Attenzione, l’articolo contiene spoiler sia di Succession, sia di Game of Thrones.
Spietati, arrivisti e perversi. Consumati dal potere. Subdoli, infelici e incuranti del mondo reale che li circonda. No, non parliamo della casata dei Lannister, bensì di quella dei Roy. Una tra le prime impressioni che sfiora lo spettatore sin dalle prime puntate di Succession, probabilmente, è la somiglianza che la dark comedy ha con le dinamiche di Game of Thrones. Entrambe figlie legittime di HBO, una nasce dal genio di George R. R. Martin quando guardava le sue tartarughine lottare per il Trono di Tartaruga, l’altra, invece, nasce da quello di Jesse Armstrong, Will Ferrell e Adam McKay mentre guardavano i conglomerati mediatici fare a pezzi il nostro mondo. Non vogliamo certo comparare una delle famiglie protagoniste di Game of Thrones con quella di Succession, (una serie tv che starebbe benissimo nel Pantheon della Golden Age). Sebbene Tywin Lannister (Charles Dance) ricordi molto Logan Roy (Brian Cox) e Roman (Kieran Culkin) nutra delle curiosità sessuali nei confronti di un parente di primo grado, nessuno dei personaggi principali della dramedy trova il suo esatto corrispettivo nel fantasy. È l’essenza delle famiglie e la riflessione sugli effetti del potere a essere tragicamente affine. Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo, diceva il vecchio Lev Tolstoj. Ovviamente non aveva avuto ancora modo di conoscere né gli uni né gli altri.
I Roy e i Lannister: due famiglie consumate dal potere
Disgraziati dunque, come direbbe Tolstoj, ma esattamente allo stesso modo. Gli effetti di chi brama il potere più di ogni altra cosa, purtroppo, finiscono per travolgere le persone alla stessa triste maniera. Tuttavia, mentre nei Roy tutti ne sono offuscati, nei Lannister sia Tyrion che Jamie sembrano essere immuni al potere. Entrambi hanno commesso delle malefatte, certo. Ma nel profondo conservano un animo candido e sanno quale sia la scelta giusta, a costo di andare contro i propri cari. Cersei e suo padre, al contrario, hanno tanto in comune con Logan. Così come gli aspiranti al Trono di Spade, prima fra tutte Daenerys Targaryen e chiunque abbia desiderato ardentemente sedervisi sopra a discapito di tutto. Entrambe le serie sembrano dimostrare che l’unica persona degna del trono è chi non vuole sedervisi.
Il trono dei Logan e quello dei Sette Regni (e l’anello di Frodo) esercitano la stessa influenza perversa. Come un magnete, più ci si lascia sedurre, più si viene affascianti dalla sua forza attrattiva, più si perde la misura di ciò che è giusto. Le conseguenze sono sempre drastiche. Possono determinare la distruzione di interi villaggi o quella dello scenario socio-economico contemporaneo. Le conseguenze e gli sconvolgimenti della politica aziendale della RoyCo, infatti, provocano sul mondo gli stessi danni sconsiderati che le guerre per il trono provocano in Game of Thrones. Ma i Logan, le Cersei, i Tywin e gli Aerys II hanno una responsabilità ancora più grave: quella di aver danneggiato la propria discendenza, cioè il proprio futuro.
Il potere logora chi non ce l’ha, diceva l’uomo con il potere
Nessun personaggio di Succession è intrinsecamente buono o cattivo: è il potere che lo corrompe. E più ci va vicino, più rischia di venirne irrimediabilmente consumato. Kendall oscilla tra la spietatezza di Cersei e il buon senso di Tyrion, ma si perde come Daenerys. Siobhan Roy (Sarah Snook), invece, sembra compiere la stessa identica parabola discendente di Daenerys Targaryen (Emilia Clarke). Entrambe mosse da ideali nobili e dalla voglia di cambiare in meglio il mondo, si ritroveranno schiacciate dagli stessi ingranaggi che volevano arrestare. Succession però non è ancora finita. C’è ancora una quarta stagione da divorare e Shiv potrebbe “rinsavire”. Ma a giudicare dal pessimismo della dramey è altamente improbabile. E sarebbe alquanto deludente. L’eccentrico Connor – cioè colui che sembrava estraneo alle lotte per il trono – finirà a inseguirne uno ancora più grande, quello posizionato al centro della stanza ovale. E se dovesse ottenerlo, diventerebbe un autentico Re Folle. Roman – il figlio più infido e vigliacco, una sorta Joffrey Baratheon con il complesso di Edipo – sembrava non voler far parte del teatrino, invece vi finirà impantanato senza sapere di esserci finito dentro. Nonostante si riveli di puntata in puntata un personaggio con molto più buonsenso di quanto egli stesso crede di avere.
