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Dateci un altro po’ di Kieran Culkin perché ci manca già

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Da quando è arrivata alla sua conclusione, tutti ci sentiamo orfani di Succession. Eppure quasi nessuno riesce davvero a immedesimarsi nelle vicende mostrate dalla pluripremiata serie drammatica ideata da Jesse Armstrong, né tanto meno nei suoi personaggi, considerati il più delle volte spregevoli o persino sgradevoli. Cosa ci spinge allora a sentirci così visceralmente attratti da questa disfunzionale famiglia miliardaria? La risposta è da ricercare nella complessità di ogni singolo personaggio, nell’incredibile arco narrativo coerentemente delineato per ognuno dei protagonisti sin dalla prima scena e, soprattutto, nel ritratto della natura umana che ciascuno di essi incarna. Finiamo dunque per sentirci vicini a Kendall Roy (Jeremy Strong) nonostante le sue dipendenze (affettive e non), nonostante le sue gesta, nonostante non sia così diverso dal padre che disprezza; sentiamo di poter comprendere Shiv (Sarah Snook) giustificandone gli inaccettabili tradimenti e l’inesauribile sete di potere, ci sentiamo persino legati a un personaggio ripugnante come Roman Roy (Kieran Culkin), tremendamente umano nel suo masochismo voluttuoso e nella sua lecita paura del fallimento che tenta di mascherare con ogni mezzo a sua disposizione. Roman Roy è un comico nichilista che preferisce prendere tutto come uno scherzo che scoprire che nessuno lo prende sul serio; è stravagante, teatrale, smodato, non-ignorabile. Proprio per questo è tra i Roy quello che ha più bisogno di essere disciplinato, venendo umiliato con grida o percosse da suo padre Logan (Brian Cox) anche in pubblico. La risposta di Roman arriva quasi sempre in modo immediato, ferendo e colpendo a sua volta tutti coloro che sono a un livello gerarchicamente inferiore, urlando contro gli impiegati o mortificando suo cugino Greg (Nicholas Braun), infliggendo agli altri quell’umiliazione pubblica che teme costantemente di provare, non sentendosi mai all’altezza degli altri potenti membri della famiglia.

L’insicurezza di Roman Roy è visibile nella sua manifestazione esterna, nel suo mangiucchiarsi le unghie o torturarsi le orecchie e i capelli; la paura di sbagliare e di essere riconosciuto come la pecora nera della famiglia, l’incapace o quello debole, è ciò che gli fa credere di meritare di essere dominato. Roman Roy non riesce a fare i conti con il suo universo interiore, trasforma tutto in un gioco per non affrontare le proprie emozioni, preferendo esibire una personalità di facciata che mascheri i suoi meccanismi di difesa contro qualsiasi sentimento reale, poiché la vita per lui non è altro che il costante tentativo di essere il criminale piuttosto che la vittima.

È soprattutto in questa complessa sensibilità di Roman Roy che è possibile scorgere tutta la potenza narrativa e l’ineccepibile scrittura di Succession, e ancor di più l’incredibile talento del suo interprete Kieran Culkin, l’unico in grado di dar vita alle mille sfaccettature psicologiche del suo personaggio.

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Jeremy Strong e Kieran Culkin- Succession 4×10 (640×360)

Kieran Culkin è perfetto nella mimica, nel linguaggio non verbale e in ogni singola micro espressione messa in scena nel corso delle quattro stagioni di Succession, il solo capace di racchiudere in uno sguardo una tra le più intricate personalità mai arrivate sul piccolo schermo. Persino la sua fisicità minuta contribuisce a delineare al meglio il complesso di inferiorità di Roman Roy, e i suoi tentativi di innalzarsi al livello di tutti gli altri. Ma la paura di di sbagliare riesce a frenare persino questa volontà, motivo per cui il più delle volte finisce per inseguire obiettivi impossibili per deresponsabilizzarsi in caso di (temuto) fallimento, nascondendosi dietro agli altri perché senza la sua famiglia sarebbe una persona qualunque. Il potere economico di Roman è infatti dato unicamente dal suo cognome e, per estensione, da suo padre. Ecco che la sua approvazione diviene dunque essenziale e, per ottenerla, Roman sceglie di appoggiarlo anche a discapito dei fratelli o, al contrario, di usare contro di lui parole oscene che lo facciano apparire duro ai suoi occhi, alimentando ancora e ancora quel circolo vizioso di umiliazione/punizione/masochismo nel quale sente di dover restare.

