Tom Wambsgans è diverso da tutti gli altri protagonisti di Succession. Non è cresciuto negli agi e nella ricchezza come i figli di Logan e paradossalmente proprio per questo è molto più vicino al fondatore della Waystar-Royco rispetto ai rampolli. Tom si è fatto da zero, come Logan. Non aveva nulla e ha lentamente intrapreso la sua scalata, partendo dal basso, partendo dall’inferno, per arrivare, di nuovo, in un meraviglioso ciclo, all’inferno.
Di Logan Roy in Succession noi vediamo soltanto le fasi finali, l’uomo deciso, impositivo, che non deve chiedere mai.
Vediamo il leader, l’autorità, il mammasantissima che si ha quasi paura anche solo a nominare. Una divinità -o poco ci manca- che non sembra avere paura di nessuno. Nessun turbamento, nessun compromesso, nessuna incertezza. Non abbiamo potuto vedere il Logan Roy delle origini, l’umile e povero Logan. Ma sappiamo -perché qua è là in Succession è lui stesso ad alludervi- che lo è stato, umile e povero. E non diventi il più grande magnate nel mondo dei media pestando da subito ogni piede che ti capita vicino. No, quei piedi Logan li ha baciati, quelle scarpe le ha lucidate.
Lo capiamo quando coglie il potenziale nel servilismo di “cugino Greg”, perché dietro quel servilismo vede qualcuno disposto a tutto pur di arrivare. Una persona spietata. E l’autore di questo articolo non fatica ad ammettere che in un primo tempo pensasse che proprio Greg potesse arrivare lassù, chiudendo un cerchio di umili ma spietati che diventano leader autoritari. Ma il percorso sarebbe stato troppo lungo, la trasformazione avrebbe richiesto un tempo che Succession non aveva. Ecco perché Tom Wambsgans. Lui la sua formazione l’ha già avuta, la “maturità” faticosamente raggiunta, passando gradualmente dal gradino più insignificante -anzi dall’assenza di qualunque gradino- al vertice inaspettato e insperato.
Lui è il nuovo Logan Roy ed è in un certo senso proprio Logan Roy. Non fatevi ingannare dalla goffaggine del primo e dal carisma del secondo. Entrambi condividono tutto ciò che serve per arrivare al potere: servilismo, arrivismo e freddezza a-morale. Tom, come sicuramente capitato anche a Logan, ha amato, ha amato davvero. Di questo sono personalmente convinto. Ma poi -lo abbiamo scritto in Tom e Shiv, l’amore ci farà a pezzi– c’è una scelta consapevole che manda in frantumi l’amore. Una scelta che condivide ogni protagonista di Succession.
Anche Logan deve aver amato salvo poi scegliere di relegare l’amore in una gabbia dorata di una villa isolata dal mondo e dagli affari.
Una sorta di harem a sua completa e costante disposizione. Tutti alla fine hanno scelto il potere rispetto all’amore. Hanno amato, hanno amato male, dubitando dell’altro, temendo che l’altro non li amasse davvero, provando ad accondiscendere l’altro ma hanno amato. E poi semplicemente hanno scelto che per loro valeva di più il potere, l’autorevolezza, il denaro.
“Il fatto è che quando ti ho conosciuta, in tutta la mia vita avevo pensato solamente un po’ ai soldi, a come fare i soldi, a come tenermi i soldi“, dice Tom a Shiv nella 4×06 di Succession. Ed è assolutamente sincero nel dirlo, come nell’aggiungere “Io davvero davvero davvero amo la mia carriera e i miei soldi e i vestiti, i miei orologi e… già, certo, è così: mi piacciono le belle cose, tanto“. È tutto qui. È qui anche la spiegazione della mano di Shiv che stringe quella di Tom nel finale di serie. Accettare il suo ruolo di subalterna, di donna trofeo, di moglie di facciata ha senso con un’unica lettura: Shiv come Tom, come Logan, come ogni protagonista di Succession è disposta a tutto per un brandello di potere.
È disposta a rinunciare alla morale, alla dignità, all’amore vero perché lei come tutti ama troppo il potere.
