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“Fail fast, fail often” – Il concetto di fallimento in Silicon Valley

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Fallire sempre e comunque. Questa è la parola d’ordine di Silicon Valley, comedy targata HBO e arrivata nel nostro paese su Sky che ancora non è riuscita ad avere il giusto riconoscimento in Italia ma che in America è già un cult. La serie tv incentrata sulle avventure (ma soprattutto sulle disavventure) di Richard Hendricks (Thomas Middleditch) e del suo team di amici/collaboratori nel tentativo di sfondare nel settore tecnologico della Silicon Valley è riuscita, infatti, nel corso delle sue sei stagioni, a riscuotere grande successo e tantissimi premi, celebrando quello che è un concetto piuttosto apprezzato nel campo delle start-up: “Fail fast, fail often“, “Fallisci in fretta, fallisci spesso”. Ciò che alle nostre orecchie potrebbe sembrare un invito a tratti folle cela infatti una particolare filosofia, quella che invita a provare tante realtà e idee diverse senza temere di sbagliare, di non aver paura di gettarsi tra gli squali e di provare, nonostante tutto.

Cos’è il fallimento? A occhi ingenui, o a chi lavora in aziende convenzionali, il recente intoppo di Nucleus può apparire un fallimento puramente in senso negativo. (…) Il punto è che quelli della vecchia mentalità definiscono un fallimento, noi della high-tech lo definiamo “pre-successo”.”

Gavin Belson, 2×07
Silicon Valley, resa disponibile in Italia su Sky (640×360)

Provare. Consequenzialmente sbagliare. Aggiustare il tiro per poi ripartire. Buttarsi a capofitto in un’idea, comprendere dove si può migliorare per poi gettarsi nuovamente nella mischia. Perché errare è umano, anzi, inevitabile, ma crogiolarsi nella sconfitta è inutile.Sbagliando si impara“, un concetto che potrà sembrare scontato ma che forse non è mai stato trasposto così bene in un prodotto televisivo come da Silicon Valley, che diventa un vero e proprio show fondato sul concetto di fallibilità. Un prodotto televisivo che riesce davvero a rendere al meglio la sensazione di perenne precarietà nonché dell’inaffidabilità utopistica della completa felicità e del successo, tanto difficili da ottenere quanto facili da perdere.

Attenzione, nel presente articolo troverete spoiler su tutte le stagioni di Silicon Valley e sul suo meraviglioso finale. Siete avvisati.

Fallire è la norma per Richard Hendricks e per il suo team: un’esperienza tanto familiare e comune da essere diventata la prassi. Una fallibilità che colpisce tutti gli aspetti della vita dei protagonisti: dal preponderante aspetto lavorativo fino alla vita personale. Tutto quel che viene toccato dalle mani del protagonista, per un motivo o per un altro, pare infatti destinato a marcire e a deteriorarsi. Destino? Non proprio. Quel che è certo è che, per Hendricks e per i suoi amici di buone speranze, nulla va per il verso giusto, in una costante concatenazione di eventi che fa pendere la bilancia sempre dalla parte sbagliata.

Quella che la serie distribuita da Sky vuole raccontarci, infatti, non è una storia utopistica, di quelle che si aprono con una tragedia e si concludono con la meritata vittoria dell’eroe di turno che, dopo aver imparato dai propri errori, ne emerge rinvigorito e infallibile. Ciò che è al centro della narrazione è invece il racconto di un gruppo di persone costantemente vessate dalla vita e dalle loro stesse decisioni, in un costante e perenne bilico che li fa salire ad alta quota per poi scaraventarli al suolo con addosso solo un paracadute difettoso.

Silicon Valley
Richard e Big Head nella serie rilasciata in Italia su Sky (640×360)

Si parte dal basso, ma non dal niente: cinque cervelli e una visione condivisa che, in un mare di squallide proposte, hanno qualcosa da dire, ma che, nonostante ciò, si ritrovano a combattere in un mare di squali. Silicon Valley da questo punto di vista non è una serie particolarmente ottimista: perché ogni qual volta che Richard, Jared, Dinesh, Gilfoye e Elrich sembrano finalmente essere arrivati alla svolta che cambierà una volta per tutte le loro vite, pare davvero inevitabile che un ostacolo possa mettersi sul loro cammino. Ciò accade, per esempio al termine della prima stagione, quando il gruppo vince il TechCrunch sconfiggendo il Nucleus della Hooli di Gavin, per poi crollare in una grave crisi già nella première della seconda a seguito dell’improvvisa morte di Peter Gregory e delle minacce di Belson, che intende denunciare la Pied Piper.