Non sono una femminista radicale, papà, ma penso che forse non dovremmo licenziarla per aver ricevuto le foto del mio c***o
Roman
Un parricidio e un fratricidio continuo e inconcludente
Sembra che tutti i fratelli Roy siano interessati a rivalersi sul padre, e tra loro stessi, piuttosto che guidare l’azienda. Un compito di cui nessuno è veramente all’altezza. Tutti i protagonisti di entrambe le casate (ma anche i Targaryen), in fondo, sono vittime di un padre tiranno, che amano e odiano allo stesso tempo. Logan Roy non è al meglio delle sue forze. È invecchiato, confuso, perde i colpi e, come dicono i suoi figli, domani potrebbe vendere l’azienda per un dollaro. Mentre creava una macchina da guerra finanziaria, sfruttando l’era d’oro dei media, quando le notizie macinavano grano, non si è preoccupato di controllare come crescevano i suoi figli. Forse li ama, ma non li stima. Non si tratta di governare i Sette Regni o il conglomerato mediatico. Si tratta di dimostrare a coloro che c’erano prima di noi che possiamo fare molto meglio di loro. Per chi c’era prima di noi, invece, si tratta di dimostrare che non riusciremo mai a farlo tanto bene come hanno saputo fare loro.
La successione, il passaggio di testimone, dovrebbe essere un atto spontaneo e naturale. In Succession, invece, è una farsa grottesca e mediocre di persone annoiate e boriose. Né i Lannister, né i Roy, ma tantomeno i Targaryen, hanno a cuore il mondo che li circonda. Il loro interesse è rivolto sul loro mondo ristretto, piccolo tanto quanto uno yacht miliardario o la sala del trono. Un luogo con una vista privilegiata, dove tramano e ordiscono piani al solo fine di dimostrare chi di loro vale di più, se la vecchia o la nuova guardia. La loro arroganza e il loro menefreghismo però non restano solo in famiglia, ma inquinano il mondo dove viviamo anche noi disgraziati.
Sai qual è il bello di essere ricchi? Che è f**********e straordinario. È come essere un supereroe, solo meglio. Puoi fare quello che vuoi. Le autorità non ti possono toccare. Vesti un costume, ma è disegnato da Armani
Tom Wambsgans
In Succession mancano i draghi
Succession raccoglie la lezione di Game of Thrones, ma infrange l’ultimo bagliore di speranza. Nel fantasy i re e le regine folli vengono decapitati, avvelenati o accoltellati. Nel dramedy, invece, vengono nutriti, assecondati e portati in spalla in trionfo. Sono inarrestabili e si moltiplicano fondendo imperi, muovendo capitali e comprando il silenzio di chi vorrebbe parlare. Nella serie sviluppata da Weiss e Benioff c’è un equilibrio, seppur sottile, tra gli Eddard Stark e le Cersei Lannister, i Jon Snow e le Daenerys, le Sansa e i Ramsay Bolton. In Succession i Ramsay e le Sansa convivono nella stessa persona. Come in Roman, che è danneggiato e danneggia allo stesso tempo. Ma soprattutto, qui non c’è nessun Varys a riequilibrare i giochi di potere. E non c’è nessun drago a dire: e mo’ ve lo brucio ‘sto trono. Chi è ricco, sarà sempre più ricco e potrà comprare sempre più ricchezza, e dunque potere. I comuni mortali, quelli che vivono nel mondo che i Roy calpestano a loro piacimento, continueranno a vivere nel timore e nella riverenza; avranno sempre meno voce, meno ricchezza, e quindi meno potere. Chi ha il coraggio di alzarsi in piedi, alla fine, viene sempre messo a tacere con qualche manciata di spiccioli. Nel mondo dei Roy anche i Greg e i Tom si lasciano corrompere e abbagliare dal luccichio di un seggiolino scomodo, seppur vicino a quella sedia. Magari la Waystar Royco scomparirà alla morte del patriarca, ma ne arriverà un’altra. Avrà un altro nome, ma sempre le stesse intenzioni sconsiderate ed egoiste. Magari nascerà proprio dalle ceneri del conglomerato stesso perché la ruota che Daenerys voleva arrestare, in Succession è inarrestabile.
I Lannister e i Roy hanno tanto potere, ma sono smarriti e infelici. Hanno tutto, ma all’interno sono vuoti, consumati. Potrebbero usare la loro influenza per compiere delle azioni più nobili e altruistiche. Invece vivono in una dimensione scollata dalla realtà dove, ai nostri occhi, tutto appare come un capriccio infantile e superfluo, ma pericoloso. Un gioco delle sedie, impantanate nelle sabbie mobili, dove tutti sono contro tutti, pronti a farsi a pezzi, senza riferimenti morali ed etici. Anche noi, come i figli di Logan, odieremo così tanto i Roy che non riusciremo più a farne a meno.
Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo, diceva il vecchio Lev Tolstoj. Ma quando c’è il potere di mezzo, alla fine, è sempre la stessa storia fatta di dinamiche familiari contorte e perverse, che sia in chiave fantasy o in chiave dramedy poco cambia.