C’è una scena che mi capita di vivere molto spesso. Quando conosco qualcuno e mi viene chiesto cosa faccio nella vita rispondo sempre che, tra le altre cose, scrivo di serie tv. L’interlocutore di turno a questo punto mi guarda e mi dice qualcosa di molto simile a “Wow, bello, e qual è la tua serie preferita?“. Io, eterna indecisa, non ho mai dubbi a riguardo e rispondo con fierezza: Streghe. A questo punto i casi sono due: molto raramente il mio interlocutore mi guarda con un grosso punto di domanda disegnato negli occhi; molto più spesso invece lo sguardo gli si illumina e io mi rendo conto di aver acceso una lampadina nella sua memoria. Una lampadina che è un ricordo, ma anche una nostalgia sopita che si risveglia. La conoscono, eccome se la conoscono: l’hanno amata, anche se fino a un secondo prima forse non lo ricordavano neanche.
Sono tante le persone, soprattutto nella generazione nata tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, alle quali sentir parlare di Streghe fa questo effetto. Lo fa a chi, proprio come me, l’ha vista durante l’infanzia facendone praticamente la propria prima serie tv, anche se ancora mi chiedo come sia possibile che tanti bambini fossero piazzati davanti alla tv mentre questa trasmetteva demoni e stregoni. Ma lo fa anche a chi all’epoca era già più grande, e le sorelle Halliwell le ha seguite tra la giovinezza e l’età adulta. Un effetto che stimola in me due reazioni contrastanti. Da una parte rosico pensando a quante persone abbiano un legame con una serie che sento davvero tanto mia, come se fossi l’unica a poterla amare come faccio. Sono possessiva? Sì. D’altra parte, però, sono anche orgogliosa di essere parte di un gruppo legato da un’emozione comune.
E se Streghe è riuscita a lasciare un segno così indelebile negli spettatori anche a distanza di oltre vent’anni, un motivo ci sarà.
Anzi, mi azzarderei a dire, ce n’è ben più di uno. Esiste una differenza sostanziale tra guardare una serie tv – fruirne in maniera più o meno passiva – ed esserne davvero appassionati, sentirsene parte attiva. È di questa seconda categoria che faccio parte io quando si parla di Streghe, e sono in buona compagnia. Certo, non c’è bisogno che qualcuno mi dica che non posso esserlo concretamente. Eppure quando una serie ci prende davvero accade qualcosa di strano, una sorta di magia: ci entriamo dentro, e ci sentiamo bene. Seguiamo i personaggi e ci sentiamo un po’ come se fossimo a casa nostra. E quando una serie tv diventa casa resta tale per sempre, mentre facciamo l’ennesimo rewatch ma anche anni dopo l’ultima visione. Molte serie ormai un po’ datate lo dimostrano e forse sarò un po’ di parte a dirlo, ma secondo me Streghe lo dimostra un po’ di più.
Sicuramente in questo l’aspetto temporale fa la sua parte. Streghe è andata in onda tra il 1998 e il 2006 – tra la fine del 1999 e il 2006 in Italia -, in un periodo storico nel quale la televisione e la serialità erano quanto di più lontano da ciò a cui siamo abituati al giorno d’oggi. Erano anni in cui i canali di cui si poteva fruire erano pochi – davvero pochi – e le serie tv come le conosciamo erano quasi una novità, con gli episodi a cadenza settimanale che diventavano un appuntamento familiare. Davanti alla tv ci si riuniva, si stava insieme, e ciò che si guardava diventava un po’ di tutti, un’esperienza condivisa. Ma se l’epoca storica ha certamente fatto il suo, a fare la differenza sono state la trama, la storia, le protagoniste e le modalità in cui sono state interpretate e raccontate.
Streghe fa parte di una serialità dalla profondità nuova.
I primi anni Novanta sono stati per la serialità, in particolar modo per quella statunitense, l’inizio di un’epoca nuova. Un’epoca fatta di temi contemporanei e profondità mai viste prima, della voglia di sperimentare ma anche della possibilità e della capacità di farlo. Streghe quest’ondata cominciata con titoli come Beverly Hills 90210 e Twin Peaks la coglie in pieno, la fa sua e le dà anche un’ulteriore spinta. Dalla drammaticità di una trama fantasy nella quale le vite delle protagoniste sono perennemente in bilico fa spesso capolino un tocco leggero, a tratti ironico, che rende la fruizione meno pesante e avvicina anche quel pubblico che, come la sottoscritta, ha visto in Streghe la sua prima serie tv. E senza particolari traumi infantili, aggiungerei. Per fare un esempio contemporaneo, una sorta di stile Stranger Things che, non a caso, è entrata dritta nel mio cuore per non uscirne mai più.
