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Se solo potessi, farei un patto con Stranger Things

Stranger Things
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Il seguente articolo contiene spoiler su Stranger Things.

Quando una serie tv diventa fenomeno di massa i rischi attorno ad essa sono sempre gli stessi: scrittura e sceneggiatura più semplici per aumentare la fetta di pubblico interessata, riutilizzo di scelte andate a buon fine e freno a mano tirato in quanto a opzioni rischiose. È un cambio di marcia che il mercato globale rende quasi inevitabile se si vuole ambire a soddisfare più persone possibili – o meglio – se si vuole ambire ad attrarle. Per questo la quarta stagione di Stranger Things è arrivata con un così forte impatto nel mio 27 maggio: perché non segue queste regole, anzi, mi ha quasi dato fastidio.

Qualche anno fa la buona Mara Maionchi se ne uscì con una frase che mi è rimasta impressa: “Mi hai dato fastidio e quando si prova fastidio è perché si è di fronte a qualcosa di eccezionale“, credo che siamo nella stessa situazione. Episodio dopo episodio, questa quarta stagione è riuscita a stupire tutti nei modi più disparati e inimmaginabili. Non sono perché il prodotto è sembrato consapevole della gigantesca lore al suo interno o delle tantissime domande che i fan avevano in testa ormai da tre anni, ma perché Stranger Things 4 punta a essere interessante per il suo pubblico, non necessariamente per tutti.

Lo rende chiaro nel primissimo episodio

Stranger Things

La prima uccisione di Vecna, arrivata in coda al pilot della stagione, è una scena incredibilmente cruda e violenta. Tant’è che anche io, fan del prodotto e facilmente suscettibile a certe immagini, ho distolto lo sguardo da tutto. Non è un finale di puntata che vuole attrarre lo spettatore casuale, non è una scena che le nuove generazioni necessariamente apprezzeranno; è un messaggio diretto a chi ha seguito le prime tre stagioni da parte degli sceneggiatori stessi: “Siamo dentro tinte horror, siate consapevoli di ciò“.

Ed effettivamente funziona, perché da fan della serie mi sono comunque sentito ad andare avanti e accettare il cambio di tono per questa stagione. È stata una scelta azzardata, coraggiosa da parte di Stranger Things, ma incredibilmente consapevole su come tenere incollati allo schermo i suoi spettatori. Hanno messo in atto il percorso inverso dopo una seconda e terza stagione che possiamo ritenere molto più indirizzate ad ampliare il bacino di utenza della serie tv. Il tutto per narrare il racconto in un tono che possa esprimere al meglio quel finale che è alle porte e per il quale manca poco più di una stagione: una stagione e due episodi per essere precisi.

Si può fare solo un plauso

Nonostante la primissima parte incentrata sul bullismo scolastico di Undici sia sembrata quasi forzata e stereotipata, nonostante la situazione di scelta tra amici e popolarità ci abbia riportato a delle vibes molto simili a quelle della scorsa stagione, ci sentiamo assolutamente soddisfatti di una serie che sembra voler percorrere la propria strada senza bisogno di compromessi. Certo, la decisione di marketing di dividere la stagione in due parti – soprattutto interrompendo il climax verso il finale dato dalla rivelazione di 001/Vecna – è fortemente criticabile, ma qui stiamo parlando più di una mossa da parte di Netflix piuttosto che dei suoi sceneggiatori.

Siamo ormai in dirittura d’arrivo per il finale della quarta stagione a luglio e – stranamente – non provo alcun timore rispetto ai risvolti di trama. I venti minuti di “spiegone” attorno a Vecna nella settima puntata sono stati incredibilmente interessanti e ben motivati. Non stiamo parlando di un retcon fatto a posteriori per risolvere buchi di trama o errori imperdonabili: qui i fratelli Duffer hanno mostrato la mano di carte – o di pagine della sceneggiatura – allo spettatore. Abbiamo scoperto perché ogni mostro del Sottosopra abbia come obiettivo Undici, abbiamo scoperto come lei sia cresciuta e perché sia rimasta una delle poche sopravvissute agli esperimenti. Ci è stato spiegato per filo e per segno come siamo entrati in contatto la prima volta con questa dimensione e quale sia la vera minaccia che incombe su Hawkins.

Un patto con Stranger Things?

Parafrasando la canzone preferita di Max e sottofondo di una magnifica scena nel quarto episodio, il titolo vuole essere un sogno. Quel sogno di trovarsi faccia a faccia con gli esponenti di questa serie tv e stringere con loro un patto molto semplice: “Non cambiate mai”. L’unico e inevitabile modo nel quale – a oggi – Stranger Things potrebbe fallire è l’abbandono delle proprie idee. Ci vuole coraggio, ci vuole onestà intellettuale e ci vuole tanto amore per questo settore. Indipendentemente da cosa dirà la critica, da cosa chiederà il pubblico o da cosa spero io nel mio piccolo, Stranger Things deve fare le proprie scelte distaccandosi da tutto il mondo che la circonda.

Alcuni attori hanno detto che conoscono già il finale e hanno pianto: non desideriamo altro che provare quelle loro stesse emozioni quando vi assisteremo. Senza indorare la pillola, senza dare per forza il finale felice a tutti i personaggi, senza dover scendere a compromessi con le richieste dei fan da tutto il mondo. Questo non è un prodotto traballante che può imparare dalle critiche costruttive nella sceneggiatura; siamo di fronte a una serie tv che sa cosa scrivere e sta dimostrando di non aver paura a farlo. Deve continuare così per il bene dei suoi interpreti e dei suoi spettatori.

Prepariamoci a essere tristi, ma soddisfatti

Parliamo da fan della serie a voi fan della serie: probabilmente non tutti i personaggi sopravviveranno. Probabilmente non tutte le coppie che sognamo e sognate finiranno insieme e vivranno felici e contente. Uno tra Will e Undici sarà tagliato fuori dalla sua relazione dei sogni con Mike. Stessa cosa per quanto riguarda la situazione Jonathan-Nancy-Steve. Siamo di fronte a un prodotto su larga scala che ha mantenuto autorialità e decisioni impopolari, cambiando registro e genere durante le varie stagioni.

Per una volta tocca a noi fare un passo indietro e distinguere i nostri desideri da spettatori, dal bene per il prodotto stesso. Un po’ con l’amaro in bocca, un po’ voltando lo sguardo dall’altra parte, ma con la consapevolezza che siamo di fronte a un prodotto epocale. Negli ultimi anni siamo cresciuti insieme al cast e alla serie, rivivendo quelle sensazioni alla Goonies ed ET che ci sono rimaste impresse sin da bambini. Abbiamo avuto modo di assistere a una bellissima rappresentazione fanciullesca e adolescenziale degli anni ’80 e della nascita e diffusione dei giochi di ruolo.

Stranger Things ha regalato al pubblico un sogno bellissimo, con pregi innegabili e inciampi comprensibili e perdonabili quando si vuole ambire a tanto. Questa prima parte di quarta stagione è risultata appagante e familiare, come se questi tre anni fossero durati contemporaneamente un paio di giorni e un’eternità. Forse non abbiamo certezze sul futuro, non abbiamo sicurezze su come questo verrà raccontato, ma i Duffer ci han dimostrato a più riprese di saperci trasportare passo passo nel tempo e nelle dimensioni parallele. Qualche pagina in più di sceneggiatura non li spaventerà di certo.

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