Tempo fa, era il 2006, usciva un libro intitolato South Park and Philosophy: You Know, I Learned Something Today a cura di Robert Arp e altri 22 filosofi. Lo stesso pensatore americano, non contento, insieme a Kevin S. Decker nel 2013 scriverà anche The Ultimate South Park and Philosophy: Respect My Philosophah! Mentre nel 2007 usciva anche South Park and Philosophy: Bigger, Longer, and More Penetrating del filosofo australiano Richard Hanley.
Sono segnali esaltanti che confermano tutto quello che molti di noi hanno sempre sostenuto: South Park non sciocca per il gusto di farlo, ma per costringerci a pensare.
E in questo è meravigliosamente eccessiva.
Non ci lancia qualche timido spunto di riflessione per farci arrivare a una nostra personalissima conclusione. No! Con modi esagerati prende una tesi, la smonta e ci dimostra con la logica la sua assurdità. Considerare South Park un cartoon idiota dove dei pupazzi disegnati male saltellano e si insultano non è solo sbagliato: è dannoso.
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Non è una questione di gusti personali.
Questo show televisivo ha un’importantissima funzione sociale. È sovversivo, pericoloso e politicamente corretto. Già, senza la “s” perché ad essere scorretta è la realtà e non la serie. Non vuole piacere, South Park è sempre obiettiva ed è pure moralista e bacchettona.
È schierata dalla parte della verità e i suoi custodi sono Stan Marsh e Kyle Broflovski (alias Trey Parker e Matt Stone: l’anima, la voce, la mente e i creatori della serie) che dialogano, riflettono, valutano altri punti di vista, a volte inciampano, ma alla fine fanno la cosa giusta e ci spiegano quello che hanno imparato oggi dimostrando l’ipocrisia di un qualche tema sociale caldissimo.
Cogito ergo sum, ma in questo caso: rido quindi dubito.
Come sottolinea anche Robert Arp, South Park ci ricorda che non esiste alcuna certezza così sacra da non poter essere messa in discussione e che ci vuole sempre una sana dose di scetticismo per affrontare il mondo. Una sana dose però, senza sfociare nel negazionismo, dilagare nel fanatismo o perdere la fiducia nella ragione.
South Park non è relativista. Ha un codice di valori molto più fermi di quanto pensiamo. L’oggetto della critica è l’incoerenza, l’ipocrisia, il fanatismo, l’idiozia, la fede cieca e ci invita a sospettare sempre di ogni forma di estremismo.
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Dice Trey Parker:
Quello che diciamo nel programma non è niente di nuovo, ma è fantastico dirlo pubblicamente. Quelli che urlano da un lato e quelli che urlano dall’altro sono uguali. È bello stare nel mezzo e ridere di entrambi.
South Park è un monumento sul quale i piccioni non hanno voglia di defecare. Tanto ci pensa da sola.
La serie si limita a mostrarci la realtà per come è, sta a noi scegliere come vogliamo reagire. È il mito della caverna de La Repubblica di Platone e se ci fermiamo davanti alle oscenità e al turpiloquio rischiamo di fraintendere il vero intento.
Socrate permea questo show in ogni sua fibra. Dal ragionamento per esempi volti a smontare l’illogicità di scelte politiche, morali e comportamentali fino alla struttura stessa dell’episodio che ricalca quella del dialogo filosofico. Come faceva Socrate, pungola il nostro pensiero critico, ci provoca per costringerci a mettere in discussione tutto quello che crediamo di sapere.
Non è vero che non risparmia nessuno.
South Park sa bene cos’è il rispetto. Non prende mai di mira chi è coerente, umile, debole e diverso. È il protettore dei bullizzati ed è sempre dalla loro parte. Timmy, il personaggio affetto da paralisi celebrale, in un’edizione del The Greatest Disabled TV Character è stato perfino votato come miglior personaggio disabile proprio dagli stessi disabili, i quali hanno confermato felici come South Park abbia reso giustizia alla loro comunità abbattendo finalmente ogni stereotipo.
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L’iperbole.
Ogni puntata usa questa figura retorica (che consiste nell’esagerare il senso di una situazione) per farci arrivare attraverso il ragionamento (e tra una scoreggia e l’altra) a una conclusione logica servendosi di situazioni paradossali e disgustose. Chi si sente disgustato è l’oggetto dello scherno, chi ride ha recepito il messaggio.
Devono scioccare per mostrarci le cose da prospettive diverse provocando in noi delle reazioni fisiche. Il male per South Park è la mancanza di pensiero critico, la falsità, l’indifferenza, e la malvagità di quello assolutistico.
Red Hot Catholic Love.
