9) La “Vittoria” dolce amara
Nonostante sia stato un finale senza colpi di scena e privo di enfasi per le morti anche di alcuni personaggi principali, non si può dire che non sia stata una degna conclusione. Gannicus dopo essere stato catturato viene crocifisso accanto a Kore – a quanto pare Crasso alla fine l’ha voluta uccidere – e nella morte vede Oenomaus, il Doctore che già ci mancava da tempo, accanto a lui nell’arena dove sono dibinità, dove è tutto semplice e glorioso.
Anche Spartacus muore poco dopo essere stato portato in salvo da Agron e Nasir, vedendo Sura e con la soddisfazione di essere un uomo libero anche nell’ultimo respiro. Poco prima della fine dice che Spartacus non è il suo nome, ricordandoci che ha assunto un ruolo per combattere per i suoi ideali e per vendicare la moglie. E in un certo senso ha vinto. Viene seppellito solo una spada e uno scudo con il serpente rosso, come profetizzato in “Blood and Sand”.
10) Spartacus è diventato un simbolo, il Portatore di Pioggia… e Libertà
Come sottolineato più volte nel corso del finale, anche dai Romani, il nome di Spartacus è ormai un’idea, un simbolo usato nelle ribellioni contro le catene della schiavitù. Da famoso gladiatore dell’Arena, Portatore di Pioggia in periodo di siccità in quanto favorito dagli dei, a capo ribelle di un gruppo sempre più grosso di persone che non possono più sopportare la condizione di schiavismo. Se inizialmente si è ribellato per vendicare la morte della moglie Sura a causa dei romani, diviene poi molto di più agli occhi degli altri e per via della sua fama, fino a diventare leggenda ed esempio per chiunque voglia essere libero.
Avere la libertà è la vittoria di cui parla il titolo.