È con il suo stile tragico e a volte contemporaneamente comico che Streghe si fa portatrice di temi che all’epoca avevamo – e abbiamo ancora – bisogno di conoscere, trattare, sviscerare. Temi che hanno incuriosito gli spettatori e li hanno legati alla serie indissolubilmente. Si parla di bene e male, ma soprattutto di tutte le sfumature che ci sono nel mezzo, di chi non riesce a trovare la propria posizione tra uno e l’altro e di quanto anche per chi del bene si fa rappresentante possa essere difficile fare la scelta giusta. Lo si fa in modo sempre speranzoso e mai giudicante, anche nei confronti di chi più ci delude. Si parla di crescita, maturazione e responsabilità, della paura di perdere ciò che più ci sta a cuore. Si parla di famiglia, di quella che ci capita e di quella che ci scegliamo noi.
E proprio la famiglia, insieme alle protagoniste che le danno vita, trasforma la serie in qualcosa di più.
Prue, Piper, Phoebe e successivamente Paige si fanno portatrici di un legame che si trasforma in potere allo stato puro. Il Potere del Trio è l’unione familiare e d’intenti di tre donne che non sono esenti da litigi e incomprensioni solo perché sorelle, ma che alla fine sono sempre in grado di ristabilire ciò che conta davvero. Si amano con le loro differenze, anche quando non si sopportano o non sono d’accordo con le scelte altrui. Si amano anche quando una di loro diventa la moglie della sorgente di tutti i mali. Farebbero qualsiasi cosa l’una per l’altra, compreso sacrificare se stesse, e lo fanno davvero. Il loro è un affetto ancestrale, di quelli che non tutti hanno la fortuna di provare nella vita. Un affetto che va ben oltre il fatto che siano cresciute insieme, cosa dimostrata da Paige prima e da Billie poi.
È questo legame a trasformare le loro singole capacità e a renderle il Potere del Trio, una forza in grado di sconfiggere qualsiasi avversità. Una forza che è quanto di più femminista abbiamo visto nella serialità ben prima che di femminismo nelle serie tv si parlasse in questi termini. Prima che ne parlasse anche il suo stesso reboot. Prue, Piper, Phoebe e Paige sono quattro giovani donne nelle cui mani è racchiuso il destino del mondo intero. Capiscono come usare i loro poteri e imparano continuamente dai loro errori, cercano la forza dentro se stesse ma sanno anche chiedere aiuto all’occorrenza. Hanno paura e lo ammettono, a volte urlandolo a gran voce, e dalle loro paure poi ripartono. Non sono invincibili: sono forti perché umane, sia quando vincono che quando perdono. Sono una rappresentazione del femminile di cui, almeno per quanto mi riguarda, non avremo mai abbastanza.
Le protagoniste di Streghe ci prendono per mano e ci portano nel loro universo.
Per otto stagioni entriamo nel loro mondo e ne usciamo, se non un po’ cambiati, per lo meno con qualche riflessione in più. Ci entriamo dalla porta principale: quella di casa Halliwell. Quella che Prue alla fine della prima stagione chiude con un gesto della mano, ma che in realtà non viene mai chiusa davvero. La grande villa vittoriana è ben più di un nido familiare dal quale le protagoniste fanno fatica a uscire: è la più concreta rappresentazione del Potere del Trio, forse anche più della triscele. È sicurezza, famiglia, è portatrice di ricordi preziosi ai quali le sorelle spesso attingono prima di andare avanti nei loro percorsi. È, per l’appunto, Casa, quella con la C maiuscola di chi la vive con tutto il portato emotivo che si tira dietro.
Insieme alle sorelle la viviamo anche noi e, proprio come loro, facciamo fatica a uscirne. Ma, in fondo, va anche bene così: bisogna sempre tornare nei luoghi – e negli universi seriali – che ci fanno bene al cuore.