Dieci anni fa terminava la meravigliosa Spartacus, una serie tv terribilmente sottovalutata nonostante sia riuscita a influenzare un intero genere e ad aprire la strada alla nascita di fenomeni mediali alla Game of Thrones. Fu una ventata di aria fresca, ribelle proprio come lo schiavo protagonista della sua storia, con un’estetica che fino a quel momento non era stata mai vista in televisione. Gli sfarzosi banchetti, colorati dalla vanità dei ricchi, dai lussuosi vestiti e dalle curate parrucche delle matrone, si alternano alla Capua fangosa e misera dei poveri, lontana dallo splendore originale, e a quell’arena teatro dei più avvincenti combattimenti del piccolo schermo, che lasciano a bocca aperta perché mai scontati, mai banali. Soprattutto, l’accuratezza nei dettagli e nella riproduzione degli ambienti si fonde con le scenografie e la fotografia che richiamano volutamente l’effetto fumetto di 300, ricreandone le ruvide atmosfere, ma aumentandone il sangue e la violenza.
Già, perché questo è uno spettacolo estremamente sanguinoso e violento. Nel caso di Spartacus, si sfocia nello splatter, ma la serie riesce a trasformare lo splatter in un punto a suo favore.
Sappiamo che molti stanno storcendo il naso, perché lo splatter non è per tutti ed è un termine solitamente associato a un prodotto di bassa qualità, malvisto dal pubblico mainstream. Tuttavia, Spartacus ha la grandissima capacità di trasformarlo in un punto di forza. D’altronde, stiamo pur sempre parlando di uno show sui gladiatori romani. Così, abbiamo scontri cruenti, con teste che volano da un lato e braccia dall’altro, pieni di forza bruta e di finissime strategie. In una parola, c’è quell’epicità alla Gladiatore che ci aspettiamo da una prodotto del genere. E non solo nei combattimenti.
L’elevatissima scrittura è una dolce melodia per le nostre orecchie; l’aulico linguaggio, che rispecchia il modo di parlare latino, rende eleganti e seducenti gli inganni e le manipolazioni, coinvolgenti ed emozionanti i discorsi dei gladiatori. Lo spettacolo – disponibile su Sky e NOW – riesce a cambiare registro senza mai snaturarsi o annoiare, parlando di ogni cosa: dalla politica alla cronaca, dal potere all’amore.
Già, l’amore. Non solo sembra di ascoltare delle meravigliose poesie nelle scene romantiche, ma questo sentimento è una delle carte vincenti della serie tv.
Perché sì, quest’ultima è sanguinaria e per niente pudica con il sesso, rimanendo così coerente con la Storia e il suo tono. Del resto, azzarda nel farci vedere nudi integrali maschili e femminili, senza distinzioni né preferenze, arrivando a superare quella Game of Thrones che, invece, troppe volte si è concentrata sulla rappresentazione del sesso sbagliato, eppure non ha ricevuto le stesse critiche. Ma, al di là di ciò, ogni cosa in Spartacus deriva dall’amore, raccontato in qualsiasi forma (e già qui si vede quanto fosse avanguardistica), che può ferire e uccidere, ma che vale sempre la pena di essere vissuto. È per Sura che Spartaco si ribella; è in Varro che troverà un’ancora di salvataggio nella scuola di Batiato; è per amore fraterno verso Enomao che il carismatico Gannicus si unirà alla lotta.
Tutti i personaggi lo sperimentano. Che sia per una donna, per un amico, per un fratello o per un uomo, è la loro linfa vitale, il cui senso è racchiuso nella frase che la schiava Nevia dirà al suo amato, il gladiatore Crisso:
“In questa vita e in quella che seguirà”
Una promessa che trascende la carne mortale dell’essere umano e ogni tipo di definizione. È in momenti del genere che la serie ci parla, ci entra dentro spezzandoci il cuore per poi rimanere lì, a curarlo mentre apre i rubinetti delle nostre lacrime. Nel bene e nel male.
