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Snowpiercer: il distorto senso etico di un’umanità alla deriva

Snowpiercer
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Attenzione: questo articolo può contenere spoiler su Snowpiercer!

La serie televisiva Snowpiercer, distribuita a maggio da Netflix, è indubbiamente una delle sorprese televisive più piacevoli di questo strano 2020. Ideata da Graeme Manson sulla base della graphic novel Le Transperceneige e del film del 2013 di Bong Joon-ho, Snowpiercer si ambienta in un futuro postapocalittico, in cui una glaciazione artificiale ha costretto l’umanità (o quel che ne rimane) a vivere su un treno di 1001 carrozze che si sposta in moto perpetuo intorno alla Terra.

Molti sono i temi affrontati all’interno di queste prime dieci puntate: dalle questioni ambientali che affliggono quotidianamente la nostra realtà alle strutture sociali in cui solo un’esigua parte della popolazione detiene potere e ricchezza, la serie propone una vasta gamma di problematiche estremamente attuali, presentandosi come uno specchio deformante del mondo in cui noi tutti viviamo. Gli orrori che di solito percepiamo come molto distanti, perpetrati in qualche angolo remoto del pianeta, qui si condensano nello spazio dei vagoni del treno, con le sue rigide gerarchie e i crudeli provvedimenti volti a mantenere l’ordine.

Vi è a questo punto da chiedersi se le regole e la morale convenzionali possano valere anche in un sistema in cui le risorse sono limitate, gli spazi condivisi scarni, i rapporti tra le persone basati su uno stile di vita totalmente diverso da quello conosciuto nei secoli precedenti. Persino il vento sul volto è ormai un lontano ricordo. Quanto è possibile regredire a uno stato animalesco di pura sopravvivenza quando ogni elemento della realtà viene ribaltato? Ha ancora senso di parlare di etica?

Melanie Cavill diventa un mostro per il bene della collettività.

Snowpiercer

L’esempio più lampante di come sullo Snowpiercer il concetto di morale assuma un’accezione totalmente diversa, è dato da Melanie Cavill (Jennifer Connelly), il capo dell’Ospitalità. Conosciuta da tutti come la portavoce del Signor Wilford, Melanie sfrutta invece il nome e la notorietà di quest’ultimo per mantenere il controllo del treno che lei stessa si è impegnata a costruire, imponendo un modello di vita ben preciso a tutti i passeggeri senza rischiare di attirare la loro ira su di sé.

Si provano sentimenti contrastanti per questa donna accomodante e spietata al tempo stesso, che soppesa ogni decisione con grande cura e desidera la sopravvivenza dell’umanità, ma non riesce a perseguire il suo obiettivo se non con l’uso della violenza e di un’austera crudeltà nei confronti di chi potrebbe minare il delicato meccanismo che ha eretto negli anni. Melanie non possiede un’indole malvagia, eppure è in grado di efferate atrocità, e non batte ciglio nell’ordinare esecuzioni ed attuare torture letteralmente glaciali, ammettendo persino di essere ormai divenuta un mostro a tutti gli effetti.

Ci troviamo qui di fronte a una persona distrutta, profondamente segnata dalla perdita della figlia, e convinta che per dare un futuro alla specie umana si debba agire nell’ombra, mantenere l’ordine a tutti i costi, e intanto attuare dei piani a lungo termine che permettano, un giorno, la ripopolazione del pianeta. Sembra quasi che per Melanie le vite sullo Snowpiercer (compresa la sua) non abbiano un vero valore, che esse siano terminate il giorno in cui hanno messo piede sul treno, e che la loro unica utilità sia quella di continuare a esistere, per dare una speranza alle generazioni successive.

Per lei, il treno e coloro che vi si trovano sono un mezzo, non un fine, e ciò rende lecito qualsiasi comportamento anomalo, poiché si agisce per un bene più grande. Ben diversa è la crudeltà di chi prova piacere nel torturare e nell’uccidere. Melanie soffre nel procurare dolore, ma non crede di avere altra scelta e, quando ammette l’inefficacia del suo metodo affidando lo Snowpiercer a Layton, si libera del peso di una corona di spine. Dopotutto, prima della catastrofe non era altro che una persona comune, che mai si sarebbe immaginata di dover decidere sulla vita o la morte di qualcuno. Melanie potrebbe essere chiunque di noi: saremmo stati in grado di fare meglio?

