Snowpiercer, dopo tre stagioni parecchio divisive, non è stata rinnovata per una quarta stagione, nonostante pareva fosse soltanto una questione di tempo visti i risvolti del capitolo finale. Lo show targato TNT e distribuito su Netflix, ha perso tantissimo in termini di pubblico e interesse fin dal passaggio dalla prima alla seconda stagione mentre il terzo capitolo, che doveva essere una sorta di ultima spiaggia, è stato forse quello più deludente. I motivi di questo sonoro fallimento non sono pochi, e sono da ricercare negli stessi punti cruciali che avevano contribuito a rendere il film omonimo un successo. Snowpiercer, in un mondo ideale, avrebbe dovuto migliorare, e non solo continuare, la striscia positiva cominciata dall’opera Le Transperceneige, fumetto francese post-apocalittico distribuito a livello internazionale, e dal film di Bong Joon-ho, e invece, è stato uno dei più inaspettati buchi nell’acqua degli ultimi anni in ambito seriale; nel seguente articolo, analizzando i punti cruciali di una trama confusionaria e troppo spesso inconcludente, vogliamo provare a spiegarvi i motivi di questo epilogo.
L’ombra del successo
Il problema principale dello show di TNT è stato, fin dal primo momento, il doversi preoccupare di rimediare a un inevitabile paragone con il film del premio Oscar Bong Joon-ho. Il regista di Parasite, che comunque figura tra i produttori esecutivi della serie, era riuscito a rendere in modo impeccabile l’essenza della trama di Snowpiercer nella sua pellicola, datata 2013 e con protagonista Chris Evans. Paradossalmente, è semplice pensare che una trama complessa e piena di opportunità narrative come quella di Snowpiercer, potesse trovare una migliore collocazione in un formato seriale, che avrebbe potuto dare la possibilità di espandere non solo le sottotrame e i rapporti tra i vari personaggi, ma anche e soprattutto lo sviluppi di questi ultimi. Invece, la serie Snowpiercer, non è riuscita a raggiungere lo status dell’omonimo film né in termini di forza narrativa né, tantomeno, di engagement con il pubblico, nonostante il cast a disposizione fosse tutt’altro che debole, anche nel paragone con quello del film. Lo sviluppo della trama ha dato l’idea, fin da subito, di volersi staccare dall’ottima base data in eredità dalla pellicola, per cercare una propria identità senza però applicare le modifiche necessarie per far dimenticare al pubblico lo spettacolo visto al cinema con il film del regista coreano. Il paradosso è ancora più evidente se si pensa che, nonostante l’evidente tentativo di offrire al pubblico nuovi personaggi (molti dei quali completamente sconnessi da quelli del film), nuovi scenari e un ipotetico lieto fine in cui sperare, la serie si è persa in un bicchiere d’acqua proprio per via del tentativo di prendere una strada differente rispetto al film, puntando molto di più sull’azione che sul contenuto, inteso come tematiche affrontate.
Un treno davvero troppo lento
Il soggetto di Snowpiercer aveva davvero tutte le carte in regola per dare vita a uno degli show più interessanti degli ultimi anni; già, perché partendo da quanto visto al cinema, si tratta di un’idea che vince e convince in partenza, perché offre enormi possibilità di spaziare per quel che riguarda le tematiche e lo sviluppo dei personaggi in un microcosmo che, di per sé, è un elemento concatenante davvero raro e ricercato. Insomma, per certi versi Snowpiercer è stato uno spreco, perché con tutti i presupposti e le buone premesse di cui godeva, poteva ritagliarsi senza troppi sforzi un posto tra le migliori proposte seriali dell’ultimo quinquennio. Uno degli ostacoli principali, per la serie di TNT, è stato un ritmo spesso troppo lento e macchinoso, motivato da continui cambi di direzione: nel momento in cui Snowpiercer ha scelto di staccarsi dai fondamenti che hanno reso il film un successo, si presupponeva che avrebbe mantenuto fede a questo proprio intento, ma tra le varie stagioni, ciò che è sembrato palese, è stato un continuo dietrofront, figlio di un tentativo di rimettersi sullo stesso piano della pellicola. Gli sviluppi di natura sociopolitica, hanno portato a una minore enfasi sui momenti action, gli stessi con cui la serie si era presentata al pubblico, anche se in realtà non è mai riuscita a osare più di tanto nemmeno su questo lato.
