ATTENZIONE! Questo articolo contiene spoiler non su una ma su ben due serie tv, House of the Dragon e Slow Horses, e se ne consiglia pertanto la lettura a un pubblico già consapevole delle trame trattate
Non ho una conoscenza totale della filmografia di Olivia Cooke ma credo di poter affermare in base alle mie umili conoscenze che le storie semplici non le piacciono poi tanto. Una carriera in ascesa e un futuro che si prospetta brillante, quest’anno Olivia Cooke ci ha regalato due interpretazioni davvero coi fiocchi in due serie le cui dinamiche non sono proprio leggere e di facile comprensione. La regina Alicent Hightower, interpretata dall’attrice nella sua versione adulta a partire dalla sesta puntata di House of the Dragon, è insieme all’amica/nemica/figliastra Rhaenyra Targaryen al centro di complessi giochi di guerra e potere delineati con non pochi colpi di scena nella stagione appena conclusa. Sidonie “Sid” Baker invece, l’agente del servizio di sicurezza britannico MI5 che l’attrice interpreta nella serie Apple Tv+ Slow Horses, fa parte di un intricato puzzle di complotti e spionaggio che cerchiamo di districare affiancando il suo protagonista Gary Oldman. Insomma, non è proprio come risolvere un rebus sulla Settimana Enigmistica – cosa che, sia chiaro, io trovo comunque di una difficoltà estrema.
Ma procediamo con ordine
La trama di House of the Dragon, sequel HBO di Game of Thrones che ha cominciato a collezionare record fin dal suo primo episodio, è ormai conosciuta ai più e Alicent ne è parte integrante. Conosciamo la figlia del Primo Cavaliere, interpretata all’inizio della serie da Emily Carey, come intima amica di Rhaenyra. Su consiglio di suo padre, Alicent comincia a fare compagnia al Re appena rimasto vedovo, e dopo poco i due si sposano: comincia così la sua nuova vita, da Lady Alicent a Regina dei Sette Regni. Quando il personaggio comincia a essere interpretato da Olivia Cooke è ormai una donna adulta e disillusa, ben consapevole delle dinamiche del suo mondo e desiderosa di esserne parte attiva. È una donna che si trova al centro di un sistema complicato in cui il suo ruolo è fondamentale ma anche messo in secondo piano dal marito, dal padre e a volte anche dai figli.
Un sistema altrettanto complicato è quello di cui fa parte Sid Baker. La conosciamo negli uffici londinesi del MI5, nello specifico in quello chiamato Pantano dove sono relegati agenti che, per un motivo o per un altro, sono caduti in disgrazia, i cosiddetti slow horses. Il capo del Pantano è Jackson Lamb, interpretato da un Gary Oldman che adoro per almeno un miliardo di motivi diversi, veterano dei Servizi che un tempo era tra i migliori agenti ma che passa ormai buona parte del suo tempo a bere e oziare con i piedi sulla scrivania e i calzini bucati. Gli agenti del Pantano sono visti male e sono costretti a svolgere i compiti più umilianti o, spesso e volentieri, a non fare praticamente nulla. Le cose cambiano nel momento in cui un giovane britannico di origini pakistane viene rapito. Dietro quello che sembra un sequestro orchestrato da un gruppo nazionalista di estrema destra c’è però lo zampino di Diane Taverner, guarda caso la direttrice del MI5. La trama della serie targata Apple Tv+ diventa dunque un intricato schema di connessioni e ricatti in cui i protagonisti devono non soltanto far tornare sano e salvo a casa il giovane rapito, ma anche difendersi da chi vuole accusarli di aver architettato tutto.
È come agente del Pantano che conosciamo Sid, anche se capiamo presto che non è come gli altri. Non ci tocca aspettare la fine della seconda puntata della serie per capire che è stata inviata lì dalla direttrice del MI5 per seguire l’agente River Cartwright, uno dei pochi a poter risalire a informazioni scottanti sul suo conto. L’agente Baker sviluppa con Cartwright un rapporto non proprio amichevole ma comunque provocatorio, uno di quelli che pensiamo sia sull’orlo di sfociare in qualcosa di più di una semplice relazione tra colleghi. Ma non c’è tempo: Sid riceve un colpo di pistola alla testa ed è fuori gioco per il resto della serie. Pur essendo stata presente così poco, però, Sid ha un ruolo senza il quale la trama successiva non si sarebbe potuta sviluppare.
Non c’è bisogno di essere in tutte le puntate di una serie: si può comunque tirarne le redini, e questo Olivia Cooke ce lo dimostra
Alicent entra in gioco nella sesta puntata di House of the Dragon e nel finale di stagione se ne fa solo il nome. Sidonie compare nella metà delle puntate di Slow Horses, in una delle quali è completamente immobile a letto. Eppure, senza Alicent e senza Sidonie le storie delle rispettive serie non avrebbero avuto alcun senso. Se Sid non avesse svelato a River il motivo per cui è al Pantano, tante connessioni non sarebbero mai uscite fuori. Paradossalmente riesce a fare la sua parte anche mentre è in coma, ricordando a River che il motivo per cui lui stesso è entrato lì potrebbe essere parte della soluzione al problema.
Bisogna essere davvero bravi attori per riuscire a trasmettere agli spettatori il proprio ruolo pur avendo un numero di scene limitato rispetto a quello dei protagonisti come siamo abituati a pensarli, e con le sue performance di quest’anno Olivia Cooke ha dimostrato di esserlo. Personalmente non vedo l’ora che arrivi il 2024 solo per poter placare la mia voglia di House of the Dragon. Fortunatamente per quella di Slow Horses non dovrò aspettare così tanto, dato che la seconda stagione della serie Apple Tv+ arriverà a dicembre. E finalmente potrò rispondere alle domande che attanagliano la mia mente da quando ho visto il finale della prima: Lamb è davvero la più grande delusione della mia vita? Sid è davvero morta? E soprattutto, chi è? Gary Oldman e Olivia Cooke presto mi daranno le risposte che cerco. E forse, quando sarà, non vi farò spoiler a riguardo.