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8 scene delle Serie Tv che mi hanno incantato per l’armonia cromatica

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Attenzione! Il seguente articolo contiene spoiler relativi a Serie Tv quali Fargo, American Gods, Love, Death, Robots, Mr. Robot, Squid Game, Maniac, Utopia (UK) e Ratched.

Wassily Kandinsky – il noto pittore Russo, pioniere della corrente astrattista – definiva il colore come un mezzo per esercitare un influsso diretto sull’Anima. “Il colore“, affermava, “è il tasto. L’occhio è il martelletto. L’Anima è un pianoforte con molte corde. L’artista è la mano che con questo o quel tasto porta l’anima a vibrare.” Anche sullo schermo, come nell’arte pittorica, i colori rappresentano un messaggero privilegiato, uno strumento in grado di veicolare sensazioni ed emozioni che attraverso le sole parole perderebbero di impatto e immediatezza. Questa lista si concentra su quei titoli – da Squid Game a Ratched, passando per Fargo e Mr. Robot – che più di altri hanno fatto propria questa consapevolezza, creando ambientazioni incredibilmente suggestive e arricchendole attraverso un sapiente uso dell’armonia cromatica.

Non solo Squid Game dunque, dove la predilezione e l’utilizzo per i colori pastello stimola il riaffiorare alla memoria dei giochi dell’infanzia, ma anche Serie Tv di altissimo calibro come Mr. Robot e Fargo, in cui i colori comunicano ansie, paure e timori.

1. Fargo – La bufera

Fargo
Fargo, Episodio 1×06 (640×360)

Iniziamo proprio da Fargo, il gioiellino andato in onda per la prima volta sull’emittente televisiva statunitense FX nel 2014 frutto della penna di Noah Hawley e ispirato a Fargo, l’omonimo film scritto e diretto dai fratelli Cohen. Fargo è quella che in gergo viene definita una serie antologica, ovvero una serie le cui stagioni si caratterizzano per ambientazioni, tempi, storie e personaggi differenti. La scena cui vogliamo fare riferimento è tratta dal sesto episodio della prima stagione di Fargo, ambientata nella cittadina di Bemidji, Minnesota e concernente i fatti avvenuti a cavallo tra il gennaio del 2006 e il febbraio del 2007.

La scena, accompagnata da una soundtrack di sole percussioni a dettare il ritmo, mostra il momento in cui Mr. Wrench (Russell Harvard) e Mr. Numbers (Adam Goldberg), due sicari di professione, ingaggiano una sparatoria con Lorne Malvo (Billy Bob Thornton). Nel corso della prima stagione di Fargo è il bianco a dominare la scena, ambientata nel bel mezzo di una tormenta di neve. Il conflitto prosegue fino all’arrivo della poliziotta locale Molly Silverson (Allison Tolman) e del suo collega di Duluth, Gus Grimly (Colin Hanks). È subito dopo il ritrovamento del corpo di Mr. Numbers, precedentemente ucciso da Malvo, che la scena si carica di patos e tensione: il bianco della tormenta circonda ogni cosa, limitando la vista tanto ai personaggi della storia quanto agli spettatori. L’unica cosa visibile sono l’andamento incerto dell’agente Grimly – la sua espressione confusa, disorientata e in preda al panico – e, subito dopo, due lampi dovuti al fuoco di una pistola. È il momento di massima tensione, quello in cui l’agente Grimly spara per riflesso accorgendosi, solo dopo essersi avvicinato, di aver ferito l’agente Silverson.

2. American Gods – Bilquis, la Dea della fertilità

American Gods
American Gods, Episodio 1×01 (640×427)

Altro prodotto di altissimo livello, American Gods è la serie tratta dall’omonimo romanzo di Neil Gaiman e riadattata per lo schermo da Bryan Fuller e Michael Green. La storia è quella del misterioso Shadow Moon (Ricky Whittle), appena uscito di prigione in seguito alla prematura morte della moglie in un incidente stradale. Shadow Moon si trova ben presto catapultato in un mondo popolato di divinità – vecchie e nuove – nel ruolo di autista dell’enigmatico Mr. Wednesday (Ian McShane), pseudonimo del Potente Odino, padre degli Dei della mitologia norrena.

