Ricordiamo sempre con affetto Smallville. Grazie a questa serie tv, simbolo dei primi anni 2000, abbiamo potuto vedere chi era Clark Kent prima di diventare Superman, scoprendo che, in fondo, questo alieno forte e potente viveva i tipici problemi dell’adolescenza ed era pieno di dubbi, domande e insicurezze esattamente come noi. Fortunatamente, a guidarlo in questa tempesta chiamata vita aveva due importantissimi fari: Martha e Jonathan Kent. I suoi genitori, le sue colonne portanti. Soprattutto il padre, assoluto modello di vita per il ragazzo ed estremamente importante nel rendere Clark una persona così buona. Perché, nonostante la decima stagione non faccia che ricordarci che Jor-El è il padre biologico di Clark, quest’ultimo è e si considera figlio di Jonathan. Colui che l’ha cresciuto, ha rattoppato i buchi che il piccolo alieno faceva nel muro, gli ha insegnato a prendersi cura della fattoria e l’ha aiutato con i suoi poteri.
Certo, Jonathan non è un uomo perfetto in Smallville, ma è proprio questa sua imperfezione ad averlo reso reale, umano.
Ha molti pregi come l’onestà, la schiettezza, il suo senso di giustizia, ma anche moltissimi difetti. Ad esempio è irascibile, orgoglioso, severo, dalla mentalità un po’ chiusa e sembrava volesse sempre frenare Clark (anche se si fidava completamente di lui). E Jonathan lo sa benissimo, lo dice a suo figlio in quel meraviglioso dialogo di inizio ultima stagione, che quella rabbia dentro di lui è cresciuta fino a divorarlo completamente. Non cerca scuse. Però, se ci pensiamo bene, già non è facile crescere un figlio perché nessuno è preparato a farlo, figuriamoci un alieno che ha adottato. Dentro di sé sente di non essere qualificato o di non poter ricoprire quella figura paterna di cui Clark ha bisogno; per questo prova tristezza, rabbia e senso di colpa. Cerca di impedirgli di compiere i suoi stessi errori, come fidarsi di un Luthor. Lui l’ha fatto con Lionel Luthor, provocando involontariamente del male ai Ross e acuendo così il senso di colpa. Vuole anche avere con Clark quel rapporto stretto e aperto che non ha mai avuto con suo padre. Soprattutto, ha paura di quello che potrebbe succedere se Clark venisse scoperto. E questo lo porta a proteggere il figlio in modo eccessivo.
Non solo Jonathan è disposto a sacrificare tutto per proteggere la sua famiglia, compresa la propria salute, ma vede l’essere genitore come un lavoro che non può sbagliare, poiché Clark avrebbe potuto davvero cambiare il mondo. C’era in palio qualcosa di più del crescere un semplice giovane uomo.
Jonathan sbaglia, litiga, chiede scusa, fa del suo meglio. Come ogni genitore. E guardandolo, non potevamo non vederci qualcosa di nostro padre in lui. Nel bene e nel male. Anche per questo, dirgli addio in Smallville è stata una delle cose più difficili che abbiamo dovuto fare.
E forse, anzi senza forse, non l’abbiamo ancora superata.
La sua morte è dolorosissima, ma necessaria per Clark. Fino a quel momento, le sue azioni erano guidate dalle emozioni e spesso agiva senza pensare alle conseguenze. Era così disperato nel voler salvare Lana, che non ha preso in considerazione chi poteva morire. E, nonostante tutta la sua forza, velocità, potenza di fuoco, impenetrabilità, capacità di guarire, vista a raggi X e super udito, non c’è nulla che possa fare per fermare un attacco di cuore. Non poteva impedire la morte di Jonathan. È simile a Dio, ma anche Superman non è Dio. Realizza per la prima volta gli effetti devastanti delle sue decisioni, costringendolo ad assumersene la responsabilità. Perché, come gli dirà poi Jonathan stesso nel loro commovente incontro, ognuno è sottoposto a delle prove, ma il vero valore di una persona si misura nel modo in cui reagisce a esse. E, infatti, il suo senso di responsabilità cresce nel tempo, tanto da rifiutarsi nella nona stagione di usare il viaggio del tempo per riportare indietro Jimmy Olsen. Perché ne conosce i rischi. Ma quei momenti finali, con Clark da solo accanto alla tomba di suo padre a contemplare la fine di questa parte fondamentale del suo viaggio, segnano il passaggio da ragazza a uomo. Che ora se la deve cavare senza la persona più importante della sua vita.
Ma Jonathan non lo lascerà mai solo. È sempre al suo fianco e veglia su di lui come un angelo custode. Infatti, ritorna in Smallville, più precisamente nella decima stagione, in un momento padre-figlio così intenso e dolce che trattenere le lacrime è impossibile. Noi non lo stiamo facendo. E non ce ne vergogniamo affatto.
Non ci viene data una spiegazione del perché il suo fantasma appaia misticamente alla fattoria Kent. Francamente, però, non ha importanza, perché siamo solo felici di rivedere Jonathan anche solo per una breve ma importantissima scena. Clark è distrutto, lacerato interiormente dalla dura lezione ricevuta da Jor- El, in cui gli ha detto che non diventerà mai l’eroe di cui il pianeta Terra ha bisogno a causa dell’oscurità nella sua anima e che a salvarlo dopo essere stato pugnalato con la kryptonite blu non è stato lui. Jonathan arriva, dispensando quei consigli e quelle parole di saggezza che hanno sempre aiutato l’eroe e che gli mancavano come l’aria per respirare (e pure a noi). Lui, che è da tempo che non gode più della guida dei suoi genitori, ha dovuto prendere decisioni complesse, senza il loro sostegno fondamentale. Ma, con Smallville che è entrato nella sua stagione finale, è importante fare un passo indietro e dare a Clark la possibilità di essere nuovamente guidato da quel padre, il suo vero padre, che ha una fiducia così grande in lui da essere sicuro che, come gli dice:
“Potresti essere il più grande eroe che il mondo abbia mai conosciuto.”
Lo spinge a seguire il suo cuore, a scegliere la sua strada, a rimanere sé stesso, a dimostrare a Jor-El di che pasta è fatto e a non farsi trascinare dalla rabbia come è successo a lui. Soprattutto, di fronte a uno sconfortato Clark, Jonathan gli ricorda quanto sia orgoglioso di lui. Perché è diventato molto di più della meravigliosa persona che sperava fosse un giorno. E sentire queste parole dall’uomo che sarebbe voluto diventare da sempre, dal motivo per cui usa i suoi poteri a fin di bene, è tutto ciò che gli serve in quel momento. Così come quell’abbraccio caloroso, paterno, in cui si sente davvero al sicuro, protetto, a casa. Come una volta, come se fosse ancora lì con lui.
È un momento magnifico ed è il perfetto omaggio all’impatto che Jonathan Kent ha avuto sul figlio in Smallville, trasmettendogli quell’umanità che l’ha reso così amato da noi. Basti pensare a quel “quando penso di fare bene, scopro sempre di aver sbagliato qualcosa invece”; una frase così vera da far male, in cui tutti ci rispecchiamo e a cui Jonathan sa cosa dire per far sentire meglio il suo Clark e anche noi. E sarà proprio Jonathan a consegnagli il costume e a dargli l’ultima spinta per trasformarsi, finalmente, nell’eroe che è destinato a essere. Diventando il nostro Superman, ora e per sempre.