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Nell’episodio 06×08 Cartman scopre che è possibile defecare dalla bocca. Ora, è questa la funzione di Eric: dare il via a un intreccio di situazioni che inizialmente non c’entrano nulla l’una con l’altra, ma che alla fine fanno tornare tutti i conti. È ovvio che è orribile e guardando ci vengono anche i conati di vomito. Ma è la reazione che vogliono suscitare in noi, in fondo nella puntata si sta parlando dello scandalo della pedofilia in Vaticano: una patata bollente che non esitano a prendere in mano con coraggio.
Ma ad accusare il Vaticano non sono gli atei, i giornalisti e nemmeno Stan e Kyle, ma la parola è lasciata proprio a un prete. Father Maxi, un membro della Chiesa giusto e consapevole dell’abito che indossa, preoccupato e disgustato dalla faccenda. South Park non è blasfema e non prende di mira la religione o la fede in sé. Ce l’ha con chi non è puro di cuore, chi abusa del proprio potere e fa del male legittimato dalla propria carica.
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Non importa se sei ateo, fedele, famoso, potente, povero, etero, gay, disabile, bianco, giallo, verde o blu.
South Park è egualitaria e secondo la sua visione del mondo esistono solo i fanatici da un lato e i puri dall’altro. Come faceva Dante, non ha paura di mettere all’Inferno i primi, come Saddam Hussein, il quale diventa la t******a di Satana nel lungometraggio del 1999 South Park: Bigger, Longer & Uncut. Tutto è bianco o nero, buono e cattivo e l’origine del male è spesso la stupidità.
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South Park è eterno, proprio come la filosofia.
La serie è nata nel 1997 e potrebbe andare avanti a oltranza, rinnovandosi ed evolvendosi senza snaturare la sua essenza. È la nostra Daenerys Targaryen (delle prime stagioni, eh…) nata dalla tempesta e distruttrice di catene. Parker e Stone forse vorrebbero liberarsene, hanno anche lanciato la campagna #cancelsouthpark, ma noi ne vogliamo sempre di più.
Buca la quarta parete.
La serie dialoga costantemente con la realtà. Esce una puntata, qualcuno si infuria e loro ribattono con delle scuse che fanno infuriare ancora di più, come il tweet di risposta alla Cina dopo il bando. Sanno benissimo che non devono scusarsi. Il loro obiettivo è proprio quello di provocare una reazione e sono disposti a pagarne perfino le conseguenze legali. Certo, possiamo sguinzagliare gli avvocati, ma intanto ci hanno messo alla gogna e il seme del dubbio è stato piantato. Pernacchia.
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Un impianto così solido e dei personaggi con una personalità così forte e definita ci aiutano a capire meglio anche tutti i riferimenti alla realtà, proprio come accade con la mitologia. Quando Mr. Garrison diventa presidente degli USA, la critica nei confronti di Donald Trump diventa ancora più feroce. I crossover tra finzione e realtà sono essenziali per rendere ancora più efficace il messaggio.
Una palestra per il pensiero critico.
South Park è lo scemo del villaggio. Il carnevale alle sue origini paleocristiane che permetteva il licet insanire per sovvertire l’ordine sociale. È i Saturnali romani e i riti dionisiaci greci. La volgarità ha una funzione apotropaica che ci aiuta a far emergere le nostre pulsioni più represse.
Nell’introduzione di South Park e la Filosofia, Robert Arp scrive:
South Park mi infastidisce. […] Fortunatamente, South Park infastidisce altri più di me. Senza alcun timore di fare satira sui fanatici religiosi associati a qualsiasi punto di vista sociale, politico, economico e religioso, South Park è la serie televisiva più importante che ci sia. La verità è che a coloro che pensano di avere “la verità in tasca” bisogna far abbassare le penne.
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La verità ti fa male, lo so. Cantava Caterina Caselli.
Anche se molti lo pensano, Parker e Stone non sono presuntosi, non giudicano e non hanno mai dichiarato di avere la “verità in tasca”. Si limitano a utilizzare un muscolo sempre meno di moda, il cervello, e sono i primi a non prendersi sul serio. Basta dare un’occhiata alle loro interviste, ai loro video demenziali su YouTube oppure al documentario uscito nel 2011 6 Days to Air: The Making of South Park.
Sono irritanti, come il tafano di Socrate, oltraggiosi e sovversivi e cercano con la logica – e non con le opinioni – di intavolare un dialogo, stimolare il dibattito e far crollare ogni falsa certezza.
South Park, proprio come la verità, ha l’ingrato compito di infastidire e disturbare, e per farlo deve percorrere la via dell’eccesso. Ma non insulta mai gratuitamente e mai di proposito: se ci sentiamo offesi, il problema siamo noi.