Ed è la consapevolezza che il viaggio possa essere interrotto da un momento all’altro che spinge i ribelli a vivere ogni singolo istante di felicità che li viene concesso. La serie lo mostra, ad esempio, nelle scene d’amore, indugiando su quei corpi sudati che si uniscono nella danza che celebra il piacere della vita, senza che la presunta condanna a morte tolga loro il sapore dell’esistenza. Del resto, come disse Brad Pitt in Troy:
“Gli dei ci invidiano perchè siamo mortali. Ogni cosa è più bella, per i condannati a morte”.
A muoverli, infatti, è la speranza di raggiungere un futuro migliore, oltre quell’impero che li ha schiavizzati, sacrificando anche quel poco che hanno per la libertà. Allora, Spartacus diviene la storia di un gruppo di uomini – e anche donne – leali, fedeli, disposti a morire per l’altro. Ciò non vuol dire che non hanno paura, che non tentennino, che non ci siano attriti. Questi personaggi sono reali tanto quanto la sabbia che calpestano ogni giorno; sono rabbiosi, orgogliosi e talvolta l’egoismo prende il sopravvento, portandoli a errori colossali. Alcuni li adoreremo all’istante, altri cresceranno su di noi, come Crisso e l’intenso rapporto che stringe con Spartaco, uno dei più belli della serie tv.
Non ameremo gli schiavi in tutte le occasioni, così come non odieremo sempre i villain.
D’altronde, un eroe non è niente senza un nemico all’altezza. E questi, mai stereotipati, crescono di intelligenza nelle singole stagioni. C’è il lanista Batiato, arrivista e subdolo tanto quanto sua moglie Lucrezia. Si passa al pretore Glabro, disposto a tutto pur di prendere colui che gli sta rovinando la carriera. Poi arriva Crasso. Intelligente, spietato, rispettoso del coraggio e della forza di Spartaco e impossibile da non ammirare, si farà aiutare niente di meno che da Giulio Cesare in persona. Quest’ultimo non è proprio l’uomo che tante volte abbiamo studiato sui libri, ma ricordiamoci che Spartacus non è un documentario, è un prodotto di finzione. Cesare diviene un biondo fisicato estremamente affascinante, che raggiunge livelli alti di spietatezza ma mai per cieca ambizione o senza un determinato fine: la sua è un’altra forma d’amore, quella verso la sua patria.
Spartacus impatterà così tanto su di noi per merito di questi personaggi, talmente umani da essere riconoscibili, empatizzabili. E se succede, è grazie all’eccellente cast, che oltretutto è un vero piacere per gli occhi.
Il primo motivo per cui chi l’ha vista l’ha amata subito è Andy Whitfield, così espressivo e magnifico nei panni dell’eroe imperfetto, ribelle, furente e idealista. Ha donato a Spartaco quell’energia passionale e quel carisma impetuoso che ci ha fatto alzare dalla sedia per seguirlo in battaglia. Fa malissimo pensare che un talento così brillante sia stato stroncato troppo presto da una spietata malattia. Dustin Clare è subentrato interpretando uno dei migliori personaggi dello spettacolo, il Gannicus protagonista dello spin-off, fino all’arrivo di Liam McIntyre che ha raccolto la pesante eredità di Andy Whitfield. A loro si affiancano poi favolosi interpreti come Manu Bennett, Peter Mensah, John Hannah, Lesley-Ann Brandt e l’indimenticabile principessa guerriera Lucy Lawless, tanto per nominarne alcuni.
Ecco perché Spartacus deve essere vista almeno una volta nella vita. Non potremmo chiedere di meglio da una serie tv. È più del sangue, del sesso e della violenza; è un dramma storico tecnicamente perfetto, così emotivamente forte che fa riflettere e che, unendo tanti temi, collega pubblici diversi. E non è importante la fine, perché già la conosciamo – sono i libri di storia a rivelarcela – quanto l’indimenticabile viaggio al fianco dello Spartaco di Andy Whitfield e Liam McIntyre, che porteremo nel cuore per sempre. Parola di chi l’ha vista, l’ha amata con tutta l’anima e vi consiglia di recuperarla assolutamente. Che state aspettando?