Tom parte dal basso, parte da un inferno in cui è un signor nessuno. In cui non viene preso in considerazione, pedina ininfluente, moglie trofeo, personaggio secondario, mosca fastidiosa che ronza attorno ai potenti. Tom raccoglie briciole e prima delle briciole è solo un “campagnolo conservatore” come lo etichetta meschinamente ma lucidamente Shiv. Ma di colpo questo campagnolo si ritrova in un mondo dorato da cui rimane folgorato. Ha visto i soldi, i soldi veri, e gli agi, i riconoscimenti, il potere, le luci dell’alta società.
E se prima di allora aveva solo pensato un po’ ai soldi, a come fare i soldi, a come tenermi i soldi ora quei soldi diventano il suo vero e finale amore. Per questo il sentimento per Shiv può essere accantonato quando serve, tradito in nome del vil denaro, di devozione incondizionata al potere, al volto che assume di volta in volta quel potere (Logan, Shiv stessa, Mattson, …).
Tom, dal basso di una condizione che gli permetteva a malapena di sopravvivere, finisce nell’inferno in cui i fratelli Roy sono vissuti per tutta la loro vita.
Ma è tutta qui la differenza: Shiv, Roman, Kendall non hanno visto il basso, non hanno visto altro. Per loro il potere e il denaro non sono altro che una condizione di partenza, facile da dare per scontata seppur impossibile da scacciare. Sono attaccati al seno del potere e completamente dipendenti, assuefatti, drogati di quel potere. Ma non hanno la fame di chi è partito dal basso. Non sanno cosa significa vivere all’inferno e dover risalire faticosamente la china a suon di favori, appoggi, fedeltà da riconoscere al padrone di turno. Tom invece lo sa perché in quell’inferno senza potere, nelle privazioni e nell’inedia ci è nato. E come chiunque che parta dal basso, una volta assaporato il gusto del potere non è più disposto a lasciarlo andare.
È capace di tutto, di spingersi ben oltre rispetto al limite che per narcisismo e orgoglio si pongono i fratelli Roy.
Per lui che stava nell’inferno non c’è un punto troppo basso da toccare, non c’è limite che possa impedirgli di finire in un nuovo inferno di assenza di morale e di dignità. Tom brucia il suo amor proprio, lo calpesta volentieri, si sporca le ginocchia nell’atto di supplicare, bacia i piedi di chi è sopra di lui ma appena guadagnato un gradino non ha scrupolo a distruggere chiunque sia al suo stesso livello o sotto di lui. È una macchina assetata di potere che si serve di un fido scudiero, di manovalanza inesperta ma pure capace come Greg.
Tom fa tutte le mosse giuste, non sbaglia un colpo. Sa quando stare con Logan, quando con Shiv, quando e come con Mattson. E allora tra i tanti litiganti non può che essere lui a godere. Come a suo tempo aveva goduto Logan, partito dal basso, disposto a umiliarsi e pronto a diventare spietato una volta al vertice.
Tom riavvolge il nastro, perpetua il percorso infernale che ha portato Logan lassù, in cima a tutto.
Tom sale gradino dopo gradino fino ad arrivare all’inferno paradisiaco che non sapeva di aver sempre voluto, a quel completo annientamento della sua umanità che lo rende il peggiore dei dannati. Tom parte da un inferno materiale di povertà, ingenuità e insignificanza per arrivare a un inferno morale in cui non è più un essere umano ma una macchina crudele senza etica, senza amore, senza Dio. Questo è stato Logan, questo è ora Tom che calpesta l’amore e rifonda il suo rapporto con Shiv sull’apparenza, sulla formalità, sulla convenienza. Un vero e proprio ribaltamento del sentimento più nobile ed elevato: Tom diventa un anticristo, un demone luciferino che si compiace del suo inferno, di sguazzare nei sulfurei liquami del potere.
Se parti dal basso sei più vicino all’inferno perché lotti con tutte le tue forze per non ritornare nella fogna insignificante da cui provieni. Per evitarlo sei disposto a tutto. Sei disposto a comprometterti a un punto tale da finire in un nuovo inferno, un inferno privo di vergogna e di decoro dove quello che rimane di te è soltanto pura apparenza. Questo è Tom Wambsgans, l’uomo partito dall’inferno per arrivare a un nuovo, peggiore eppure fortemente, disperatamente desiderato inferno.