppure, sotto a quella cortina glaciale si agitano della fiamme, che deflagrano quando nel lontano Oriente sbarca l’Occidente, incarnato chiaramente dall’Anjin. Il “pilota” è il filtro attraverso cui viene presentato il Giappone in Shogun. I nostri sono i suoi occhi e proprio come noi, anche l’Anjin viene immediatamente attratto dal magnetismo di Mariko. Quest’incontro risveglia l’animo passionale, rigidamente controllato, della donna, che fa sempre più fatica a mantenere le proprie convinzioni quando si trova a doversi confrontare con l’Anjin.

Le dinamiche tra i due personaggi ci mostrano dei lati inediti di Mariko. La donna non perde mai la propria compostezza. Il suo cammino non si discosta mai dalla meta finale, ma la sua andatura si fa un po’ più zoppicante. L’incontro con l’Anjin fa emergere dei tratti, in potenza già presenti, che potremmo definire più “occidentali”. Se Mariko è la personificazione di come noi occidentali possiamo vedere la cultura orientale, il suo smarrimento per l’Anjin rappresenta invece la via contraria, l’allentamento della rigidità orientale nei confronti dello spirito occidentale. Si crea un fitto gioco di rimandi, al cui centro rimane sempre Mariko, che si fa contenitore di questo incontro tra culture che rappresenta un sovraordinato, e decisivo, livello concettuale in Shogun.

La morte di Mariko

Come detto, la vita di Mariko è essenzialmente attesa della morte, e in essa c’è la rivelazione della sua essenza primigenia. Alla fine, quel momento che la donna aspettava con trepidazione arriva. Ma non come pensava lei. Ritengo fortemente che l’episodio nove (di cui potete leggere la recensione) contenga il cuore di Shogun, proprio perché ruota intorno a Mariko. Sono due i momenti fondamentali di questa puntata: la sfida a Ishido con la fuga dal castello e il tentato seppuku. Due passaggi che esaltano i “tratti orientali” di Mariko, che però finiscono quasi in contraddizione con la morte effettiva della donna. Dopo momenti del genere, fortemente imbevuti di quel senso dell’onore e di quella solenne compostezza che sempre l’hanno accompagnata, la donna muore in modo violento, saltando in aria per proteggere chi ama.

Il seppuku sarebbe stata la morte più naturale, per così dire, per Mariko. Ma probabilmente non la più coerente. Il sacrificio che la donna compie è il trionfo della commistione tra le due anime che in lei albergano. È la contaminazione dell’Occidente nel suo Oriente. La passione che si coniuga al senso dell’onore. Sicuramente questa fine tragica si coniuga con le sensazioni che in lei ha risvegliato l’Anjin, ma non solo. A ben vedere, è anche la sublimazione della sua fede cattolica, altro grande tratto occidentale di Mariko.

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Mariko nella straordinaria scena del castello nella nona puntata

Shogun e la religione

Quando diciamo che l’incontro con l’Anjin non crea in Mariko nuove tensioni, ma le risveglia, dobbiamo ricondurci al primo grande incontro con l’Occidente della donna. Mariko è, infatti, una donna di fede. Il suo inesorabile anelito alla morte l’ha portata anche ad avvicinarsi a una religione che, in fin dei conti, è abbastanza in linea con la sua accettazione del destino, seppur con sfumature opposte. Nel cattolicesimo la morte è il coronamento della vita, il passo per poter finalmente ascendere al Regno dei Cieli. Una convinzione del genere è fondamentale per una persona che vede nella morte l’unica via per riscattare la propria vita e che, inevitabilmente, deve anche caricare questo passo definitivo di un significato tale da sconfiggere la spinta a vivere insita nell’essere umano. Attenzione, però, a sovrapporre troppo il concetto di morte. Parlavamo di sfumature opposte e infatti quest’accettazione serena della fine rimanda, nella cultura orientale e in quella occidentale, a due valori completamente diversi.

In Shogun, nel restituire la linea di pensiero nipponica, viene calcata la mano sull’onore della morte, di cui il massimo esempio è proprio il seppuku. Nella fede cattolica, invece, l’eccellenza della morte è il martirio. In entrambe le vie c’è una serena accettazione della fine, ma le basi sono completamente diverse. Da una parte c’è una spinta più individualista, che considera la morte come la massima espressione del proprio valore. Dall’altra, invece, c’è il valore collettivo del sacrificio. Morire per se stessi e morire per qualcun altro. Questa è la profonda differenza, che trova in Mariko una sintesi impressionante.

Il martirio di Mariko

Questa morte così violenta, dunque, è il trionfo di Mariko. Nella sua dipartita, la donna trova sia l’onore che il martirio, condensando le due anime che in lei convivono. Il sacrificio è il trionfo della sua fede cristiana, e al contempo anche della sua abnegazione nei confronti di Toranaga. In un attimo, Mariko riscatta la vergogna della sua famiglia e si guadagna un posto di diritto nel Regno dei Cieli. Non poteva esserci fine migliore, insomma, per un’anima così perfettamente divisa a metà.

È facile evincere, dalla complessità del tema trattato, la finissima qualità che ha portato alla scrittura di un personaggio del genere. La parabola di Mariko è il perfetto esempio della commistione delle due culture che animano il racconto, e in quanto tale rende la donna come simbolo, ultimo e primigenio al contempo, dell’intero assetto narrativo e concettuale di Shogun. Un personaggio immenso, in una serie immensa.

La favolosa Anna Sawai

Non possiamo assolutamente concludere un’analisi sul personaggio di Mariko senza elogiare la straordinaria prova di Anna Sawai, su cui potete leggere alcune curiosità. Un personaggio così complesso riesce a funzionare anche perché chi lo interpreta restituisce tutte quelle sfumature, anche le più impercettibili, che lo animano. Se riusciamo a rintracciare con nitidezza le due anime di Mariko grande merito va ad Anna Sawai, perfetta nel restituire tutti i lati, anche i più contraddittori, del suo personaggio. Siamo sicuri che di Toda Mariko si parlerà a lungo. La protagonista di Shogun è destinata a rimanere, al pari della miniserie in cui si muove, nella storia della televisione.

Non avevamo visto arrivare nulla di tutto ciò. Arrivata come un tuono, Shogun ne ha anche ereditato la potenza, diventando una serie davvero unica. La capacità di esplodere con fragore, di rimanere impressa nella mente di chiunque si trova ad ascoltarlo. Se Shogun è il tuono, Mariko è sicuramente il lampo, l’apparizione più brillante di questo spettacolare fenomeno atmosferico. L’immagine più nitida che rimane negli occhi di questo rumore assordante e suggestivo.