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Stumptown sfugge alle catalogazioni: è una scatola cinese di generi

Stumptown
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Attenzione: evita la lettura se non vuoi imbatterti in spoiler di Stumptown

Capita spesso di perdersi nei meandri delle piattaforme di streaming, confondersi tra le mille serie tv che abbiamo già visto e quelle che sono nella nostra lista da tantissimo tempo. Così, quasi per sbaglio, succede che a volte l’algoritmo funziona davvero. Immaginate di star vedendo per l’ennesima volta quella serie tv confortevole, che adorate e di cui sapete le battute a memoria. Finita per la cinquecentesima volta l’ultima puntata, Disney+ vi dice che c’è una serie simile che potreste vedere, si chiama Stumptown. La prima cosa che vi convince è la faccia rassicurante di Cobie Smulders. La seconda è quella di Jake Johnson. Quindi, la vostra serie comfort con ogni probabilità era How I met Your Mother o New Girl (in merito all’accoppiata vincente).

In ogni caso, vi si presenta davanti un’occasione rarissima: dare una possibilità ad un prodotto che non conoscete ma che ha al suo interno dei volti familiari. La prendete al volo perché, insomma, quando vi ricapita?

E così scoprite Stumptown, un poliziesco come non se ne vedono molti in giro. Un thriller se vogliamo, ma ironico e caparbio, unico e divertente a suo modo. Una serie non solo godibile ma anche sorprendente in molti modi diversi.

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A prima vista, mettendo play alla prima puntata, ci sembra di vedere una commedia degli equivoci. Complice forse il volto di Cobie Smulders, che associamo troppo facilmente a quello di Robin Scherbatsky (qui per approfondire i suoi ruoli dopo How I met Your Mother). Ma in Stumptown, Cobie Smulders è Dex Parios, l’investigatrice privata di cui non sapevi di aver bisogno. Dex è una donna enigmatica, a volte anche cupa, che ha un passato piuttosto tetro alle spalle. Ma che ha la grande abilità di rievocarlo in modo ironico e quasi dissacrante.

L’autoironia di Dex la porta ad ergere un muro davanti a sé, in quasi tutte le situazioni sociali in cui si imbatte. Tranne quando si trova con suo fratello Ansel, o con l’amico bartender Grey (Jake Johnson, che tutti conosciamo per il suo personaggio più geniale). Dex Parios è una ex Marine, è stata in zona di guerra come esperta di interrogatori e questo non smette di perseguitarla.

Una volta tornata a Stumptown, altro nome per dire Portland, decide (anche un po’ per caso) di intraprendere la carriera di investigatrice privata. Un modo come un altro di continuare a fare ciò che le riesce meglio: far uscire la verità dalle persone. L’unica verità che non riesce a far emergere sembra essere la sua. E quella di Benny.

Benny è il suo ex compagno, amore della sua vita, Marine come lei, morto in battaglia. Tra un caso e un altro, Dex scoprirà che la morte di Benny porta con sé dei misteri e che forse non è andata come tutti hanno sempre pensato. E il caso diventa anche personale. Aldilà dei casi in cui si imbatte, e della bravura come investigatrice, il personaggio di Dex Parios è unico nel suo genere. È una donna forte ma molto insicura, che fatica a prendersi sul serio. È un soldato severo ma anche una sorella dolcissima. Racchiude, insomma, una serie di contraddizioni che risultano altamente realistiche e che ci portano a rivalutarla continuamente, proprio come accade con la serie tv stessa.

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Il bello di Stumptown, infatti, è anche questo: non è semplice inquadrare il genere, non è facile capire cosa ci vuole raccontare e dove vuole andare a parare. Semplicemente lo fa, va avanti per la sua strada, con le idee molto chiare e una narrazione lineare. Siamo noi che, come Dex Parios, dobbiamo imparare a districare l’intreccio.

È un thriller ed è anche un poliziesco in piena regola, è innegabile. È sicuramente anche un crime drama. Ma è anche tanto di più.

