È da poco terminata la quarta stagione di Stranger Things e siamo ancora sconvolti dal finale. Ma a distanza di qualche giorno, con la mente di sicuro più rassegnata agli eventi dell’episodio – anzi – del film finale di questa stagione, mi si è accesa una lampadina in fondo al cervello in quello spazio angusto e recondito che è solito svegliarsi e illuminarsi sempre nei momenti meno opportuni ovvero quando stai per andare a dormire, quando ti stai godendo una serata piacevole e dal nulla ti assale il dubbio esistenziale di: avrò chiuso la macchina? Avrò spento le luci? Nel 2004 ho prestato Madison, la mia My Scene preferita in total denim, alla mia compagna di classe. Non me l’ha mai più riportata, dove sarà finita? Tra la lista di domande che mi hanno illuminato quella parte del cervello è sorta anche la seguente: ma quanto sono fessi i genitori in Stranger Things?
Perciò in questo momento di totale alienazione, mi ritrovo a domandarmi se veramente questi personaggi mistici, queste figure genitoriali o comunque adulte nella serie ci sono o ci fanno, perché insomma, ragazzi, è impossibile che per quattro stagioni, dodicimila anni e settecentomila tentativi di distruggere il mondo come lo conosciamo, questi vivano ancora nella loro bolla tranquilli e rilassati come dopo un’iniezione di Valium prima di una gastroscopia.
E sì, sicuramente qualcuno dirà: eh, va be’, ma erano gli anni ’80, mica come adesso che i genitori sono apprensivi e asfissianti come le peggiori paralisi del sonno. Ed è vero. Erano sicuramente i tempi del “morto un figlio, se ne fanno altri dodici”, i ragazzini erano liberi di mangiare ciò che volevano e non soltanto roba biologica accuratamente selezionata da Carlotta Perego in una masterclass sulla cucina vegana, responsabile e consapevole. No, erano tempi in cui: ti è caduto del cibo per terra? Raccoglilo entro 5 secondi, soffiaci sopra, dagli un bacio se no Gesù piange e mangiatelo che speziato al sapor di pavimento è praticamente gourmet. E per di più ricevi in omaggio una sfilza di anticorpi così t’ammali l’anno prossimo, possibilmente durante le vacanze di Natale e non salti nemmeno la scuola.
Se ripensiamo ai migliori film degli anni ’80, quelli che hanno fatto la storia e a cui Stranger Things è ispirata, vivono e si basano sullo stesso principio: gli adulti sono talmente fessi e inutili che appaiono raramente all’inizio e se tutto va bene sul finale per la parte del non avevo idea che fossi via, oddio come stai? non farlo mai più io e tuo padre eravamo preoccupatissimi quando letteralmente dieci minuti fa, uscendo dal lavoro, abbiamo scoperto che non eri in casa e chiamando i tuoi amici è venuto fuori che non eri nemmeno a casa loro e non avevamo la più pallida idea che fossi in una grotta a cercare il tesoro di un pirata col nome da malattia sessualmente trasmissibile mentre ti inseguiva una gang mafiosa capeggiata da una vecchia che si fa chiamare “mamma” e che sicuramente è stata una figura genitoriale più presente di me nelle ultime ore della tua vita o che avessi preso parte a una spedizione per vedere un cadavere dal vivo con i tuoi amici incoscienti mentre un gruppo di bulli armati e pericolosi minacciava letteralmente di uccidervi.
Ogni riferimento a I Goonies e Stand By Me non è puramente casuale, quella roba mi ha letteralmente cresciuta assieme ai E.T. – L’extraterrestre, i film di Bruce Lee per qualche ragione e alla fissa per la principessa Sissi e tutti i film di Barbie mai esistiti.
Ma torniamo a noi e a Stranger Things e ricapitoliamo brevemente e con pressappochismo cosa è accaduto in queste quattro stagioni e l’impatto o meglio l’importanza dei genitori in tutto questo.
Un gruppo di ragazzini che giocano a D&D tra una poppata e l’altra perdono l’amico Will in un una strana serata, inconsapevoli che sia stato rapito da un essere sovrannaturale che fantasiosamente soprannomineranno il Demogorgone perché chiaramente sono ragazzini col feticismo dei mostri e mica potevano chiamarlo con un nome carino tipo Charlie o che ne so Fiocco di neve, no Demogorgone. Certo, se l’avessero chiamato Fiocco di neve o Chiapparello, poi i Duffer Brothers avrebbero dovuto pagare i diritti a sua maestà Rita De Crescenzo, ma questa è un’altra storia.
