Avete presente Grey’s Anatomy? Il medical drama che va avanti ormai da quindici anni? Quello ambientato a Seattle? Grey’s Anatomy, show nel quale ogni episodio è scandito dalla voce di Meredith Grey che lascia allo spettatore commenti, qualche perla di saggezza o frasi ottime per essere riutilizzate su Facebook? Perfetto. Prendete suddetta serie, cambiate nome ai personaggi, modificate l’ambientazione e otterrete Station 19: lo spin-off che ci mostra le vicende di Ben e del gruppo di pompieri al quale si unisce dopo la fine della tredicesima stagione della serie principale.
Ne sentivamo il bisogno? No. Eppure eccolo qui, già alla seconda stagione, che continua imperterrito nonostante degli ascolti che non superano neanche la metà di quelli della sua controparte ospedaliera. Cinque milioni di spettatori circa. Pochissimi, se consideriamo gli standard di Shondaland.
Pochi, eppure più di quanti realmente Station 19 meriterebbe. Perché, effettivamente: ma cosa ci rappresenta questa serie tutto sommato?
Una rivisitazione della stessa storia che abbiamo già visto nella serie principale, con l’unica differenza che questa è ambientata in una caserma di pompieri.
No, non esagero, Grey’s Anatomy e Station 19 sono davvero così simili.
In entrambe, all’inizio e alla fine degli episodi, possiamo sentire la voce della protagonista che ci racconta qualcosa, o ci lascia qualche commento sulla vicenda.
Entrambe le serie si caratterizzano per un buon mix tra drama e allegria, sesso e problemi personali o familiari dei protagonisti. E chiunque guardi Grey’s Anatomy sa perfettamente quanto questi aspetti siano i più indicativi riguardo la serie, persino più importanti dell’ambientazione ospedaliera. Interi episodi non hanno neppure un caso medico preso in esame. Vanno avanti semplicemente raccontando fatti privati dei personaggi.
C’è persino il triangolo amoroso all’inizio della serie tra la protagonista, l’attuale fidanzato e il suo ex, nonché amico di infanzia! Dai, più simili di così sarebbe stato impossibile. Ecco perché ABC e Shonda stanno cercando in tutti i modi di forzare la serie, di pubblicizzarla, di infilarla ovunque, solo per convincere i fan a seguirla.
Convincerli non è la parola più adatta. Costringerli a seguirla, forse, è più appropriata.
Ben Warren, personaggio caro ai fan della serie madre, è stato portato in Station 19. Questa è stata la prima manovra degli sceneggiatori per costringere gli spettatori a guardare entrambe le serie. Anche i due episodi crossover, all’inizio della prima e della seconda stagione, ne sono una prova.
La prova più palese, comunque, riguarda il matrimonio di Ben e Miranda.
Non è un segreto per gli spettatori di Grey’s Anatomy che i due stiano avendo qualche problema di coppia. Miranda ha rischiato l’infarto ed è continuamente tesa e stressata, al punto di aver dovuto rinunciare alla sua posizione. E la causa di questo stress è il nuovo lavoro del marito.
Questo disagio si è radicato talmente tanto che i due hanno discusso piuttosto seriamente e animatamente sulla sorte del loro matrimonio, sul come possano continuare a essere una coppia e su come la salute di Miranda possa migliorare se deve continuamente preoccuparsi per la vita di Ben. E dove è successo questo?
Avete indovinato! In Station 19.
Shonda sta cercando in tutti i modi di costringerci a seguire entrambe le serie, mostrandoci piccoli tasselli in una o nell’altra, così da doverle necessariamente guardare entrambe per avere una visione chiara e completa sulla storyline. Questo atteggiamento è tutto fuorché giusto. Non è corretto nei confronti dei personaggi, né verso gli spettatori.
Perché se c’è un motivo reale per il quale Station 19 non è apprezzata è proprio questo: i fan non la seguono perché non sono realmente interessati alle vicende proposte o ai personaggi originali di quella serie.
I fan la guardano perché costretti.
Station 19 inizierà a funzionare quando smetterà di vivere all’ombra di Grey’s Anatomy, quando si creerà una propria indipendenza, autonomia e una propria fanbase. Chissà se accadrà mai…