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L’ultima terribile stagione di Jax Teller in Sons of Anarchy

Sons of Anarchy
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Guardandosi allo specchio Jax vede qualcosa di spaventoso. È la sua immagine ma non si riconosce. Insomma, quelli sono i suoi lineamenti, scorge il suo viso, osserva i suoi occhi. Già, i suoi occhi. Quello splendido blu intenso è immerso in un mare di oscurità che non può essere controllata. Velati dal lutto e dalle tragedie che da sempre lo accompagnano. Non sono più gli occhi di quel giovane ragazzo della prima stagione di Sons of Anarchy. Al tempo erano allegri, spensierati, leggeri. Perché la sua vita lo era. Anche se viveva nella criminalità, anche se era uno spirito tormentato. C’era ancora Opie al suo fianco, Tara era ritornata nella sua vita e con Gemma aveva un rapporto di amore così puro e viscerale.

Si trovava esattamente dove voleva essere. E aveva dei piani grandiosi per i suoi Sons of Anarchy.

Farli uscire da quell’esistenza criminale che sarebbe finita solo in un modo: nel sangue. Portando avanti il sogno del padre. E se Jax faceva qualcosa era sempre in nome del club. Uccidere non era facile, aveva un codice. Certo, non era un bravo ragazzo ma non era fatto della stessa lega di Clay, che ammazzava egoisticamente per proteggere i suoi segreti. Lo sentivamo, condividevamo con Jax la sua pena, la sua sofferenza, il suo disegno. La sua voglia di cambiare.

Ma quando divenne presidente, le cose precipitarono.

Più il suo progetto di legittimazione si concretizzava, più tutto intorno a lui crollava. La sua famiglia, il suo club, se stesso. Opie glielo aveva detto: il martelletto ti cambierà. E purtroppo aveva ragione. Perché il suo codice non esiste più. Perché adesso non ha più problemi a uccidere, a consegnare un Sons of Anarchy a qualcuno che vuole farlo fuori o a ordinare a uno dei suoi fratelli di togliere dal mondo una madre innocente. E certamente non ha problemi a far ricadere Wendy nella droga.

È chiuso in un vortice di rabbia e devastazione scatenato dalla perdita di Opie. Ma a distruggerlo definitivamente è la morte di Tara, l’amore della sua vita, l’unica in grado di guardare così dentro di lui da capire che Jax non vuole davvero quella vita. Con lei muore la parte migliore di lui. Con lei se ne va la poca luce che illuminava il suo sguardo.

Quegli occhi nell’ultima stagione di Sons of Anarchy si spengono. Lo vediamo chiaramente: Jax non ha più voglia di cambiare. In quel blu così scuro c’è una striatura di rosso: è la vendetta nel suo significato più puro, la rabbia così accecante, la disperazione più totale. La vendetta adesso guida le sue azioni. Perché la morte di Tara, così brutale e improvvisa, deve essere vendicata. Torturando impassibile Chris Dunn fino alla morte. Togliendo ogni cosa che Lin ha di più caro in questo mondo: la sua famiglia, i suoi affari, la sua crew. Portando l’inferno nelle loro vite. Eccolo il diavolo di Charming, quello spettro in pena che si è perso. E con lui la bussola morale del suo club. Quegli ideali di amore, amicizia, fratellanza, condivisione non esistono più.

Jax se li è portati via insieme alla sua anima.

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In quel momento capiamo che per il principe Teller è troppo tardi. E continuare a fare il tifo per lui diventa difficile in Sons of Anarchy. Perché guardandosi allo specchio, la sua immagine è cambiata. Perché quello che vede, che vediamo tutti, è Clay Morrow. Il mostro da cui cercava disperatamente di scappare. Il mostro in cui si è trasformato.

Purtroppo le sofferenze per Jax non sono finite. Perde l’ultimo faro di speranza con Bobby. E il colpo di grazia glielo dà Gemma, arrivando così al massimo del dolore sopportabile. Deve vendicarsi, deve farlo. Ma, uccidendo sua madre, sa benissimo che non riuscirà più a tornare indietro. Sa che ucciderà definitivamente se stesso. Eppure non può sottrarsi perché, come dice la stessa Gemma:

Questo è quello che siamo.

Nemmeno Unser può farlo desistere e Gemma se lo porta con sé anche nella morte, come ha sempre fatto nel corso della sua esistenza.

Tutto ciò lo segna profondamente. Jax (qui 3 suoi pregi e 3 suoi difetti) è stanco, esausto da questa vita, dalla deriva morale che ha preso, dall’aver trascinato i SAMCRO nel suo vortice di oscurità. I suoi occhi sono stanchi. Stanchi di vivere, stanchi di combattere, stanchi di tutto. Pieni di sofferenza e di odio verso la sua eredità. C’è un unico modo per porre fine al suo dolore: la morte. Ma prima deve chiudere con il passato, deve salvare i Sons of Anarchy da ciò che li ha fatti diventare. E per farlo riesce a ritrovare un po’ del buono che c’è in lui. Un’ultima volta

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Libera i Sons of Anarchy dai loro nemici. Libera i suoi amici dal fardello di doverlo uccidere. Libera i suoi figli dal suo lascito, realizzando il sogno di Tara.

Non sono una brava persona. Sono un criminale e un assassino. I miei figli devono crescere odiando la mia memoria.

Saluta tutti, vivi e morti. Sale sulla moto del padre (qui la lettera di John al figlio), lo va a trovare. Ora lo capisce, ora sa perché ha agito in quel modo. Purtroppo Jax non è stato migliore di lui, non è riuscito a vincere le sue battaglie, a sconfiggere i suoi demoni. È tardi per il giovane Teller, ma non per Abel e Thomas. Morendo può sperare che i suoi figli abbiano un destino migliore del suo e di quello di John.

E questa speranza gli dà la pace.

La pace di correre verso la libertà, la pace che finalmente si manifesta in quei bellissimi occhi blu, che ritornano di quel colore che avevano un tempo. In cui il rosso della rabbia e della vendetta è sparito. Corre sereno sulla sua moto mentre un corteo di macchine della polizia lo accompagna. Lui accelera non perché vuole scappare, ma perché vuole fare un ultimo giro. Consapevole che nessuno può sfuggire al proprio destino. L’arrivo di quel camion rappresenta la sua salvezza. Sorride, anche i suoi occhi stanchi sorridono. Ecco, è arrivata la fine del suo dolore. Chiude gli occhi, apre le braccia e, come il corvo nero che sta aspettano il suo corpo, si libra senza catene nel cielo. Libero, felice, in pace.

La musica cessa, il sipario silenziosamente si chiude, come gli occhi di Jax. Non hanno più bisogno di stare aperti. Almeno fino alla prossima vita.

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