Caro diario,
sono io, Seong Gi-hun.
Sono di nuovo qui, dentro a questo enorme padiglione, insieme alle persone con cui l’ho già riempito una volta. Ne siamo usciti volontariamente, eppure siamo ritornati in maniera pressoché unanime, come acqua di mare che corre verso la riva solo per retrocedere al bacino da cui è provenuta. Il bacino che ci ha accolto non è fatto di sabbia e pietrame, ma di sangue e di morte. E allora perché farvi ritorno? Perché là fuori non c’è niente in grado di trattenerci.
Il libero arbitrio è la più grande illusione che il genere umano abbia prodotto. La scelta non è un diritto, ma il lusso di chi può permettersi un’alternativa da considerare.
Qual era per noi, l’alternativa? Debiti, stenti, frustrazioni; solitudine. Aguzzini che ti minacciano, cari che ti abbandonano, estranei che ti guardano solo per disprezzarti e uno Stato che non ti vede. La mia alternativa allo era una figlia diretta dall’altra parte del mondo e nessun mezzo per raggiungerla. Non sono nemmeno sicuro che mi sarebbe stato concesso un saluto prima della sua partenza. Non sono sicuro che avrei trovato il coraggio di andare a farglielo, sapendo che la stavo perdendo per sempre.
Seong Ga-yeong teneva un diario, quando vivevamo insieme, quando io, lei e sua madre eravamo ancora una famiglia. Non so se lo abbia ancora: ha soli dieci anni, eppure l’ultima volta che l’ho vista mi è sembrata incredibilmente adulta, infinitamente più di quanto lo sia io. Quando ho deciso di tornare in questo posto mi sono ricordato della sua piccola figura china sulle pagine colorate di rosa, la penna stretta nel pugno e i capelli sparsi davanti al viso come una cascata che il fermaglio non bastava ad arginare, e ho deciso di portarne uno con me. Non sono mai stato tipo da carta e penna; non ho mai scritto niente e non sono bravo a farlo. Sento però che in questa circostanza potrei averne bisogno, che potrebbe servirmi un confidente a cui raccontare ciò a cui sono costretto ad assistere.
Dovrò stare attento a nasconderti agli uomini in rosso; sono sicuro che, se ti trovassero, ti sequestrerebbero come hanno fatto con il resto dei miei effetti personali.
Ora che ci penso, non puoi sapere chi siano. Si tratta di un esercito di controllori, presenze mute e tutte uguali che ci osservano, ci guidano e raccolgono i nostri cadaveri. Se non fosse per la presa solida con cui mi hanno afferrato e gettato nel furgone che mi ha condotto dove sono, penserei che si tratta di fantasmi evanescenti pronti a dissolversi con il finire dei giochi.
È questo ciò che facciamo: giochiamo. Chi vince avanza al livello successivo, un passo più vicino al montepremi finale. Chi perde, muore.
Il primo concorrente ad aver perso la vita è caduto proprio davanti ai miei occhi. C’è stato un tonfo che non ho riconosciuto come il suono di uno sparo, e poi lui si è accasciato al suolo, e io mi sono convinto che lo avesse fatto senza alcun motivo apparente. Pensavo che stesse facendo scena per non essere costretto ad abbandonare il gioco, ma poi ha aperto la bocca e ho capito che mi sbagliavo.
Ricordo la macchia di sangue che ha varcato le sue labbra e si è riservata a terra come una macchia di vernice che si spande sul pavimento; ricordo l’esplosione di caos e di colpi; ricordi i proiettili sfrecciare e le persone morire come mosche. Ricordo tutto, ma ricordare non mi ha fermato. Nemmeno il pensiero di mia figlia è riuscito a farlo. Ogni cosa a cui provavo ad appellarmi nel tentativo di desistere diventava un ulteriore motivo per perseverare. Non ho niente per cui vivere là fuori; almeno qui ho un premio per cui morire.
Non era questa la vita che avevo sognato per me stesso. Non è questa la vita a cui un essere umano dovrebbe essere condannato, a prescindere dai suoi sbagli. Non è questa, eppure mi ritrovo a viverla, e non mi resta che provare ad andare fino in fondo per ottenere la mia possibilità di riscatto.
Forse se vincerò potrò finalmente essere un padre migliore per la mia bambina. Forse riuscirò addirittura a trattenerla in Corea. Forse diventerò un uomo diverso da quello che sono, uno che non deve più accontentarsi di sopravvivere e può ambire a vivere davvero. In caso contrario, sarò soltanto uno dei numeri depennati dalla lista dei partecipanti. Se non arriveranno altre pagine oltre a questa, saprai qual è il motivo. Se dovessi smettere di scrivere all’improvviso, conosci la ragione. Dubito che potrai condividerla con qualcuno. Con ogni probabilità gli uomini in rosso ti distruggeranno appena sarai ritrovato. Non resteranno di me né tracce né testimonianze. Vorrei poter dire che rimarrò nel ricordo di chi mi ha voluto bene, ma la verità è che non ne sono poi così certo. Spero che sia così almeno per Seong Ga-yeong, malgrado tutte le volte in cui l’ho delusa.
Ora ti nascondo sotto il materasso. L’inizio del prossimo gioco è vicino; presto tornerà la sorveglianza.