Il focus di Stumptown è sempre su Dex Parios, esattamente come succede dal fumetto omonimo da cui è tratta la storia. È Dex che tira le fila del racconto e la serie lavora benissimo su questo meccanismo. Perché Dex è la protagonista, ma grazie a lei si dispiegano anche le vite di chi le gravita intorno. Tanto da rendere i personaggi secondari, spesso molto centrali.

Così impariamo a conoscere Grey, ex amante di Dex, e ora amico fidato. Ansel, fratello di Dex, affezionatissimo a Grey. Ma anche il detective Hoffman e la sua squadra. Per non parlare di Tookie. Dex Parios è il collante di molte vite, e risolve gran parte dei problemi di chi le sta attorno. Ciò che non riesce a fare è, come succede spesso, risolvere i suoi. Il disturbo post traumatico che si porta dietro da Kabul è solo la punta dell’iceberg che compone la sua vita sentimentale ed emozionale.

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Amante del gioco d’azzardo e delle serate alcoliche, Dex usa spesso degli stratagemmi per non pensare.

Ma dalla sua ha un forte intuito che la porterà inevitabilmente a cavarsela. Quasi sempre. Utilizzarlo come scudo protettivo non sempre le frutterà un risultato. Più spesso la metterà nei guai.

Stumptown è una serie tv poliziesca che non vi aspettereste di vedere. Non perché non segua una forte impronta crime. Piuttosto perché non è semplice trovare un thriller che sia al contempo anche divertente e autoironico. Stumptown riesce perfettamente a creare un equilibrio tra una drammatizzazione degli eventi e una narrazione leggera che non risulti superficiale.

L’ironia, quando viene usata, è ben dosata e sempre nei punti giusti. Il dramma, allo stesso modo, non è stucchevole né esagerato. Ha i suoi spazi dove infilarsi, per colpire e rendere il tutto più malinconico.

Il giusto dosaggio delle due istanze, rende Stumptown una serie da recuperare al più presto. Nonostante la sua triste chiusura, dopo la prima stagione. E dire che finisce con un cliffhanger succosissimo. Eppure, apparentemente causa Covid (molte serie hanno subìto lo stesso destino), Stumptown sembra non avere un futuro. Nonostante questo, il consiglio è di vederla e di farlo tutto d’un fiato. Intanto per entrare nei labirinti della mente di Dex Parios, ma anche e soprattutto per godersi al meglio la tensione che Stumptown sa creare. Perfettamente calzante con la narrazione poliziesca, come si diceva, Stumptown è in grado, infatti, di mantenere una forte suspence, laddove sia necessario.

Pare, quindi, essere il giusto dosaggio il segreto di Stumptown. O meglio, sapere dove inserire una determinata suggestione. In questo modo, lo spettatore non rimane mai né troppo annoiato né troppo stimolato. La narrazione continua lineare, senza grandi intoppi e la storia convince. Da ogni punto di vista. Soprattutto da quello dei personaggi. In Stumptown, infatti, sono i caratteri prorompenti dei suoi personaggi a fare la storia. Sono tutti, senza nessuna eccezione, uomini e donne complessi.

Tutti hanno un passato con cui fare i conti e tutti hanno qualcosa da nascondere. Tutti sono assolutamente imperfetti e tutti sono indissolubilmente legati tra di loro.

Non per forza dal susseguirsi degli eventi, quanto da una sorta di destino comune. Così un poliziotto e un ex galeotto possono essere complici, un’investigatrice e un paninaro possono collaborare. Tutti sotto il grande ombrello del dolore comune. Quel dolore che tutti conoscono, in un modo o nell’altro, e che forgia tutti, in un modo o nell’altro. Stumptown è un inno al dolore umano, alla complessità umana e anche alla ricerca di una felicità spesso troppo idealizzata. Stumptown vede il mondo, attraverso gli occhi di Dex Parios, con la lente del realismo ma sogna di poter migliorare, qualsiasi cosa voglia dire.