Attenzione: l’articolo contiene spoiler sulla quarta stagione di Stranger Things
Per gran parte della sua vita, Eleven Hopper non è stata che un numero. Quell’undici tatuato sul polso era tutto quello che le serviva sapere di sé, tutto quanto le era dato conoscere. Eleven era cavia, un esperimento così riuscito da risultare troppo prezioso, troppo pericoloso. Max Mayfield ha sempre vissuto una vita all’apparenza normale, eppure la sua solitudine di bambina era così estraniante da rendere il mondo un posto troppo doloroso in cui vivere. Max ed El arrivano a Hawkins per caso, poco più che bimbe, sperdute eppure spaventose, potenti e apparentemente inscalfibili. All’inizio dei loro rispettivi percorsi in Stranger Things, Eleven e Max sono due incognite, per noi, per gli altri personaggi, ma soprattutto per se stesse. D’altra parte chi può dire di conoscersi davvero a quell’età? Eppure, puntata dopo puntata, le due bambine crescono, obbligate dagli eventi a evolversi intorno al trauma, a ricostruire il sé tra le macerie di un dolore lacerante e le fondamenta di un amore inaspettato.
Nella quarta stagione di Stranger Things (che abbiamo recensito qui), il viaggio di El e Max, pur separate da centinaia di chilometri, prosegue in parallelo, mentre entrambe si trovano ad affrontare le conseguenze sconvolgenti del lutto. I sacrifici di Hopper e Billy hanno lasciato ferite profonde nell’anima delle due ragazze, che sommerse dai sensi di colpa per essere sopravvissute faticano ad adattarsi alla nuova normalità, a un presente in cui forse non ci sono (per il momento) mostri, ma in cui tutto ciò che appariva familiare improvvisamente sembra sbagliato.
Non importa quanto grata sia El di essere stata adottata da Joyce Byers, o quanto l’appoggio dei nuovi fratelli Will e Jonathan non le manchi mai, lontana da Hawkins e da Mike, orfana di Hopper e privata dei suoi poteri, la ragazza sembra aver perso ogni punto di riferimento. La sua identità inizia a confondersi sempre di più con quella di Jane, l’adolescente emarginata che si ritrova a essere in California, finché la repressione della rabbia per quel brutale distacco dall’unico posto che ha mai chiamato casa diventa tale da farle perdere il controllo, mettendo in moto una catena di avvenimenti che la riporterà in quel laboratorio da cui sperava di essere fuggita per sempre.
El torna nella sua prigione, ritrovando quella figura paterna che per la maggior parte della sua vita era stata l’unica parvenza di famiglia che avesse. Eppure ora tutto è diverso, perché Eleven ha avuto la possibilità di amare e essere amata, di combattere perché voleva farlo e non perché non conosceva un altro modo di esistere. Entra in laboratorio per ritrovare i suoi poteri e salvare quegli amici che l’hanno accolta senza mai vedere il lei un mostro, e anche se la sua volontà viene piegata da quello stesso padre fantoccio che non ha fatto altro che plasmare El per farla diventare un’arma invincibile, la sua forza non la abbandona mai, perché affonda le radici nella consapevolezza che la solitudine che la circonda è solo apparenza.
L’esistenza di Max Mayfield (interprata da una Sadie Sink in stato di grazia) è come sospesa dal giorno in cui quel fratellastro che pensava di odiare è morto. Il senso di colpa per la morte di Billy soffoca Max, che nella sua testa rivive costantemente gli eventi del finale della terza stagione di Stranger Things, incapace di accettare quanto è accaduto alla sua famiglia. Il trasferimento dei Byers, l’inizio del liceo, la fine della relazione con Lucas, l’addio del patrigno, la presunta scomparsa di ogni ingerenza dal Sottosopra, tutto per Max ha ormai perso di significato, della ragazza indipendente e sfrontata che avevamo imparato a conoscere non è rimasta che una pallida ombra. Eppure, nemmeno per un istante, Max rimane da sola, ed è proprio questo a salvarle la vita.
Fin dal primo istante in cui Vecna è comparso in Stranger Things abbiamo intuito che Max, isolata e traumatizzata, ne sarebbe presto stata vittima e vedendola così a pezzi, così restia ad aprirsi e lasciarsi aiutare, abbiamo avuto paura che non sarebbe sopravvissuta allo scontro. Il timore non ha fatto che acuirsi per tutta la durata di Dear Billy, un episodio di qualità stellare durante il quale vediamo la Max di Sadie Sink combattere non soltanto contro Vecna, ma soprattutto contro se stessa, contro quell’impulso di cavarsela da sola, di rifiutare le mani tese delle persona che la amano. Quei sei minuti finali, in cui la ragazza finalmente si rialza e affronta tutto il suo dolore e la sua solitudine, la corsa forsennata sulle note di “Running Up that Hill” di Kate Bush e l’abbraccio disperato di Lucas, rappresentano allora uno dei momenti più significativi di una stagione di Stranger Things quasi perfetta.
Lontane e sconvolte, Max ed El non possono fare affidamento l’una sull’altra, ma quell’amicizia profonda che le lega, nonché la vicinanza – fisica e spirituale – dei ragazzi di Hawkins e delle loro famiglie, diventano un’ancora di salvezza insperata nei momenti più difficili del loro viaggio. La quarta stagione di Stranger Things segna un punto di svolta per le due bambine diventate ragazze, perché entrambe si trovano ad affrontare le conseguenze dell’avere dovuto dire addio per sempre a un’apparenza di innocenza infantile.
Questo primo volume della quarta stagione vede Eleven e Max messe di fronte al fantasma delle solitudine e della perdita del sé, simbolico della fine di un’infanzia che non tornerà mai, ma che non hanno mai potuto vivere pienamente. Stremate, terrorizzate e mai così impotenti, le due amiche devono ricorrere a tutte la propria forza per resistere all’avanzare dell’oscurità.
Non sappiamo cosa la vita (e il secondo volume di Stranger Things 4) riserverà a Eleven Hopper e Max Mayfield, che durante questi sette episodi hanno dovuto sopportare il dolore straziante della perdita e il fantasma opprimente della solitudine, del sentirsi responsabili di tutto quanto di orribile è capitato loro. Forse nel loro futuro vi sarà ancora sofferenza, forse dovranno combattere ancora contro mostri reali e figurati, eppure qualcosa sembra suggerire che per loro il peggio sia passato. Ci piace allora immaginare che El potrà presto riabbracciare Hopper e che Mike non avrà più alcuna remora a dirle quanto la ami. Speriamo con tutto il nostro cuore che Max non si richiuderà in sé stessa, ma che lascerà che le persone che la amano la aiutino a sconfiggere i suoi demoni, anche quando lei pensa di non meritarselo. Soprattutto, vogliamo fantasticare sul momento in cui le due amiche si riuniranno e potranno godere di molti altri momenti di gioia e spensieratezza, nei quali potranno abbracciare senza più alcuna remora la loro vita, allontanato ogni timore che qualcuno possa portare loro via la felicità che tanto si meritano.