Tutti questi repentini ripensamenti, non hanno fatto altro che lasciare gli spettatori senza alcun punto di riferimento da seguire, alimentando la confusione generale che è stata poi il motivo dell’enorme voragine di ascolti fin subito dopo la prima stagione. Nel frattempo, gli aficionados che sono rimasti incollati allo schermo fino all’ultimo, hanno continuato a combattere con il caos dato da una scrittura troppo frenetica nelle scelte e troppo lenta nello sviluppo di tali, sperando, si presuppone, in un turning point mai arrivato a destinazione. Se Snowpiercer avesse seguito una linea coerente, al di là del condividere o meno la volontà di distinguersi dal film, avrebbe avuto tutto il potenziale per fare bene, complice sia la possibilità di spaziare e dilungarsi molto di più nello sviluppo delle personalità principali, sia il fatto di poter contare su un cast davvero importante, con attori di grande livello e personaggi che, per come ci sono stati presentati, sembravano poter davvero riscrivere in positivo la storia del treno ideato dal perfido Wilford.
Il più grande rimpianto di Snowpiercer sono i personaggi
Il cast della serie tv distribuita da TNT e Netflix, è sembrato fin da subito in grado di poter reggere il peso di una storia forte e vincente come quella di Snowpiercer: Jennifer Connelly, Sean Bean e Daveed Diggs, su tutti, rappresentano il nucleo e l’anima della serie; un nucleo solido e con grande personalità, gestito con il freno a mano tirato. L’interprete di Melanie Cavill è stata “messa da parte” nel momento in cui la serie aveva bisogno di lei, sia per rispondere ai quesiti lasciati aperti dalle sotto trame che la riguardavano, sia per continuare a guidare i passeggeri dello Snowpiercer verso un’ipotetica nuova opportunità; il protagonista maschile Andre Layton, invece, ha dato fin dalla prima stagione l’impressione di non essere completamente all’altezza del ruolo, dimostrando poche volte di avere le capacità di cui il leader della Resistenza del treno doveva necessariamente disporre per poter risultare credibile; tuttavia, addossare tutte le responsabilità all’attore non sarebbe corretto, dato che gran parte del problema deriva, anche in questo caso, da una mancata continuità in termini di scrittura del percorso di crescita svolto all’interno del treno, con particolare riferimento agli inconcludenti momenti di conflitto personale; per concludere il discorso relativo ai tre principali scogli a cui Snowpiercer è rimasta aggrappata lungo le tre stagioni, è giusto fare una riflessione su Joseph Wilford, il “perfido” ideatore e comandante del treno, almeno in principio: questo è forse il paragone più scomodo, perché il Wilford del film aveva avuto un ruolo cruciale nella conclusione della trama, al pari del protagonista, ma ciò che più fa storcere il naso è il mancato sfruttamento delle capacità di Sean Bean di interpretare un ruolo così ricco di sfaccettature;
Wilford, a differenza di Layton, è sempre stato credibile: ha una personalità forte e un carattere da vero psicopatico, ma anche in questo caso non gli viene concesso fino in fondo il modo di esprimere le proprie potenzialità, complice forse una certa riluttanza a “darla vinta” ai cattivi, aspetto che va in totale contrasto con i presupposti e, soprattutto, le tematiche della serie. Al di là dei personaggi principali, Snowpiercer disponeva di un bel gruppo di personaggi che avrebbero certamente potuto esprimersi al meglio, se avessero avuto la possibilità: se da una parte si può constatare la piacevole crescita di Ruth dopo la prima stagione, dall’altra non si può fare a meno che mal digerire la macchinosa gestione di Pike: il personaggio interpretato da Steven Ogg aveva tutto il potenziale per diventare non solo una star della serie, ma anche di far compiere allo stesso show un passo in avanti, per via delle caratteristiche naturali che potevano renderlo un personaggio di assoluto culto. Ecco, in definitiva, se volessimo spiegare la caduta di Snowpiercer in un semplice passaggio, sarebbe giusto paragonarla alla caduta, difficilmente spiegabile, di Pike, che da potenziale cult è diventato uno dei tanti, con non pochi rimorsi.