Cessioni forzate, mancanza di fondi, ritiro di investitori e chi più ne ha più ne metta… Sembra che nella Valley, nessuna soddisfazione sembri duratura

Da questo punto di vista, ciò che i protagonisti della serie HBO si ritrovano a vivere, è un costante viaggio sulle montagne russe: un saliscendi che non permette mai loro di tirare un sospiro di sollievo e crogiolarsi in un meritato riposo che mantengo un positivo status quo. Ma, nonostante questo meccanismo continui a ripetersi di stagione in stagione e di episodio in episodio, quel che rende così speciale Silicon Valley è il fatto che questo espediente non si rivela, paradossalmente, mai totalmente prevedibile, continuando a stupire uno spettatore probabilmente troppo abituato al classico happy ending per rimanere annoiato da simili soluzioni.

silicon valley
Dinesh e Gilfoye (640×360)

In Silicon Valley quella che in molti potrebbero chiamare solo “sfortuna” nasconde invece una causalità (e non casualità) non indifferente.

Anche se effettivamente alcune tra le disgrazie che colpiscono negli anni la società di Richard Hendricks sono frutto di (s)fortuite coincidenze come l’assurda e arzigogolata morte di Peter Gregory, è anche vero che nella maggioranza dei casi le sventure dei protagonisti altro non sono che il risultato delle loro stesse azioni e dei loro stessi sbagli. Da questo punto di vista, ad avere un gran peso sono soprattutto (ma non solo) le scelte di Richard che, per quanto geniale e intuitivo, dimostra in più occasioni, seppur animato da buoni propositi, di avere un pessimo modo di gestire la propria azienda a causa di scelte discutibili che hanno spesso minacciato la sopravvivenza di Pied Piper. Da un lato troviamo infatti degli eccessivi scrupoli morali che li fanno desistere dal compiere ciò che va fatto, dall’altro, al contrario, una testardaggine che lo porta a eseguire anche atti illeciti pur di non mollare la presa, come quando falsifica i dati di utenza della propria applicazione. Un atteggiamento per cui viene messo in questione più volte dai colleghi e che ha portato al team più guai che altro: una maledizione che porta il protagonista a far fallire ogni progetto promettente su cui lavora e che spinge chi gli sta attorno a crollare insieme a lui.

Tu sei qui, in questo congelatore che chiami ufficio. E hai la maledizione di Re Mierda: quello che tocchi diventa sterco“.

Elrich Bachman, 4×08

Ed è vero: nonostante la genialità, nonostante il talento, nonostante la fatica, tutto ciò che passa tra le mani di Richard ha il brutto difetto di cadere su se stesso, come un castello di carte al vento. Una parola di troppo, una dimenticanza, un segreto spifferato, una coscienza troppo pulita per potersi sporcare: basta davvero poco perché anche il più grande successo del gruppo si trasformi nella più devastante sconfitta. Non che la serie si trasformi per questo in una sequela infinita di drammi e tragedie: lo show infatti non perde mai la propria verve ironica, riuscendo a trarre grande comicità da ogni singola situazione, cosa che, nonostante tutto non porta mai i protagonisti a darsi totalmente per vinti, ma, anzi, costituisce la giusta motivazione per spingerli a rimettersi in piedi e a pareggiare i conti con un destino avverso. Una vittoria per una sconfitta, una sconfitta per una vittoria, in una ruota che continua a girare.

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Silicon Valley, resa disponibile in Italia su Sky (640×360)

Tuttavia, nonostante i continui saliscendi della serie HBO, è sul finale che la comedy porta all’apice questo concetto. A seguito dell’ennesimo ribaltamento delle carte in tavola, quando tutto è così perfetto da non sembrare vero, quando il sogno è ormai diventato realtà, la serie HBO sceglie di non rinnegare la propria natura e di restare coerente con se stessa fino in fondo, rifiutandosi di rientrare in quel canone che l’avrebbe omologata a tutte le altre comedy, che, quasi per contratto decidono di dare piena soddisfazione ai propri protagonisti. Perché, a un passo dalla vittoria, da quel riscatto inseguito per tanto tempo, il fallimento bussa ancora una volta alla porta dei protagonisti e lo fa nella maniera più inaspettata. A fregare Richard Hendricks e compagni, stavolta, per via di una crudele ironia della sorte, non è un vero sbaglio, quanto invece la perfezione del loro lavoro, così avanzato e superiore a qualunque altra cosa da essere diventato una fonte di preoccupazione, una minaccia vera e propria per l’umanità intera.

Tutto ciò è paradossale, lo sappiamo: i protagonisti si ritrovano a dover prendere la scelta di sacrificare il risultato combinato dei loro sforzi, la loro creatura, per un bene superiore. Un gesto davvero eroico che non dovrà essere mai rivelato e che, d’altra parte, non solo li farà crollare, ma li metterà anche in ridicolo di fronte al mondo intero come massimo esempio di fallibilità, e di insuccesso, dell’essere dei perdenti che hanno osato volare troppo vicino al sole e che, per questo, hanno visto le proprie ali sciogliersi come cera.

Un finale poetico, dal tono dolceamaro e capace, per qualche strana ragione, di lasciarci tanto soddisfatti quanto melanconici. Una conclusione che ci dimostra come, in fondo, il fallimento è inevitabile, ma come con esso si possa convivere. Dopotutto, come diceva lo scrittore Robert Louis Stevenson: “Il compito nella nostra vita non è di trionfare, ma di continuare a cadere serenamente“.