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Zero è il Michele Apicella del XXI secolo?

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Perdita di un’illusione o delle illusioni, disinganno: al contatto con la realtà, la delusione è inevitabile. Diversamente da delusione, che ha valore più soggettivo, e indica il sentimento doloroso o comunque spiacevole di chi scopre a un tratto una realtà diversa dalle sue speranze o dalla sua aspettativa, la disillusione ha valore più oggettivo, indicando la cessazione, anche non traumatica, della possibilità di illudersi. Questa è la definizione fornita dalla Treccani alla parola disillusione, questa è la realtà che fa al caso nostro, che spiega al meglio il nostro caos. A questo proposito, sono arrivati loro, i due eroi della disillusione, il volto di questa parola che porta il peso della sofferenza: Michele Apicella e Zero. Fanno parte di due epoche diverse, e in comune non hanno altro che un’interiorità costernata, insofferente. Non vogliamo paragonarli a tal punto da dire che i due siano legati in modo indissolubile e ovvio, ma non possiamo negare una realtà effettiva: gli anni ’70 e i giorni nostri hanno conosciuto due facce della stessa medaglia con Michele Apicella, e Zero. Entrambi hanno svolto la stessa funzione, anche se in modi differenti, cercando di parlare di tutte quelle cose che pensiamo ogni giorno, ma che a volte non diciamo mai. Sono quotidiane, chiare, ci capitano sotto gli occhi con estrema normalità, eppure scappano quando dobbiamo parlarne. Stiamo zitti. Ed è proprio questo quello che non succede con Michele Apicella e Zero in Strappare Lungo I Bordi.

Strappare Lungo I Bordi

Michele Apicella e Zero sono stati creati da Nanni Moretti e Zerocalcare, e sono poi stati utilizzati da questi ultimi come alter ego, come un modo per dire quello che pensavano, senza però prendersi la responsabilità di farlo nella vita vera. Lo dicono all’interno di un mondo fittizio che rendono reale e normale grazie alla loro scelta di non tralasciare nulla, di non lasciar perdere alcun dolore ma anzi di riportarlo e spiegarlo, facendo comprendere che natura abbia davvero. I due – così disillusi e incapaci di trovare una via di fuga – si confrontano con tutto ciò che li attanaglia, utilizzando i personaggi secondari come mezzi per spianare la strada ai loro pensieri. Sono le persone a cui si rapportano lo strumento per ribattere, polemizzare, ribadire, spiegare. Ma cosa più importante, anche loro stessi sono degli strumenti. Come abbiamo detto, infatti, i due creatori di questi due personaggi hanno intenzionalmente creato un mondo fittizio fatto di cose reali, ed è proprio partendo da questo che hanno scelto di far star male i propri personaggi con se stessi: era tra loro la battaglia più grande, era tra loro il confronto più decisivo. Perché litigano e si trattano miseramente, e lo fanno mentre scendono sempre di più verso un abisso in cui li porta la loro coscienza, quella che non li lascia mai da soli, e che a ogni passo cerca di spiegargli come camminare meglio.

E attenzione: non sono due personaggi che ignorano le voci interiori, anzi. Partono da quelle, e poi ricostruiscono il puzzle. La causa del loro malessere – o comunque una tra le tante – è essere assolutamente consapevoli di star sbagliando, ma farlo comunque. Mentre compiono il passo falso, sanno già che sia tale, non lo scoprono dopo. Hanno un’intelligenza emotiva (e non solo) capace di fargli comprendere quello che spesso noi non capiamo, ed è questo che gli permette di formulare pensieri totalizzanti su ogni cosa, anche la più minima.

Zero a Michele Apicella hanno paura della felicità, la vedono precaria. Questo terrore li spinge a non andare avanti, a cedere prima. Quando pensano che una cosa non possa funzionare, fanno di tutto per non farla funzionare. Abbandonano gli altri per proteggersi dalla fine, da quella baraonda di emozioni negative che si abbattono sull’essere umano ogni volta che un ciclo giunge al termine, lasciandoci soli e inermi di fronte alla sofferenza.

Strappare Lungo I Bordi

In sintesi, questo è ciò che è successo: Zero e Michele Apicella sono la prova vivente che non importa l’epoca, o l’età. C’è una cosa che ci accomunerà sempre rendendoci simili, vicini. Non importa se siano gli anni ’70, o – oramai – il 2022. Per ogni epoca arriverà uno di loro, e si metterà al nostro stesso livello. Tra l’arrivo di Michele e quello di Zero si sono susseguiti cambiamenti. Il mondo di adesso non è più quello di prima. Eppure, grazie a loro, comprendiamo che possibilmente alcune cose non cambieranno mai, e sono quelle che hanno a che fare con l’animo umano, e con tutto quello che si porta dietro. Quindi sì: Zero è probabilmente il nuovo Michele Apicella, ma dopo di lui ce ne sarà ancora un altro. Un nuovo Michele, un nuovo Zero. Potrà succedere tra altri quaranta anni, e nel frattempo potremmo aver raggiunto altri grandi traguardi. Le fantomatiche macchine volanti potrebbero essere arrivate, e il teletrasporto potrà essere reale per farci spostare da un posto all’altro. Ma una cosa non cambierà: in quel viaggio – fatto di pochissimi secondi – riusciremo comunque a pensare a tutto quello che non abbiamo, immaginando nella nostra mente un posto differente da quello in cui stiamo andando. Perennemente insoddisfatti, continueremo nell’inquietudine di non sapere stare dove siamo. Ed è lì che che avremo bisogno di Michele Apicella e di Zero. E sarà lì che ne verrà fuori un altro, diverso, contemporaneo e frutto di questi due personaggi che sembrano senza tempo, perennemente adeguati a ogni epoca, anche se loro, di adeguato, non hanno niente.

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