Attenzione: articolo con spoiler su Suburra!
A primo acchito – o forse sarebbe più azzeccato dire a prima nota – Tha Supreme passa come l’esponente più tradizionale di quella trap che negli ultimi anni si è presa il centro della scena musicale italiana. Eppure nei beat che compone si mescolano sonorità che rendono i suoi brani molto più vicini al pop e alla musica leggera di quanto non siano quelli degli altri rappresentanti del genere. Insomma, classificare la musica di thasup non è un’operazione scontata come potrebbe sembrare, e forse è proprio per questo che il giovanissimo producer romano è riuscito a elevarsi al di sopra della concorrenza e a guadagnarsi collaborazioni di lusso e primati di vario genere: perché è qualcosa di diverso.
Lo è anche nel modo in cui si presenta, o meglio, non si presenta al pubblico. Non si tratta tanto della scelta di non mostrarsi (in questo sarebbe un semplice emulatore di quel Liberato la cui identità è notoriamente celata dietro a un cappuccio), quanto di quella di digitalizzare la propria immagine, riversandola in un avatar creato ad hoc per video musicali ed esibizioni virtuali. Nell’immaginario collettivo, Tha Supreme è la felpa viola e le scarpe spaiate che vediamo addosso alla sagoma animata il cui stile ricorda estremamente da vicino l’estetica di Rick and Morty. L’aureola e il paio di corna che ne coronano il capo formano un connubio che si pone anch’esso oltre alle catalogazioni, al di là di una concezione di bene e male dualisticamente intesa.
La lettura del testo di Grazie a Dio, brano registrato nel 2016 e divulgato tramite leak nell’estate del 2019, consente di rintracciare quelli che sono i capisaldi dell’universo tematico della trap. In mezzo alle vocali dilatate e alle frasi dalla sintassi totalmente decostruita si staglia una serie di immagini e di suoni dal valore paradigmatico: i contorni di purple meches che rimandano alla lean, la droga fai da te cantata in coro dal mondo trap, e il rumore di soldi che tintinnano nell’atto di accumularsi.
Soldi facili e bella vita: esattamente gli obiettivi che i protagonisti di Suburra si propongono di perseguire. Spadino e Aureliano non rappresentano un’eccezione. Non in questo, almeno.
L’ombra gettata sul loro rapporto dalla versione cinematografica di Suburra, versione a cui si credeva che la serie Netflix facesse da prequel (ma alla fine non è stato così), arriva come una conferma non necessaria dell’esito a cui ci si aspetta di veder giungere due criminali educati alla violenza e alla competizione. L’influenza delle rispettive famiglie, le ambizioni da coltivare, i din din din da accaparrarsi attraverso il controllo dei loschi affari della Capitale: i fattori pronti a mettersi tra di loro sembravano essere troppi per non portare a una rottura, eppure gli sviluppi a cui abbiamo assistito in Suburra (com’è andata l’ultima stagione? Ve lo raccontiamo qui) hanno disatteso le previsioni più ovvie.
Dalla collaborazione quasi casuale che si ritrovano a intraprendere quando gli si presenta l’occasione di ricattare Monsignor Theodosiou, Spadino e Aureliano arrivano a costruire un rapporto che trascende totalmente la logica della convenienza che la fa da padrona negli ambienti in cui sono cresciuti e che per prima li aveva portati a unirsi. La fratellanza da cui sono accomunati si distacca da quella sancita dal codice della malavita, dettata da interessi comuni e posta in scadenza dal venir meno degli stessi, e va a collocarsi su un piano strettamente privato e personale. Lo scarto non li spinge solamente ad allontanarsi da un certo sistema di valori, ma li porta addirittura a rovesciarlo.
In una vita scandita da pericoli ed eccessi, Aureliano e Spadino diventano una reciproca fonte di equilibrio e di stabilità, una costante che si mantiene fissa mentre tutto il resto finisce e passa.
Bro va tutto bene bene grazie a Dio
Sono tanti i momenti di Suburra in cui Aureliano e Spadino se lo dicono a vicenda con le rispettive azioni. Proprio come thasup sembra emanare un sospiro di sollievo in corrispondenza di quel verso, allo stesso modo quei momenti paiono stabilire una tregua nel vortice di eventi da cui Aureliano e Spadino vengono risucchiati.
Va tutto bene è il messaggio che Spadino lancia ad Aureliano quando lo affianca sulla sabbia dopo la morte di Livia e che Aureliano gli rigira durante la crisi in cui Spadino sprofonda per non essere riuscito a uccidere Manfredi, assicurandogli che se ne occuperà lui al suo posto.
Va tutto bene è ciò che Spadino dice persino quando Aureliano è a un passo dalla morte, attraverso quel “Non è niente. Stai bene” che prova disperatamente a negare gli effetti delle pallottole a cui Aureliano si è esposto per salvarlo. Ed è proprio in questo sacrificio che il ribaltamento avviene. Nel momento in cui avrebbe potuto reclamare la posizione di comando a cui ha sempre aspirato, Aureliano decide di mandare tutto all’aria e di correre a sventare la trappola di cui Spadino sarebbe rimasto vittima senza il suo intervento.
Con questa scelta Aureliano dimostra di esserci per Spadino proprio come Spadino c’è sempre stato per lui: in maniera devota e incondizionata, nonostante i presupposti sfavorevoli da cui la loro amicizia è partita e gli ostacoli che ha dovuto affrontare.
Ti ricordi quando mi hai detto che t’ho cambiato la vita? Pure la mia è cambiata. E te ci sei sempre stato. Non m’hai accannato mai, manco quando non ci stavo a capì un c***o, manco quando ti ho mandato a f*****o. Ti voglio bene, Spadì.
Spadino e Aureliano si sono dimostrati qualcosa di diverso da due criminali di clan rivali pronti a pugnalarsi alle spalle alla prima occasione, qualcosa che si pone al di là delle classificazioni manichee a cui i prodotti come Suburra ci hanno abituati. È in questa diversità che risiede la loro cifra distintiva, quella che ha contrassegnato non soltanto le loro parabole, ma anche l’intero corso della serie.