Sullo Snowpiercer non ci sono buoni e cattivi: solo esseri umani più o meno disperati.

Nonostante la Cavill sia la figura più rappresentativa di una giustizia distorta e di una società in declino, quasi tutti i personaggi di Snowpiercer conservano in sé sia le caratteristiche della vittima che quelle del carnefice, poiché a motivare ciascuno di loro non è, in fondo, la creazione di una struttura efficace in cui coesistere, ma il bisogno nudo e crudo di sopravvivere e di migliorare la propria condizione. Se in testa al treno il mantenimento dello status è tutto ciò che conta, i fondai sono mossi invece dalla forza della disperazione.

Le condizioni inumane in cui vivono li trasformano man mano nelle ombre di ciò che erano un tempo, capaci di emozionarsi per il più piccolo accenno di civiltà, ma anche colmi di odio per chi li ha relegati a esistere nella più pietosa miseria, pronti a vendicarsi e a rivendicare ogni singola carrozza. Facendo un’analisi superficiale, gli abitanti del fondo si direbbero coloro che hanno mantenuto più degli altri la propria umanità, quel cuore pieno di ideali e compassione che pare essersi ormai rinsecchito nel petto dei passeggeri delle altre classi. Ma è davvero così?

Ogni personaggio della serie, che si tratti di Layton, Pike, Oz, Josie o LJ, non è classificabile né come eroe né come villain a tutti gli effetti, poiché tutti loro dimostrano (seppur in modi differenti) una capacità di rielaborare il contesto a seconda della propria condizione e della verità di fronte a cui vengono posti. Nel giudicarli, infatti, non dobbiamo mai dimenticare un fattore fondamentale: Snowpiercer è di uno di quegli scenari distopici in cui nessuno di noi vorrebbe mai vivere, e qui le regole del gioco cambiano completamente. Il treno ti priva dell’uguaglianza, della libertà, dell’anima. In cambio, ti concede la vita.

Fare la rivoluzione è facile, ma cambiare il sistema è tutta un’altra storia.

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Persino Layton (Daveed Diggs), il diplomatico eroe dei fondai, non è immune all’effetto Snowpiercer, e qualche volta è abbastanza spontaneo chiedersi cosa sarebbe successo se, da subito, si fosse ritrovato a vivere nelle carrozze delle prime classi: avrebbe combattuto lo stesso le battaglie altrui? Altri lo avrebbero fatto al suo posto? In ogni caso, lo vediamo spesso porsi al centro dell’azione, esibendo un istinto violento che non gli appartiene ma che, nel contesto, si rivela essere necessario. Ciascuno è convinto di agire nell’interesse di un bene più grande, e nel perseguirlo inizia a considerare opzioni che, qualche anno prima, non avrebbe mai preso in considerazione.

LJ (Annalise Basso) è la rappresentazione di una nuova generazione cresciuta sul treno, che fatica a concepire un mondo diverso dal proprio e non riesce a soppesare il valore della vita, mentre Layton è la vecchia leva, colui che lotta per ritrovare la tolleranza e il senso di condivisione di una civiltà ormai estinta, e che nel farlo giunge quasi a perdere se stesso. La rivoluzione tanto agognata, infatti, sporca le sue mani di sangue, e gli riempie gli occhi di immagini di morte.

La più grande delusione sta però nella conclusione della rivolta, quando Melanie passa il testimone a Layton e lui si incarica di creare un nuovo sistema, più giusto ed equilibrato, ma si rende conto che senza l’ordine stabilito dalla Cavill il treno è una macchina del caos, e che forse autogestirsi potrebbe non essere così semplice. E allora, in una situazione mai vista prima, come ci si dovrebbe comportare? Come si può essere certi di agire al meglio per il bene comune e per quello dei singoli? Forse nessuno è davvero in grado di stabilire quale sia la giusta strada da intraprendere, né come intraprenderla. Ma allora cosa si fa? Si tenta, probabilmente, e si cerca di non diventare dei mostri.

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