Siamo giunti al cuore pulsante della storia, il trampolino di lancio verso l’ultimo atto, il gran finale di questa seconda stagione di Suburra. ll quinto e il sesto episodio sono conditi da un susseguirsi di importanti avvenimenti, frame dopo frame, senza esclusione di colpi. Il punto di non ritorno è stato raggiunto e adesso, in Suburra, ogni personaggio è dentro fino al collo negli affari della malavita.
I toni si fanno scottanti, le scelte diventano sempre più difficili, e i personaggi arrivano a scoprire parti di se stessi che mai avrebbero pensato potessero esistere. Ognuno usa le armi che ha a propria disposizione per il controllo di Roma, e lo fanno, senza alcun freno per niente e per nessuno. Dopo l’aberrante e tragico incidente nel campo profughi di Ostia, per mano di Samurai, lo stesso Cinaglia comprende fino in fondo le regole del gioco.
In queste due puntate di Suburra abbiamo in Cinaglia il ritratto più crudo e dissacrante della politica italiana, quel retroscena che nessuno di noi vorrebbe mai credere che esista. Invece purtroppo esiste, e Suburra ce lo racconta senza mezzi termini. Far apparire come reale ciò che reale non è, costruendo con perfezione una tragedia utile per manipolare il popolo. Con questo scopo Amedeo alza sempre di più il livello dell’ambizione e della cattiveria, per tentare di far vincere la destra al ballottaggio, sfruttando la paura dei cittadini romani.
In questo teatro dell’orrore Aureliano è inarrestabile. Il nostro protagonista dimostra al suo avversario, anche e soprattutto a seguito dei tragici incidenti delle scorse puntate, di essere ancora in gara. Lui è al comando di Ostia e chiunque non lo segua finisce per pagarne le conseguenze. Se nel quinto episodio lo dimostra con piccoli ma decisivi atti di violenza, nella sesta puntata esplode, combattendo una vera e propria guerra tra bande per le strade della città.
Spadino è ormai una persona diversa dal ragazzo che abbiamo conosciuto nella prima stagione. Sebbene il suo carattere sia rimasto invariato, la presa di coscienza definitiva dei suoi desideri e della sua omosessualità lo rendono più determinato. Con questa grinta getta credibili presupposti per ottenere un comando solido sulla famiglia.
Il caos di eventi travolge tutto e tutti, una macchina assassina che falcia svariate vittime. La morte infatti è onnipresente in tutta la stagione ma soprattutto in questi due episodi. Una Suburra spietata la quale dopo Livia Adami strizza l’occhio ad altri personaggi importanti, tra cui Romolo, braccio destro di Aureliano. Si percepisce il pensiero di una chiusura definitiva di alcuni capitoli e il desiderio di rendere questa stagione più diretta e brutale della precedente.
Come accennato in precedenza, alcuni personaggi superano un limite individuale, il quale a livello narrativo rappresenta l’upgrade evolutivo necessario alla sopravvivenza dello stesso. Angelica decide di avere un ruolo attivo al fianco di suo marito Spadino. Cinaglia gioca con la vita delle persone pur di ottenere i voti che gli servono. Aureliano uccide con brutale violenza chiunque osi mettersi tra lui e il suo scopo. Ma il vero punto focale, il concreto occhio del ciclone è lui: Gabriele Marchilli.
Gabriele è il risultato di una vita irrecuperabile, errori troppo grandi che si porta sulle spalle come macigni. L’evoluzione del suo personaggio e i segreti nascosti nel suo animo sono forse la cosa più interessante di questo intermezzo di stagione, quesiti affrontati con una lucida ricercatezza. Nel quinto episodio abbiamo un Gabriele difeso da una corazza che si è costruito per necessità, apparentemente infrangibile. Non viene scalfito da niente e da nessuno, persino di fronte alla pericolosa operazione di indagine che lo vede coinvolto. Non solo riesce a gestirla ma al contempo la trasforma in un’arma a suo vantaggio. Un’arma che nelle sue mani distrugge quella corazza infrangibile e, con incontrollata ira, uccide senza pietà e senza rimorso.
Brutale come la chiusura del quinto episodio, ma psicologicamente molto più forte, Gabriele mostra una scintilla di quello che ormai è diventato. Un assassino che non ha nulla da invidiare ai suoi soci in affari e che presto potrebbe essere decisivo per le forze in gioco. Non è più solo il poliziotto ricattato, è la rassegnazione e la morte di quella parte di umanità che tentava di aggrapparsi con foga alla sua anima ormai (forse) persa per sempre.
Una scena muta ma densa di milioni di parole e composta da pochi maledetti secondi che caratterizzano la chiusura del sesto episodio di Suburra. In macchina Spadino si rende conto di non conoscere realmente il suo socio, e viene inoltre a conoscenza di una scomoda verità su di lui. Secondi che sembrano interminabili e descrivono con assordante silenzio la percezione di un’amara e triste conclusione.
La macchina sfreccia verso i titoli di coda velocemente, alla stessa velocità con cui i fatti sono accaduti, incontrollabili e anche imprevedibili. Se però tutto ciò da un certo punto di vista è positivo, donando pochi momenti morti allo spettatore, d’altro canto è pericoloso. Non si respira a pieno quell’empatia e quell’emozione di cui trasudava la prima stagione, quella ricercatezza di analisi per ogni personaggio.
Mancano ormai due puntate alla fine della stagione e probabilmente quel che dovremo aspettarci sarà una lunga corsa verso il finale. Il ciclone sfumerà all’orizzonte e tutto ciò che si è lasciato dietro verrà illuminato da una pallida luce. Macerie in cerca di un re. Un sovrano che non tarderà ad arrivare.