Will sparisce, ma in cambio appare Eleven, una ragazzina con i superpoteri e lo stesso taglio che ti faceva tua madre quando a scuola giravano i pidocchi e che se si fosse trovata al cospetto di tua nonna si sarebbe sentita dire “ma come stai sciupata a nonna” che poi guardando qualcun altro nella stanza avrebbe aggiunto “è un po’ anemica la pcnenn (bambina) mo le faccio mangiare un po’ di carne di cavallo di Mario, mio cugino il macellaio, per mettere sangue” altro che gli Eggos.
A questa ricerca di Will, di cui sua madre realizzerà la scomparsa solo ore dopo, si succederanno una serie di strani eventi, le cosiddette “cose strane” da cui prende il titolo la serie: la scoperta dell’ingresso in una dimensione parallela chiamata il Sottosopra, il rapimento e la morte della rompiballe Barb che a differenza del ragazzino non è stata capace di sopravvivere perché totalmente inetta a vivere e capace solo di rovinare i tentativi di rimorchio dell’amica e ancora, la scoperta delle comunicazioni con il Sottosopra tramite le luci e Joyce, l’unico genitore con un ruolo in Stranger Things che tra un esaurimento nervoso e un pacchetto di sigarette e l’altro, cercava suo figlio.
Dopo una serie di peripezie, l’aggiunta di nuovi personaggi a questo gruppo di Ghostbusters, ma senza fantasmi e con i mostri, come il capo della polizia Hopper, Nancy e Jonathan, (piacevoli come una malattia gastrointestinale se chiedete a me) e una quantità di sangue esagerata persa dalle narici della povera Eleven, riescono a salvare Will. Tutto è bene quel che finisce bene… o no.
No perché proprio prima che la stagione si concluda, scopriamo che Will è indemoniato. O meglio è in contatto con un’entità del Sottosopra che ci fa capire – molto sottilmente *inserire sarcasmo qui* – che la caccia ai mostri non è finita. E di nuovo la vittima è Will, a sto giro gli tocca pure l’esorcismo, i Democani, il Mind Flayer, l’arrivo di Max e suo fratello tanto bono Billy, il glow up di Steve passato da essere il tipico str*nzo dei film americani, a un babysitter di un certo livello specializzato nel badare a ragazzini incoscienti che inseguono mostri per divertimento mentre i loro genitori sono totalmente inconsapevoli di dove si trovino e cosa facciano l’80% delle volte e qualcuno pensa solo a flirtare con il fratello bono/bagnino di Max, Billy. Tutto questo mentre Nancy e Jonathan continuano a fare schifo e il nuovo fidanzato di Joyce, Bob, interpretato dal meraviglioso Sean Astin, crepa male segnando la prima di una serie di morti che ci traumatizzeranno a vita. Grazie Stranger Things per fortuna c’è il bonus psicologo.
E poi ancora, il Mind Flayer torna a rovinare l’estate. Arrivano i russi perché non si può creare una serie tv o comunque un prodotto audiovisivo americano senza che i russi c’entrino qualcosa con la distruzione del mondo. Russi che inevitabilmente verranno sconfitti da valorosi eroi americani senza macchia e senza paura. Proprio come succede in questa stagione di Stranger Things, la terza. Sì perché i sovietici hanno creato una base in un centro commerciale posto nella cittadina più sconosciuta del mondo e vogliono riaprire la porta del Sottosopra, porta che sti poveri cristi ormai sull’orlo dell’adolescenza avevano chiuso.
E ancora l’arrivo di due nuovi personaggi a cui inevitabilmente ci si affeziona, Robin e Alexei e come è giusto che sia, così come sono arrivati, uno di loro deve crepare e crepa il povero e adorabile Alexei (qui l’altro personaggio che sarebbe dovuto morire nella quarta stagione). Viene introdotta nella squadra Erica, la sorella di Lucas, molto più divertente e interessante di un buon 90% di personaggi, compreso il fratello. E via all’ennesima lotta per salvare il mondo quando nessuno glielo chiede che termina nella morte di Billy e il sacrificio di Hopper che solo in questa quarta stagione di Stranger Things scopriamo essere ancora vivo e trovarsi prigioniero di chi? Esatto, proprio dei russi.