La paura di perdere suo padre nonché colui che lo rende ciò che è, va di pari passo alla paura del fallimento essendo le due cose perfettamente concatenate; mentre però il fallimento è mascherato dall’ironia, la paura della morte è celata dietro a quell’assurda convinzione di essere psicologicamente pronto e pre-addolorato per la sua dipartita. La morte del padre è avvenuta così tante volte nelle sue più oscure paure da credere di averne già superato la parte peggiore: l’incontrollabile imprevedibilità dell’evento. Purtroppo però arriva sempre il momento della resa dei conti e per Roman Roy questo avviene nel modo più brutale possibile, attraverso il più toccante crollo psicologico a cui Succession abbia mai dato vita, e in una delle interpretazioni più memorabili dello straordinario Kieran Culkin.

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Kieran Culkin – Succession 4×09 (640×360)

I problemi con il narcisismo di suo padre sono accompagnati da un rapporto altrettanto complesso con sua madre, il cui distacco fisico ed emotivo accresce la sua intrinseca convinzione di non meritare l’amore, come dimostrano gli inusuali rapporti sentimentali intrapresi da Roman con qualsiasi donna l’abbia accompagnato. Tra le relazioni più tossiche e disturbanti per i telespettatori c’è sicuramente quella con Gerri (J. Smith-Cameron), nella quale ricerca e compensa la mancanza di una figura materna, una guida che lo indirizzi nelle sue scelte, che legittimi le sue azioni e che lo umili e disprezzi quel tanto che basta per ricordagli che non è abbastanza per quel mondo che non si è mai guadagnato da solo.

L’abuso verbale che richiede egli stesso alla donna è il modo attraverso cui prende il controllo del suo trauma e della sua paura dell’umiliazione, trasformando quel dolore in piacere: chiedendo di essere abusato, smette di essere una vittima.

Il finale di Succession e della successione ha per ognuno dei protagonisti una valenza diversa; tuttavia Roman Roy è l’unico ad aver perso tutto poiché privato della sua famiglia, della corsa a un potere che non ha mai desiderato davvero se non per dimostrare di potercela fare (“it could be me”) e per sentire di potersi meritare, finalmente, l’approvazione e l’amore che non ha mai ricevuto.

“Penso che non solo ami sinceramente la sua famiglia, ma che ne abbia bisogno. Ora che è tutto finito e lui è fuori, e loro sono tutti fuori dal giro: quando li rivedrà? Chi ha? Non ha nessuno. Ecco tutto. E i fratelli sono là fuori, da qualche parte. E non è che si riuniranno per una birra. È molto solo. Ha mai visto Roman con un amico?”

Kieran Culkin sul finale di Succession

Se Kendall Roy viene privato (solo) del suo ruolo nell’azienda, Roman perde se stesso e tutto ciò che fino a quel momento è stata la sua persona; sebbene in qualsiasi guerra fratricida non esistano vincitori né vinti, Roman Roy privato di tutto è l’unico a poter guadagnare qualcosa, ciò che gli è sempre mancato anche nella ricchezza: Roman Roy è libero di (ri)cominciare a essere davvero se stesso, di riprendere le redini della propria vita senza che nessuno gli dica cosa fare. Roman Roy è l’unico vincitore morale di una vicenda della quale ci sentiremo per sempre orfani poiché privati – a nostra volta – del talento di Kieran Culkin, almeno per un po’.