Nonostante la serie abbia avuto un significativo calo nell’arco delle sue tre stagioni, è innegabile come essa abbia mantenuto un livello visivo altissimo. Nonostante ciò, la scena a cui vogliamo rivolgere la nostra attenzione è relativa proprio all’episodio pilota, in cui facciamo conoscenza con un’altra divinità: Bilquis, Regina di Saba, governatrice della città di Ma’rib, nello Yemen e antica Dea della fertilità e dell’amore. Bilquis, interpretata dall’attrice Yetilde Badaki, ci viene presentata come una bellissima, irresistibile e seducente donna dalla pelle d’ebano, vestita di un solo vestito rosso acceso. Ed è proprio il rosso, il colore che più di qualunque altro connota passione, amore ma anche sangue, ira e follia, il protagonista della scena in questione: ci viene mostrato il momento in cui la donna accompagna un uomo – entrambi con un calice di vino rosso in mano – all’interno di una stanza quantomeno suggestiva: lenzuola di seta rosse ricoprono il letto, tende rosse delimitano la stanza e le luci soffuse delle candele e delle lampade a muro riflettono il rosso delle pareti e dei mobili. La scena è un climax di passione: i corpi si muovono sempre più freneticamente, mentre il sudore sulla loro pelle inizia a riflettere il rosso dell’ambiente circostante. È a questo punto che la passione lascia spazio all’ira e alla follia: la Dea, ormai dimenticata, chiede alla sua vittima di adorarla.

Bilquisss, beloved. I worship your breasts and your eyes and your cunt. And I worship your thights and your eyes and your cherry-red lips. Oh, Daughter of the South, Stone Queen on a throne of honey, secret owner of all gold. I am yours, my beloved Bilquis. Queen and concubines and maidens hide their faces in shame before you because you are the mother of all beauty. Trees bow, and warriors fall. Give me your blessing. I bow my head before you and worship you. I offer you everything: my money, my blood, my life.

Bilquisss, mia adorata. Adoro i tuoi seni e i tuoi occhi e la tua f**a. Adoro le tue cosce e i tuoi occhi e le tue labbra rosse. Tu sei la figlia del sud, Regina della tempesta su un trono di miele. Proprietaria segreta di tutto l’oro. Sono completamente tuo, mia amata Bilquis. Le regine e le concubine e le fanciulle nascondono i loro volti per la grande vergogna, perché tu sei la madre di tutta la bellezza. Gli alberi si inchinano, i guerrieri cadono. Dammi la tua benedizione. Mi inchino davanti a te per poterti adorare. Ti offro tutto: i miei soldi, il mio sangue, la mia vita.

3. Love, Death, Robots – Zima Blue

Love, Death, Robots
Love, Death, Robots, Episodio 1×14 (640×360)

In questo caso, più che parlare di una scena in particolare, dovremmo concentrarci sull’intero episodio. In Zima Blue, ultimo episodio del primo volume di Love, Death, Robots, il colore è il vero e proprio protagonista del racconto. È la stessa narratrice, la reporter Claire Markham, a introdurre lo spettatore alla narrazione:

Non riesco a decidere se il blu sia più simile a quello del cielo o a quello del mare. A nessuno dei due in realtà. Zima Blu era qualcosa di particolare. […] Un giorno, Zima presentò un murale che aveva qualcosa di diverso: al centro della tela c’era un minuscolo quadrato blu. Quel quadratino fu solo il principio: nei decenni a venire, le forme astratte mutarono e diventarono sempre più dominanti ma la tonalità di blu era sempre la stessa. Era lo Zima Blu. Di lì a poco, Zima presentò il primo dei suoi murali completamente blu. Molti lo considerarono il massimo che Zima potesse fare, ma si sbagliavano di grosso. Quando la maggior parte delle persone parla del suo periodo blu, si riferisce agli anni dei giganteschi murali. Ma per Zima quello era solo l’inizio.

La sua ultima opera d’arte, la sua magnum opus, avrebbe spiegato al mondo l’origine di quel colore, di quella singola tonalità di blu. Al centro della sua opera – una “semplice” piscina – spicca il tema del ritorno all’essenziale: è lo stesso Zima a raccontare del suo passato alla reporter, confidandole le sue origini. Zima altro non è che un capolavoro di robotica, una macchina per la pulizia della piscina perfezionata fino all’inverosimile. E quella tonalità di blu rappresenta la ricerca del passato dell’artista, la sua necessità di tornare alle origini – il semplice blu delle piastrelle della piscina che puliva incessantemente, tutto ciò che componeva il suo mondo.

