Attenzione: evita la lettura se non vuoi imbatterti in spoiler di Solar Opposites
Tutti la amano, o almeno sembra. È facile amare Solar Opposites, va detto; la serie animata che tanti hanno paragonato troppo spesso a Rick e Morty è un piccolo gioiello di genialità che non ha, in realtà, quasi nulla a che fare con Rick e Morty. O meglio, il disegnatore è lo stesso e si vede, gli autori sono quelli (Justin Roiland e Mike McMahan) e anche questo è piuttosto chiaro. Ma le assonanze finiscono qui. Solar Opposites, che troppe volte si è caricata di questo ingombrante bagaglio, è molto altro. È da poco uscita la quarta stagione che ha a tutti gli effetti confermato la genialità e soprattutto l’unicità della narrazione portata avanti fino a quel momento. L’impresa ardua di rimanere costante e coerente è qualcosa che spesso segna le serie tv, soprattutto quelle animate che hanno il compito di interfacciarsi, oltretutto, con un pubblico molto ben selezionato e molto ben delineato. Eppure, Solar Opposites è stata in grado di mantenere un certo grado di qualità ancora una volta con la quarta stagione, senza perdere il suo spirito e soprattutto senza mai annoiare. Chi la ama per il solo motivo di riuscire ad accostarsi a Rick e Morty, non sa cosa si perde davvero.
Solar Opposites ha due grandissime qualità, su tutte: la narrazione su più livelli portata avanti in maniera sopraffina e un’ironia molto poco scontata che risulta meno palese ma assolutamente unica. Partiamo dal primo punto, che poi è quello che delinea più di tutto Solar Opposites; il suo è un gioco di equilibri tra una narrazione lineare e una su più livelli, ognuno dei quali perfettamente incastrato con il filone di base. Così, vediamo delle puntate autoconclusive che il più delle volte riguardano i quattro alieni e una Pupa che da Shlorp sono atterrati su un pianeta già fin troppo popolato come la Terra, Terry, Korvo, Yumyulack e Jesse. Una famiglia più funzionale di molte altre all’apparenza normali, ma con le sue prerogative e soprattutto con le sue caratteristiche che impariamo ad apprezzare solo quando riusciamo davvero ad entrarci dentro, dopo qualche puntata. E poi ci sono, invece, puntate che si snodano su più livelli o, meglio, puntate che quei livelli li definiscono; vediamo le storie della bacheca, cui solitamente è dedicata almeno una puntata intera in ogni stagione, e poi la storia parallela di Glenn, che è stato mandato dai nostri protagonisti nello spazio e che deve sopravvivere a vari ostacoli. Tutto questo, nel contenitore maggiore che è la narrazione di base, sempre mantenuta ad un certo ritmo e mai dimenticata davvero.
Veniamo così al secondo punto, non meno importante ma anzi assolutamente definente: l’ironia di Solar Opposites. Si potrebbe pensare che una serie animata con una narrazione scientifica e degli alieni come protagonisti, sia leggermente scontata e soprattutto che possa portare avanti un tipo di ironia già vista. E forse è questo uno dei motivi per cui viene troppo spesso accostata a Rick e Morty. Invece, Solar Opposites fa un lavoro unico sulla sua narrazione, tralasciando completamente quelle che sono le istanze esclusivamente scientifiche, dalle quali si distacca molto presto. Solar Opposites va molto oltre e porta avanti un’ironia molto ragionata, mai scontata e mai volgare (come, per esempio, spesso succede in Rick e Morty). In Solar Opposites la risata non è immediata, la battuta non è tagliente né sguaiata. Solar Opposites ha un’ironia leggermente nascosta, che va capita e va assorbita prima di apprezzarla davvero. La sua genialità risiede soprattutto nel saper divertire senza mai snaturarsi né essere mai più di quello che è. Non è mai pretenziosa e non risulta mai sopra le righe, inquadra da subito il suo pubblico e lo coltiva dalla prima all’ultima puntata, creandosi così uno scenario comprensibile solo a chi davvero la conosce nel profondo.
