Claire Fisher è la terzogenita di casa Fisher, la più celebre famiglia di direttori di Pompe funebri della televisione.
Six feet Under è la serie senza tempo della HBO che pur avendo la morte nel titolo e nella frase simbolo “Everything. Everyone. Everywhere. Ends” (“Tutto, tutti, ovunque, finisce”) è un inno alla vita. La serie affronta con lucido realismo il legame indissolubile tra la vita e la morte.
Attori con capacità interpretative straordinarie, personaggi caratterizzati in maniera grandiosa e precisa, situazioni ai limiti del grottesco, intrise di humor nero, danno come risultato un affresco ironico e al contempo drammatico, ma sempre attuale, su uno dei temi più discussi e misteriosi sin dalla notte dei tempi: la morte.
La serie ha come protagonista la famiglia Fisher titolare di una impresa di pompe funebri: il padre Nathaniel (dalla cui morte inizia la narrazione), la madre Ruth e i tre fratelli Nate, David e Claire.
La personalità di ogni personaggio è inserita in uno scenario dell’assurdo e dal profilo di ciascuno componente della famiglia emergono debolezze, paure, speranze che rendono autentici tutti loro.
Il creatore della serie, Alan Ball, ritrae e scandaglia, in una modo mai fatto prima nelle serie tv, i personaggi principali regalandoci sfumature dettagliate della loro complessa psicologia e rendendo ogni protagonista un flusso in costante evoluzione. Ogni membro della famiglia Fisher vive cercando disperatamente di allontanarsi da una quotidianità intrisa di morte e soffocante.
La narrazione si sviluppa raccontanto i diversi modi di percepire e comunicare la morte che poi rispecchiano i doversi modi di intendere la vita. Ai due opposti ci sono la visione di David e la visione di Nate.
David vive la morte e il rito funebre con distacco professionale e silente mentre il fratello vive con oppressione le norme sociali che regolano il trapasso e non riesce a non far prevaricare la componente emotiva ed empatia e vive il dolore senza trattenersi né vergognarsi.
Arriviamo finalmente a parlare di Claire Fisher (interpretata da Lauren Ambrose), la terza figlia di Ruth e Nathaniel, nonché la più giovane protagonista della serie. Claire è un’adolescente ribelle che sperimenta droghe e pessime relazioni sentimentali, mossa da un’ansia esistenziale che sfocerà in un talento artistico travagliato. Come ogni adolescente vive con la paura del futuro, di non diventare nessuno e con il timore di non riuscire ad essere accettata dai coetanei se non attraverso l’omologazione.
Nonostante gli screzi e il particolare contesto in cui è nata e cresciuta, è molto legata alla sua famiglia, soprattutto a Nate con cui ha maggiore affinità.
Nate e Claire rappresentano il “life-self”: sono liberi, scatenati e passionali; non si piegano alle regole imposte dalla società, sono curiosi, vogliono sperimentare e vivere avventurosamente.
Loro sono affamati di vita, vogliono esplorare le loro emozioni, la loro sessualità, essere liberi di dire ciò che pensano.
È in primis Claire Fisher a considerarsi una “freak“, un pesce fuor d’acqua che non riesce ad amalgamarsi ai suoi coetanei che non sono carini con lei e la etichettano come la tipa strana che vive un casa di becchini e guida un carro funebre per andare a scuola.
Claire rafforza la sua immagine di outsider isolandosi dai suoi compagni e denigrandoli per la loro mentalità da adolescenti ed è terrorizzata all’idea di vivere la sua vita come una tipica Fisher. È spaventata all’idea di assorbire la morte, il silenzio e l’inerzia della sua famiglia, ma anche di diventare una conformista, di invecchiare e di perdere la sua creatività. Vorrebbe essere come tutti i suoi coetanei, sarebbe tutto più facile, ma i suoi tentativi di omologazione sono fallimentari.
La piccola della famiglia Fisher ha avuto un’infanzia e una adolescenza difficile. È cresciuta in una casa costantemente piena di persone morte, suo padre è morto in un incidente stradale la vigilia di Natale e, di conseguenza, ha difficoltà a connettersi con la maggior parte delle persone.
Claire vive nella paura costante che la sua vita sua inutile è, però, resiliente e piena di risorse e trova nell’arte il modo in cui colmare il vuoto di una vita banale.
Riesce a entrare in una scuola d’arte in cui inizialmente sente di aver trovato il suo posto nel mondo, quello in cui potersi esprimere, ma poi l’ambiente si inasprisce e anche lì rivive una esperienza para-liceale.
Claire è un’artista ma prima di tutto è una adolescente che si incammina incerta sulla strada che conduce al suo futuro. Si incammina con il timore di inciampare da un momento all’altro, con la paura di non saper affrontare la realtà, di scontrarsi contro un futuro ben diverso dalle sue aspettative. Claire ha paura di ciò che è perché ha paura di passare inosservata, di non essere niente.
Claire è una teenager che vorrebbe essere come gli altri ma che ha la piena consapevolezza di non esserlo e ci piace perché è ingenua, scellerata, insopportabile, impulsiva, egoista ma estremamente appassionata e affamata di vita.
E poi, di tutti i personaggi, è quella che veramente insegue i suoi sogni fino in fondo, non ha paura di rischiare, parte per New York anche se un lavoro non ce l’ha e infine realizza ciò che desidera fare nella sua vita (che tra l’altro è lunghissima, muore a 102 anni e si immagina, piena di soddisfazioni personali).
Claire Fisher ha avuto il coraggio di essere sé stessa e alla fine ce l’ha fatta.
La quota rosa dei fratelli Fisher è anche la protagonista del finale di Six Feet Under che è considerato da tutti un “finale perfetto”: Claire saluta madre e fratello per trasferirsi, di fatto non saluta solo la sua famiglia ma anche la sua adolescenza, attraversa l’America a bordo della sua Prius in un viaggio che sta a simboleggiare la vita e la sua imprevedibilità.
Sulle note di “Breathe Me” di Sia si alternano una serie di flashforward in cui veniamo a conoscenza delle sorti di ogni personaggio della serie e tra matrimoni, compleanni e momenti leggeri, non può mancare la narrazione della morte di ognuno di essi.
La morte è la protagonista delle serie in parallelo alla vita che continua ad andare avanti, proprio come la Prius.
Nel finale c’è anche la fine di Claire, ormai centenaria, finalmente serena, messasi alle spalle le insicurezze dell’adolescenza, il tentativo di essere diversa per sentirsi uguale e al contempo il timore di omologarsi perdendo la sua unicità. Con la sua morte si conclude anche la serie.
La morte, però, per l’autore Alan Ball non è la fine ma una opportunità di catarsi per chi rimane e Six Feet Under fa riflettere ogni spettatore su quale sia, per sé stesso, il valore e il significato del tema più misterioso per l’essere umano: la morte.