Di teen drama ce ne sono migliaia. Ma Skins è Skins.
Ciò che la rende speciale, tra le altre cose, è che questa non sia davvero un teen drama e non sia una commedia. Non è un thriller, non è un horror. Non è una storia onirica. Non è nessuna di queste cose e allo stesso tempo è tutte. Ma c’è una cosa che non è sicuramente, ossia quello che ci si sarebbe aspettati. Quel che ha Skins di forte è che è brutale e autentica. Non c’è nulla di addolcito.
Spesso quando si vedono storie sull’adolescenza si mostrano dei ragazzi in formazione, che commettono degli errori ma che alla fine crescono.
In Skins la posta in gioco è terribilmente più alta, perché c’è di mezzo la vita.
La serie ci parla della linea sottile tra la vita e la morte in cui si percepiscono le cose in modo amplificato. E questa linea sottile la sperimentiamo in due occasioni: quando si sta per morire e quando si è adolescenti.
Ogni momento di questa serie è forte e allo stesso tempo delicato, e ci porta a provare sensazioni che abbiamo dimenticato crescendo perché – e verso i 25 anni tutti ce ne accorgiamo – più vai avanti e più alcune sensazioni sono meno amplificate e, invece di andarle a cercare, spesso tentiamo a evitarle per non dover fare i conti con qualcosa che ci sconvolga la routine. Skins non è facile da vedere perché in diverse scene ci sembra di rivivere la nostra di adolescenza, sentiamo richiami a tutto quello che anche noi abbiamo vissuto e in particolare quella sensazione forte e abbagliante, quel ricordo malinconico di qui ci parlano opere come Alla ricerca del tempo perduto.
Quella sensazione che non ci possiamo spiegare ma che, quando la proviamo, ammettiamo che è quello che ci faceva sentire vivi. Non c’è un modo per spiegare di cosa si tratti, ma se volessimo provarci diremmo che è il sentirsi in preda a una sensazione di trasporto, una carica emotiva che ci sconvolge e che ci porta a vedere il mondo come se stesse succedendo qualcosa di unico, di cui noi saremo partecipi.
Skins, con tutti i suoi difetti, evocava esattamente questa sensazione. Chiunque ha la sua scena madre che lo ha portato a ricordare, a provare qualcosa di simile. La mia è la prima volta di Sid con Michelle, sulla spiaggia, quando lui si sente perso nel mondo dopo la morte di suo padre. Un po’ come dire: siamo giovani e bellissimi, ma ci siamo accorti che possiamo morire.
Oltre a queste emozioni forti e incontrollabili, che forse ad oggi soltanto Euphoria è riuscita a rievocare nel panorama teen, ci sono i personaggi di Skins. Una bella crudeltà che ci fanno gli autori è cambiarli tutti ogni due stagioni, visto che vengono raccontati sempre gli ultimi due anni del liceo. Io sono e rimango un fan della prima generazione. Tony, Sid, Michelle, Cassie, Maxxie, Anwar, Jal, e Chris… soprattutto Chris. Tra tutti lui ci manca come pochi altri personaggi teen potranno mai mancarci. Perché Chris rappresenta tutto ciò che c’è di forte in Skins: un’esplosione di voglia di vivere in un corpo morente, un ragazzo a cui non importa della merda che ha attorno, ma solo di provare quelle sensazioni che un giorno si spegneranno.
E forse il senso della mancanza che proviamo verso Skins è tutta qui, nella metafora della vita come la intende Chris. La contraddittoria voglia di rivivere quelle emozioni che sappiamo già essersi spente per sempre con una serie letteralmente intramontabile.