ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler su Sunny, la serie tv prodotta da A24 disponibile su AppleTV+!!
Il rapporto tra uomo e robot interroga da tempo le nostre coscienze di esseri umani. La cinematografia della fine del secolo scorso è piena di tentativi di dare volto a questa relazione solo apparentemente antitetica. L’industria cinematografica e televisiva ha dato libero sfogo alla fantasia, presentandoci le macchine ora come minacce da combattere, ora come alleati lungo il camino, e aprendo suggestive riflessioni filosofiche sull’argomento. Ma la questione interroga ancor di più le nostre coscienze di uomini e donne del terzo millennio, stimolati a trattare il tema in maniera molto più realistica, specie se si considera che la realtà immaginata da serie tv come Sunny potrebbe non essere così distante da quello che ci aspetta da qui a qualche decennio. E allora ben vengano prodotti come questo, che sfruttano il mezzo televisivo per trattare tematiche attualissime.
Sunny è un’opera originale e abbastanza stramba da sganciarci dalla robotizzazione delle classificazioni televisive. Non che sia un prodotto esageratamente corrosivo. Ma ha scelto il cinismo per raccontare in maniera intelligente se stessa e la nostra società.
La piattaforma che l’ha ospitata è Apple TV+, che di titoli fantascientifici, distopici e ucronici ne ha sfornati parecchi. Ma la casa di produzione è quella A24 che ci ha già regalato opere originalissime come Everything Everywhere all at Once, la cruda ma anche soffice Beef o Il Simpatizzante (questi i migliori film). Tutti show difficili da catalogare e che hanno fatto della sperimentazione televisiva una frontiera da esplorare. Sunny è ambientata in un Giappone robotizzato in cui le macchine sono una componente assimilata nella quotidianità degli individui. È una realtà brusca e alienante, non così distante dalla nostra, eppure in qualche modo straniante. Ci sentiamo forestieri in una realtà altra, in mezzo a tutta quella tecnologia smart. Estranei almeno quanto Suzie (Rashida Jones), espatriata in Giappone dagli Stati Uniti. Come lei, abbiamo bisogno di un dispositivo da tenere all’orecchio per capire i codici di quel Paese.
Come lei, siamo inizialmente diffidenti verso l’intelligenza artificiale. Ma il registro di Sunny non è solo fantascientifico, anzi lo è solo in minima parte. La serie di Apple TV+, prima ancora di raccontare il rapporto tra uomini e robot, vuole raccontare quello tra gli uomini e la loro solitudine. Masa (Hidetoshi Nishijima), il marito di Suzie, è un ingegnere robotico che scompare all’improvviso in un misterioso incidente aereo. Suzie lo ha conosciuto poco dopo essere arrivata in Giappone. Entrambi si sentivano soli e spaesati, in modi diversi ma con la stessa inquietudine addosso. Hanno incrociato le loro solitudini e hanno avuto un bambino, anche lui scomparso. Suzie sapeva poco o niente sul lavoro di Masa. Credeva che progettasse frigoriferi, mentre in realtà metteva le mani su qualcosa di molto più complesso e inquietante.
La scomparsa del marito e del figlio – praticamente le uniche persone che componevano il mondo della protagonista – priva Suzie dei più essenziali punti di riferimento. Si sente schiacciata, abbandonata, smarrita. E sola, dannatamente sola.
Le scarne notizie sull’incidente aereo convincono la protagonista che c’è qualcosa che non torna nella morte dei suoi cari e in tutta la questione dell’incidente. Qualcosa che va al di là della sua comprensione e che le dà, a poco a poco, degli indizi sul vero lavoro di Masa e sul groviglio di conseguenze che le sue azioni stanno avendo sulle persone che lo circondano. Mentre si interroga su tutti i punti oscuri dell’incidente, sostenuta da una bizzarra e prevaricatrice suocera (la Noriko interpretata da Judy Ongg), le viene recapitato a casa un robot domestico: Sunny. All’inizio, la donna fa fatica ad accettare la presenza di un’intelligenza artificiale nella sua casa. Non nasconde il fastidio, cerca di starne alla larga. Ma Sunny è stata progettata da Masa su misura per Suzie. Per lenirle la solitudine nei momenti di angoscia e per trasmetterle un po’ di calore “umano“.
Sunny ci ricorda che gli uomini hanno iniziato a conoscere la solitudine quando si sono organizzati in comunità. Prima ciascuno faceva da sé, dominato unicamente dall’istinto di sopravvivenza. Poi l’esigenza di riunirsi in società ha prevalso e ha dato vita alla civiltà. È l’animale sociale di cui parlava Aristotele. L’uomo ha bisogno dell’altro uomo per stare al mondo. Tuttavia, la sussistenza della società non ha cancellato la sua solitudine. L’empatia umana ha conosciuto una fase di regressione. Ma, dove muore l’interazione tra individui simili, potrebbero intervenire le macchine a colmare il gap.
Dietro il lavoro di Masa c’è l’esigenza intima e permeante di smettere di sentirsi solo. Suzi impiegherà un po’ per capire le reali intenzioni del marito, ma è nel viaggio che sta la bellezza di questa serie. Sunny ha qualcosa di anarchico e audace, anche se spesso la voglia di sperimentare si infrange con la scarsa scorrevolezza della sceneggiatura. Ci sono dei punti un po’ indigesti, come il nono episodio, che costringe a sospendere la narrazione per un tempo forse eccessivo.
Ma, ai fini di un bilancio generale, la serie tv riesce ad intrattenere e forse persino a commuovere.
È una mistery story dai tratti psichedelici. Alcuni personaggi, specie la villain Himé (l’attrice e cantante You), sembrano usciti da un manga giapponese degli anni ’90. Dominano i colori accesi, le canzoncine asiatiche, la musicalità tipica di quella terra e di quel linguaggio. È una serie ardita, che abbina l’umorismo nero alla profondità dei temi trattati. Ed è una serie che ha un indiscutibile punto di forza nella sua protagonista. Rashida Jones riesce a essere cinica, sarcastica, ribelle e straordinariamente tenera. È una badass a cui daremmo volentieri un abbraccio in quei momenti in cui sembra che il mondo le stia precipitando addosso. Suzie oscilla costantemente tra l’orlo del baratro e una forsennata voglia di rivalsa. È temeraria e cinica, riservata e irriverente. Il suo sentirsi un’estranea ci aiuta a metterci in connessione con il suo personaggio.
Sunny è dominata da personaggi femminili: le protagoniste sono praticamente tutte donne, figure forti e dotate di una grossa carica vitale. In una cultura ancora un po’ maschilista come quella giapponese, Sunny sceglie dunque di lasciar parlare le donne. E infatti è una serie caparbia e ostinata, proprio come i suoi personaggi. I primi episodi si lasciano guardare e promettono una visione interessante e originale. Nel mezzo, lo show si arrovella un po’, salvo poi tirare le somme nel finale. Un finale che, considerando il cliffhanger con cui si chiude l’episodio, fa pensare a un probabile rinnovo della serie per una seconda stagione. Non è un prodotto per tutti i palati, ma lo stesso discorso vale per molte altre serie di Apple TV+ (queste dovreste recuperarle assolutamente).
Però la sua visione non è consigliata solo ad un pubblico di appassionati di fantascienza. Sunny, più che parlare di robot ed intelligenza artificiale, parla di stati d’animo maledettamente umani. Ecco perché sarebbe il caso di darle una chance se non lo avete ancora fatto.