4. Mr. Robot – Angela ed Elliot

Mr. Robot
Mr. Robot, Episodio 3×08 (640×360)

È innegabile come Mr. Robot, l’opera massima del regista americano Sam Esmail, sia una serie in cui la componente visiva costituisce un elemento narrativo di fondamentale importanza. In Mr. Robot, i colori ci comunicano informazioni, ci introducono personaggi, ci instillano emozioni, ci stregano e ci ingannano. Nonostante il sapiente utilizzo dei colori pervada tutte e quattro le stagioni della serie, vogliamo concentrarci su una scena particolarmente topica, su una conversazione tra Elliot Alderson (Rami Malek) e Angela Moss (Portia Doubleday) avuta luogo nell’ottavo episodio della terza stagione.

La fase due del piano per l’annientamento della E(vil)-Corp si è appena completata, traducendosi nell’esplosione simultanea di 71 siti di proprietà della E-Corp e nella conseguente morte di migliaia e migliaia di persone. È stata proprio Angela a fare in modo che questa seconda fase fosse portata al termine: ci viene mostrata in stato catatonico, visibilmente sotto shock, all’interno del suo appartamento, intenta a muoversi per le stanze come uno spettro, incapace di provare sensazioni che non siano di sgomento. L’intera puntata di Mr. Robot si concentra però sull’incessante senso di colpa di Elliot, le cui azioni hanno provocato non solo la morte delle migliaia di persone bloccate all’interno dei magazzini della E-Corp, ma anche l’omicidio da parte del Dark Army dei suoi collaboratori Mobley (Azhar Khan) e Trenton (Sunita Mani), accusati di aver perpetrato l’attacco. Dopo essere stato salvato dal suicidio dal fratello minore di quest’ultima, Elliot decide di andare a parlare con Angela – come da consiglio della sorella Darlene (Carly Chaikin)-. La scena si apre con uno stacco netto sul corridoio del pianerottolo, una atmosfera rossa circonda Elliot con la sua classica felpa nera. Subito successivamente la telecamera si sposta verso destra, oltrepassando la porta dell’appartamento e costruendo uno split-screen sui due ambienti – il corridoio del pianerottolo e l’appartamento di Angela -.

La nostra scelta di considerare proprio questa scena tratta da Mr. Robot all’interno della lista si spiega attraverso tutti i simbolismi che possono essere rintracciati al suo interno: a sinistra, Elliot rappresenta il cattivo, l’uomo nero immerso in un ambiente completamente rosso a simboleggiare tutto il sangue versato a causa delle sue azioni. A destra, Angela indossa un vestito bianco, simbolo della sua perduta innocenza, ed è immersa in un ambiente completamente nero a simboleggiare l’oscurità che la sta invadendo senza possibilità di uscita. Entrambi, insieme, non possono che rimandare al famoso concetto taoista di yin e yangLa coesistenza del bene e del male in ogni cosa, in ogni anima, come tra Mr. Robot ed Elliot Alderson.

5. Squid Game – Le scale

Squid Game
Squid Game, Episodio 1×03 (640×360)

È noto come Squid Game sia diventata sin da subito tra le serie più conosciute e amate di tutto il panorama mondiale, diventando un vero e proprio fenomeno virale e contribuendo a centrare la mappa sulle produzioni coreane. Nonostante dal punto di vista narrativo possano essere rintracciate delle criticità, è innegabile come Squid Game rappresenti una serie di altissimo livello sia stilisticamente che visivamente.

Lo abbiamo già accennato in apertura: Squid Game fa un largo uso dei colori pastello allo scopo di far riaffiorare nella mente dello spettatore i giochi della sua infanzia e stimolare un coinvolgimento emotivo. D’altronde, le sei sfide a cui vanno in contro i 456 partecipanti altro non sono che riadattamenti – mortali, s’intende – di giochi dell’infanzia del suo creatore.

Questa strategia narrativa viene esplicitata all’interno della terza puntata, nella scena in cui ci viene mostrato il momento in cui viene intimato alle guardie di tornare nei loro alloggi: l’ambiente è un chiaro omaggio al famoso quadro Relatività dell’artista olandese Maurits Escher in cui è rappresentato un ambiente architettonico impossibile, costituito da scale ognuna orientata diversamente. Il quadro ritrae alcuni uomini intenti a svolgere mansioni. Allo stesso modo, e con notevole maestria registica, Hwang Dong-hyuk è stato in grado di trasporre l’impossibilità e la surrealità che caratterizza l’opera di Escher all’interno dello schermo, mostrandoci un ambiente pressoché identico, ma arricchito del simbolismo cromatico di cui abbiamo parlato in precedenza. L’effetto finale è di fortissimo impatto visivo, riconfermando l’alto livello mantenuto da Squid Game lungo tutto il suo proseguo.

