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Succession: dal padre padrone ai figli serpenti

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Sono le stelle, le stelle sopra di noi, che governano la nostra condizione.

Succession, serie tv scritta da Jesse Armstrong (The Thick of It) e prodotta da Adam McKay (La grande scommessa) è rimasta in sordina per un po’ di tempo prima di essere scoperta e riconosciuta come uno dei drammi migliori presenti nel mondo seriale, al momento. In Italia questa rivelazione non è ancora avvenuta e lo show rimane, purtroppo o per fortuna, un prodotto di nicchia noto a pochi intimi. Lo show (arrivato alla sua terza stagione) si presenta come una versione decisamente più impegnata e seria di Dynasty e ruota attorno ai membri fittizi di una delle più ricche famiglie americane e alle relazioni disfunzionali che li legano gli uni agli altri.

Un uomo anziano, fragile e confuso si alza di notte e urina sul tappetto. Non sa dove si trovi ed è sua moglie a doverlo riportare a letto. Abbiamo di fronte un vecchio apparentemente innocuo. La scena si sposta su un uomo più giovane, che viaggia in limousine per le strade di New York e ascolta musica rap. Sembrerebbe una persona sicura di sé, anche se la canzone che sta ascoltando ci dice un’altra storia. Il primo è Logan Roy, magnate, imprenditore e fondatore della Waystar Roco, il secondo è suo figlio Kendall.

Sono le primissime scene di questo dramma neo-shakesperiano ma è già tutto lì, tutto ciò che andremo a vedere nelle prossime tre stagioni di Succession.

Il primo episodio di Succession, come ogni pilot che si rispetti, presenta i giocatori. Da un capo all’altro della scacchiera troviamo dunque Logan (Brian Cox) e Kendall (Jeremy Strong). Il capostipite deve fare i conti con l’età che avanza, con i malesseri e con un compleanno a sorpresa che si rifiuta di festeggiare. L’erede al trono è pronto, invece, a fare il grande salto con un’acquisizione che potrebbe svoltargli la sorte ma che rischia di rivelarsi un buco nell’acqua. Nel clima di tensione crescente che si instaura tra i due re, facciamo la conoscenza degli altri pezzi significativi, ovvero i tre fratelli: Connor, il maggiore e serafico; Roman, il più giovane e impulsivo; Shiv, la figlia preferita nonché logica e razionale. A loro si aggiunge il cugino Greg, in cerca di aiuto economico e pecorella in mezzo ai lupi.

Succession

Quanto è più crudele del morso di un serpente l’ingratitudine di un figlio.

Nessuno di loro è interessato alla compagnia di famiglia, da cui si tengono lontani. Almeno fino a quando un attacco di cuore del padre non fa riaccendere loro la fiamma dell’opportunità. Il ricovero di Logan e la conseguente convalescenza rappresentano l’inizio vero e proprio del dramma. I lupi escono fuori dalle loro finte pellicce di agnelli, mostrando i denti e pronti ad azzannarsi a vicenda. I rapporti sono studiati a tavolino, l’amore fraterno è amaro come quella donna della ballata che chiese un cuore per gioco mentre Logan Roy paga profumatamente il traghettatore per lasciarlo ancora un po’ aldiquà del lido. Come fare allora a simpatizzare anche per uno soltanto di questi personaggi dannati? Succession riesce comunque perché ci regala delle figure in carne e ossa, tangibili se non fosse per quel vetro a dividerci. Figure shakesperiane dalle menti machiavelliche e dalla lingua affilata come un rasoio.

Nessuno dei figli di Logan è mosso da sincero amore per il padre, abituati a masticare e ingoiare ogni cosa capiti loro a tiro, hanno imparato a trattare i sentimenti come una moneta di scambio.

Così, Roman strappa sprezzante un assegno da un milione di dollari di fronte a un ragazzino che non è riuscito ad arrivare in prima base, Connor agisce come un ragazzino viziato imponendo la sua volontà e facendosi accompagnare da una donna di almeno trent’anni più giovane. Tom prende in giro Greg atteggiandosi a lupo, quando in realtà non è neppure un cane pastore. Insomma, ognuno di questi mostri finisce per rivelare non solo i denti ma anche l’estrema manchevolezza della propria anima.

Succession

Attraverso le vesti stracciate si mostrano i vizi minori: gli abiti da cerimonia e le pellicce li nascondono tutti.

Come un moderno King Lear, il capostipite della dinasta è pronto a piegare i propri figli, persino a spezzarli, piuttosto che cedere lui stesso a compromessi. Una serata di beneficienza si trasforma in una dimostrazione di virilità e potere, con i sorrisi di Logan subito mutati in parole vetriolo per Kendall. La “roba” se la porta nella tomba piuttosto che cederla ai figli, piuttosto che vedere un’altra rivista incoronare Kendall come nuovo re del suo impero. Eppure, anche un gigante come Logan Roy è solo un anziano timoroso del buio che non può opporsi al tempo inesorabile. Tutta la ricchezza e il potere non risparmiano questo padre-padrone dalla caducità del suo corpo umano.

Il capitalismo assume in Succession il metaforico ruolo di un capriccio di un dio. Ognuno dei personaggi utilizza i soldi per riempire un vuoto, per venire apprezzato o per sentirsi parte della famiglia. Ma neppure tutti i soldi del mondo posso riempire quel vuoto al centro del petto che ti tiene sveglio la notte e ti fa sentire solo anche in una stanza piena di gente, persino se quelle persone sono la tua famiglia. All’ombra del padre tiranno, i figli serpenti mordono e strisciano ma infine non ottengono nulla.

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