Questi due elementi principali convogliano in una serie animata spettacolare e originale, che affonda molto più le sue radici in ispirazioni come I Simpson o Futurama, piuttosto che Rick e Morty. Solar Opposites, infatti, ha una grande capacità di stare sempre sul pezzo, di non essere mai indietro sull’immaginario collettivo e su riferimenti culturali soprattutto statunitensi anche se non solo. Esattamente come le creature di Matt Groening che ben conosciamo. Solar Opposites, infatti, avrebbe tutte le carte in regola per entrare in quel tipo di immaginario; certo, di un’altra generazione ma pur sempre in maniera unica. La famiglia c’è, la scienza anche, un futuro distopico, divertimento assicurato, narrazioni parallele. Ad un primo sguardo, a Solar Opposites non manca davvero nulla. Effettivamente è molto difficile trovare un difetto palesemente visibile, e forse non ce ne sarebbe davvero motivo. Volendo tralasciare una critica per forza intrusiva, Solar Opposites riesce a conquistare il suo pubblico e anche un pubblico più ampio, che ha solo bisogno di discostarsi da un’idea troppo qualunquista. Non che ci sia niente di male nel trarre ispirazione da Rick e Morty, o da altre serie animate di successo, ma il punto è che Solar Opposites lo fa molto meno di quanto si pensi.
Solar Opposites, inoltre, è una serie animata molto matura. Non certo dal punto di vista dell’anzianità, né tantomeno del suo tipo di ironia. La maturità di Solar Opposites risiede soprattutto nel saper cogliere ciò che il suo pubblico vuole, quel pubblico che si è creato nel corso delle quattro stagioni e che difficilmente riesce a distaccarsi dalle storie di Korvo e gli altri. Le multi narrazioni, soprattutto nella quarta stagione, sono delineate perfettamente e non hanno mai dei buchi di trama il che dimostra grande maturità ma anche molto raziocinio e molto ragionamento. Può sembrare facile mantenere in piedi varie storie diverse, per quattro stagioni, in maniera coerente. Ma è tutt’altro che facile e, anche se a noi arriva solo il prodotto finale, dietro a quella scrittura c’è un lavoro immenso che trova la sua soddisfazione nel successo del pubblico. E anche se Solar Opposites non ha fatto gli stessi numeri di altre serie animate, ha tutte le carte in regola per entrare in quel palinsesto di serie sottovalutate che della qualità fanno un punto fermo. La sua maturità risiede quindi nel sapersi scegliere un certo tipo di pubblico, coltivarlo e concentrarsi su quello, puntando a vincere senza mai snaturarsi.
Non è facile parlare di Solar Opposites, neanche raccontarla per convincere qualcuno a vederla. Non è semplice perché Solar Opposites è unica nel suo genere e come tutti i prodotti di questo tipo, ci porta ad ammirarla senza troppe pretese, senza troppe sovrastrutture. Per farlo avrebbe più senso citare alcune puntate geniali, come quella della fila nella terza stagione, o alcuni elementi che definiscono Solar Opposites e nient’altro, come la sola presenza di una Pupa, un essere non meglio identificato che si dà quasi per scontato (con l’intento di normalizzarlo) e che è in realtà il centro di tutta la loro esistenza e il senso della loro missione. Eppure, nello spiegare Solar Opposites perderebbe di forza, di curiosità e anche di genialità. Perché il bello di Solar Opposites è che si può interpretare, a seconda di come ci si identifichi o da come ci piace ridere. Paradossalmente, Solar Opposites è per tutti ma è anche per pochi. Di certo, è una serie animata che va recuperata e ha cui va data molto più che una chance; Solar Opposites ha bisogno di essere guardata per quella che è, senza preconcetti o ispirazioni cui riferirsi. Non va paragonata a niente, perché è impossibile paragonarla davvero a qualsiasi altra cosa. Siamo riusciti a convincervi?