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Silo 2×08 – La Recensione: la memoria del mondo

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Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler sulla seconda stagione di Silo.

Noi siamo il frutto del nostro passato. Siamo il frutto di decisioni, sbagli, errori, vittorie e sentimenti. Siamo tutto ciò che rimane di quello che è stato, e che risuona come un’eco attraverso i nostri gesti, i nostri pensieri, i nostri dolori. Ma quando il nostro passato sbiadisce, diventando meno nitido e accurato, non possiamo più esser certi di chi siamo realmente. La memoria è un arma potente, potentissima. Non è solo un archivio di esperienze, ma è uno strumento indispensabile attraverso cui interpretiamo il presente e, soprattutto, diamo significato alla nostra esistenza. Senza di essa siamo completi a metà. Senza di essa, siamo gusci vuoti senza radici e nessuna direzione da seguire.

L’importanza della memoria collettiva all’interno del mondo di Silo (in onda su Apple TV+) è uno dei temi portanti, anche se spesso ce ne dimentichiamo. La distruzione del passato e di ogni cosa a esso collegata è terribile e angosciante. L’oppressione, la censura e la manipolazione attuata da Bernard e da chi prima di lui è un’arma potentissima contro l’identità personale e collettiva. L’amnesia culturale è talmente tanto radicata nella popolazione del silo che non conservano più ricordi degli animali, o di come sia il cielo o il verde dei prati. Non si ricordano più i libri, le storie lontane o le opere teatrali. È severamente proibito detenere reliquie del passato, come libri o documenti storici, ma lo è anche parlarne. La storia autentica del mondo esterno e dell’origine del Silo non la ricorda più nessuno, poiché viene deliberatamente cancellata o distorta. È in questo modo che i potenti, o chi per loro, mantengono il potere e il controllo: prolungando lo stato di offuscamento mentale nel tempo.

E, ora, sappiamo anche come questo è concretamente possibile

una delle scene dell'episodio 2x08 di Silo
Apple TV+

L’amnesia collettiva degli abitanti del silo è causata da una sostanza presente nell’acqua. Avevamo già scoperto l’esistenza di un farmaco in grado di cancellare la memoria e far dimenticare in pochissimo tempo sia eventi recenti che lontani. Ora, però, ne abbiamo avuto la conferma. Non solo: abbiamo scoperto che questo farmaco è utilizzato da tempo e in continuità, rendendo le persone facilmente manipolabili. Difatti, nulla è più pericoloso del sapere e della conoscenza, entrambi valori ormai proibiti e perseguitati. Coloro che scoprono la verità (parte di essa, naturalmente) sono spesso eliminati o costretti al silenzio, privando l’intera comunità di testimonianze dirette del passato. È in questo modo che, all’interno del silo, coloro che cercano di recuperare e di preservare la memoria diventano simbolo di ribellione e di resistenza.

Nonostante le limitazioni, alcuni individui tramandano segretamente frammenti di verità attraverso racconti orali o segreti condivisi tra pochi fidati, come baluardo contro l’oblio imposto. Tra coloro che vogliono segretamente scoprire di più sul passato, c’è chi aborra qualsiasi tentativo di rivalsa personale. La storia di Salvador Quinn, per esempio, per alcuni è sinonimo di coraggio e di rivalsa, per altri di vergogna e di incertezza. Solo chi ha avuto il coraggio di arrivare fino a questo punto cercando di unire i tasselli di un disegno sempre più complesso, ha capito che il gioco è truccato. Un gioco a cui, però, nessuno ha mai sospettato di farne parte in qualche modo. Un gioco che nessuno, prima di Juliette Nichols, Allison e Holston, aveva mai pensato potesse esistere.

Silo, la protagonista della serie in una scena della seconda stagione
Apple TV+

La memoria come trauma.

Il passato irrisolto di alcuni personaggi, inoltre, genera conflitti interiori e dubbi esistenziali. Ecco spiegata l’importanza della memoria per una persona come Solo, costretto a vivere con un costante senso di incompletezza e alienazione. Al punto tale da essersi completamente isolato dal resto del mondo, ignaro che all’interno del suo stesso silo ci fossero altre persone (lo avevamo previsto). Cosa può succedere, adesso? Cosa può portare la ricerca della verità e, soprattutto, cosa si è disposti a fare per ottenerla? Vivere completamente all’oscuro di tutto e poi, improvvisamente, scoprire che niente è come sembra. Come si può vivere con l’incertezza? Sarebbe meglio continuare a fare a finta di niente?

Queste e altre domande sorgono spontanee guardando Silo. Il destino dei personaggi, da un lato, sembra essere più nitido, dall’altro, invece, ancora solcato da dubbi e incertezze. In Lukas Kyle e in Paul Billings si fondono perfettamente il senso di inadeguatezza e l’insaziabile ricerca di verità. Due connotati che sembrano colpire sempre di più anche gli altri personaggi. L’incertezza del non sapere porta coloro che ricercano la verità a scontrarsi contro una realtà sempre più dura e sconcertante. Il risveglio della mente e della curiosità, doti innate in ogni essere umano, sono forse più spaventose di qualsiasi atto di ribellione. Ed è ciò che spaventa Bernard più di ogni altra cosa.

La seconda stagione di Silo si sta quasi per concludere, e sappiamo benissimo che due episodi non saranno sufficienti per andare a fondo a tutti i misteri ancora aperti. Da Juliette ferita e tenuta in ostaggio da personaggi misteriosi a Lukas Kyle che ha trovato la chiave per decifrare (finalmente) il messaggio di Quinn. Tra le tante linee narrative non ancora del tutto approfondite, ormai abbiamo capito che, in Silo, la memoria non è soltanto uno temi narrativi portanti. È un simbolo di resistenza, identità e speranza. Il continuo conflitto tra chi cerca di cancellare il passato e chi lotta per preservarlo incarna uno dei dilemmi più profondi della condizione umana: il bisogno di ricordare per poter costruire un futuro migliore.