E arriviamo all’ultima stagione, quella forse più entusiasmante per i genitori di Hawkins che hanno avuto assai più spazio riuscendo – però – comunque a non concludere e a non capire un emerito beep. Sì perché in questa stagione dopo la morte di tre ragazzini e mezzo, di qualche giocatore di basket inutile e probabilmente di estrema destra, ma soprattutto dopo la morte di Eddie (qui 7 curiosità sull’attore che lo interpreta) il nostro valoroso eroe che non ha avuto nemmeno il tempo di prendere il diploma, questi geni dei genitori si sono bevuti la storia del terremoto.
E lì è sorta naturale e spontanea la domanda in me: ma la fuliggine che scende dal cielo, il grigiore dell’atmosfera con le sfumature rosse e blu e il decadimento istantaneo improvviso della natura non l’hanno visto questi, non gli è sembrato nemmeno un po’ strano? Ok che non c’era ancora l’Agenda 2030, la consapevolezza sul cambiamento climatico e tutto quello che volete, ma il vostro cavolo di mondo sembra Roma dopo l’incendio alla fabbrica di vernici di Monterotondo, col cielo grigio e sicuramente il fetore di morte e voi ve ne state tranquilli nelle vostre casette a guardare il telegiornale parlando del tempo e riempiendo scatoloni. Capite che è strana la cosa (gioco di parole non intenzionale).
È che proprio i genitori in Stranger Things sono fessi. Tutti tranne Joyce, Hopper e ovviamente Steve. Sì, Steve fa parte dei genitori e chi dice diversamente, mente. Facile viene il confronto tra questi esseri mitologici che non hanno mai la più pallida idea di dove siano i loro figli e cosa facciano e il tipico genitore italiano. Perché se io a dieci anni, ma anche adesso a venticinque faccio un passo in casa mia, mia madre – ovunque si trovi, anche al piano di sopra da mia nonna o due piani sopra da mia zia – saprà sempre ciò che sto facendo e si manifesterà all’improvviso e con una finta nonchalance per chiedermi: “Cosa stai facendo? Dove stai andando? Con chi? Ce l’ho il numero di questi amici? Chi è Nicola, il figlio dell’amica mia o l’amico tuo dell’università? Lasciami il loro codice fiscale, non si sa mai” nonostante conosca alla perfezione la risposta a tutte queste domande per scienza infusa e probabilmente del mio amico Nicola ha anche l’ISEE.
A dieci anni non potevo nemmeno pensare qualcosa senza che mia madre lo sapesse. “Non ci pensare proprio, non si mangia la Nutella la sera, poi non dormi” e io magari mi ero appena alzata dal divano senza ancora dare una direzione ai miei piedi, al mio sguardo o ai miei pensieri. Ma lei sapeva, sapeva. E allora figuriamoci se mi avrebbe lasciato andare in giro la notte a esplorare mondi paralleli e orripilanti senza che lo sapesse. Già me la vedo con le mani sui fianchi che “Vuoi andare nel Sottosopra? E vai nel Sottosopra ma se cadi e ti fai male ti disinfetto con l’acqua ossigenata e quella brucia e poi ti porto a fare l’antitetanica che è una puntura. Ce l’hai il giubbotto? Mettiti la sciarpa che là nevica cenere e ti ammali e se ti ammali lunedì a scuola ti ci mando lo stesso. Se ti sporchi le scarpe nuove quando torni facciamo i conti. Se ti attacca il Demogorgone e torni piangendo avrai il resto e a lui digli che chiamo sua madre, tanto la conosco e poi farà i conti con lei”.
Insomma, in questo marasma di cose assurde, tra mostri, personaggi assolutamente normali, ma più spaventosi dei mostri stessi e avventure appassionanti di cui non si può fare a meno, i più fessi sono senza ombra di dubbio i genitori. Ma che ci possiamo fare, in fondo, vogliamo bene anche a loro soprattutto perché può succedergli di tutto sotto il naso, avranno sempre quella meravigliosa capacità di non accorgersi assolutamente di niente e di procedere con le loro vite come se nulla fosse.