6. Maniac – i giochi di luci

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Maniac, Episodi 1×06/07 (640×360)

Opera del regista statunitense Cary Fukunaga (regista dell’acclamata prima stagione della serie True Detective), Maniac è una miniserie distopica, rifacimento dell’omonima serie televisiva norvegese, in cui viene raccontato dell’incontro tra Allie Landsberg (Emma Stone) e Owen Milgrim (Jonah Hill) e del progetto di speramentazione psico-farmaceutica organizzato dall’azienda Neberdine Pharmaceutical Biotech a cui prendono parte e il cui scopo è quello di soppiantare la psicanalisi sostituendola con l’utilizzo di un farmaco.

Fukunaga ha il merito di essere riuscito a realizzare una rappresentazione visiva degli ambienti e dei processi mentali, nonché degli spazi onirici. Ambienti che molto spesso ci vengono presentati allo spettatore come sul confine tra realtà e finzione, tra presente e passato, tra follia e sanità. E proprio tale ambiguità viene riproposta magistralmente anche in chiave cromatica, attraverso l’accostamento di colori spesso opposti e l’utilizzo di luci artificiali – elemento, questo, che fornisce a Maniac un inconfondibile tratto cyberpunk.

7. Utopia (UK) – Pastello come Squid Game, ma nei paesaggi

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Utopia (UK), Episodio 1×02 (640×270)

Gioiellino fino a qualche anno fa quasi sconosciuto, Utopia è senza alcun dubbio una delle serie più interessanti del panorama britannico. Trasmessa su Channel 4 nel corso del biennio 2013-2014, la serie è ambientata a Londra e racconta la storia di cinque possessori del sequel di un graphic novel, The Utopia Experiments, al cui interno sarebbero conservate indicazioni su una potenziale arma di distruzione di massa. Leitmotiv dell’intera serie è la reiterazione della frase “Where is Jessica Hyde?“, ripetuta dall’organizzazione segreta sotto il nome di The Network.

Anche in questo caso, così come avevamo già avuto modo di vedere in Squid Game, vi è un largo uso dei colori pastello. A differenziarsi è piuttosto ciò che viene mostrato in camera: Utopia è infatti caratterizzata dal largo utilizzo di campi larghi che ci mostrano sconfinati paesaggi dai colori sgargianti. Il verde acceso di una collina, il giallo di un campo di grano e, come nella scena presa in considerazione, un incredibilmente suggestivo campo di viole, il cui accostamento con un cielo azzurro ci consegna l’esempio di una regia e di una fotografia da manuale.

8. Ratched – Il verde come veicolo di potere

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Ratched, Episodio 1×01 (640×360)

Abbiamo deciso di chiudere questa lista con Ratched, la serie che ha fatto dell’utilizzo del colore una vera e propria componente narrativa, in grado di indicare senza possibilità di fraintendimento le emozioni che intende veicolare.

Ratched, ultima fatica del regista – fra gli altri – di American Horror Story Ryan Murphy è basata sul romanzo Qualcuno volò sul nido del cuculo e si concentra sulla storia della Dottoressa Mildred Ratched (Sarah Paulson). Sia che si guardi alle ambientazioni, alle luci o ai costumi, è innegabile come il colore abbia un ruolo fondamentale all’interno della narrazione: lo vediamo sin dai primi minuti dell’episodio pilota, in cui la dottoressa si presenta al colloquio vestita di uno sgargiante color giallo, a comunicare saggezza ed intelligienza. Ma il colore che più risalta è senza dubbio il verde, presente nelle sue diverse tonalità e gradazioni tanto nei paesaggi californiani in cui la serie è ambientata, quanto negli spazi interni del Lucia State Hospital in cui si articola la trama – verdi sono le uniformi degli infermieri, verdi sono le tende dell’ospedale, così come verde è la macchina guidata dalla protagonista.

In Ratched, l’utilizzo sapiente di tutte le gradazioni cromatiche si palesa in particolar modo all’interno di quelle scene dove il colore fa un passo in più, non solo caratterizzando e connotando gli spazi e gli ambienti ma anche nel suo utilizzo “psicologico”: Ratched si caratterizza infatti per l’utilizzo di lampi di luce che tingono la scena in modo innaturale allo scopo di veicolare sensazioni e sentimenti provati dalla protagonista. Così, la scena si tinge di verde lussuria quando la dottoressa Ratched scopre due infermieri impegnati in un rapporto sessuale nel bagno di una stanza. E si tinge di verde quando Mildred si reca nell’ospedale per il suo primo giorno di lavoro dopo aver ottenuto il posto, comunicando allo spettatore forza, fermezza e temerarietà. In una parola, potere.