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Supersex ha fatto l’unica cosa che nessuno voleva: romanzare

Alessandro Borghi in Supersex, prodotta da Groenlandia
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Prendete Alessandro Borghi (Suburra, Le Otto Montagne, per dirne un paio), aggiungete Francesca Manieri (sceneggiatrice di We Are Who We Are), e unite Matteo Rovere (Il primo Re). Da queste premesse ci si potrebbe aspettare un capolavoro, ma quando la storia riguarda la biografia di Rocco Siffredi, anche i migliori talenti possono avere difficoltà. Supersex non è un disastro e ha diverse componenti che funzionano bene. Nel dettaglio, la collaborazione tra Borghi, Manieri e Rovere avrebbe potuto promettere molto, soprattutto considerando il loro precedente lavoro di successo.

Borghi è noto per la sua capacità di portare intensità e complessità ai suoi ruoli, mentre Manieri ha dimostrato una sensibilità particolare nel delineare personaggi e situazioni complesse. Rovere, con il suo talento per la regia e la sua visione epica, sembrava un complemento perfetto. Tuttavia, la storia di Rocco Siffredi, per quanto intrigante, presenta delle sfide uniche. La tentazione di romanzare eccessivamente la narrazione potrebbe aver compromesso la sua autenticità.

Supersex, un biopic su Rocco Siffredi

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Alessandro Borghi nel ruolo di Rocco Siffredi in Supersex

Supersex è una serie biografica che svela la vita di Rocco Tano, il ragazzo che un giorno diventerà Rocco Siffredi, l’iconico pornodivo. Interpretato da Alessandro Borghi, il giovane Rocco è presentato come un ragazzino di Ortona con grandi sogni di fuga dalla provincia. La serie inizia mostrando la sua infanzia, la sua relazione complicata con la madre Carmela e i fratelli, in particolare il suo desiderio di essere notato nonostante la presenza dominante di un fratello più problematico.

La svolta avviene quando Rocco, all’età di 8 anni, scopre per caso una copia di Supersex, una rivista pornografica che lo introduce al mondo del “cinema per adulti”. Incontra Gabriel Pontello, che lo guida nel settore, e successivamente Riccardo Schicchi, che lo fa esordire in un film con Moana Pozzi. Da qui la sua ascesa come star internazionale, con conseguenze sulle sue relazioni familiari e personali. La serie è una narrazione avvincente della giovinezza turbolenta e delle origini di Rocco Siffredi, mostrando il ragazzo di Ortona che sognava di fuggire verso il successo e la fama, guidato dal mentore Tommaso Tano e da un destino scritto nelle pagine di Supersex (puoi trovare la serie qui su Netflix).

Supersex poteva funzionare, ma ha deciso di non farlo

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Supersex la serie su Rocco Siffredi

La serie ha fallito nel suo tentativo di narrare la vita di Rocco Siffredi con una profondità e una complessità significative. Il grande errore della serie è stato quello di mostrare i vari stadi della vita di Siffredi e i personaggi del suo mondo senza offrire una vera evoluzione o una profondità emotiva al di là di quello che sapevamo già tutti. Ciò che manca è forse un approfondimento su diversi fronti. Per esempio la serie non affronta affatto la famosa dipendenza di Siffredi dal sesso, un aspetto paradossale e coerente con la sua carriera nel porno. Trattato di recente anche da un servizio alle Iene, che a tratti è stato più interessante.

Quel che emerge durante la visione è una serie di eventi che sembrano scritti senza troppa coerenza, tra confessioni e dialoghi a tratti superficiali, che non offrono uno sguardo realistico sulla figura di Rocco. Quest’ultimo, di fatto, è stato sicuramente determinante nel settore, in un’Italia che stava abbracciando la modernità post-muro di Berlino, le reti televisive commerciali e l’oggettificazione della donna promossa dalle reti. Quando il sesso è entrato nelle nostre case Siffredi era promotore di questo cambiamento culturale (qui trovi un approfondimento sulla serie).

La serie non riesce a creare empatia

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Borghi in Supersex

La serie decide di concentrarsi su altri temi, forse quelli che però interessano meno a uno spettatore curioso che vuole saperne di più sul re del porno. La storia si perde in un racconto sull’amore che non rappresenta veramente la sua vita e carriera. Di fatto se pensiamo a un racconto d’amore e resilienza non pensiamo a Rocco. La serie non riesce quindi a raccontare il lato sessuale, ma neanche quello tragico, abbozzando eventi che non creano empatia. Insomma, Supersex, non riesce a sbocciare, contribuendo a mantenere una visione distorta della realtà.

Tra le altre mancanze non troviamo un approfondimento sull’industria del porno e il contesto in cui si stava sviluppando, un’Italia assolutamente non pronta a un tema ancora così dibattuto. Inoltre, anche se Borghi ha dato il 100% in questa interpretazione (come sempre) resta forse uno dei pochi attori nella serie a spiccare. Alcuni invece non riescono a pieno a trasmettere emozioni, né proprie né nel loro legame con Rocco, apparendo forzati (qui trovi altre 7 interessanti serie tv biopic).

Non è una serie da bocciare

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Rocco Siffredi a Cannes in Supersex

Supersex non è comunque una serie da bocciare totalmente. Se non sapessimo il personaggio a cui si ispira, infatti, risulterebbe anche piacevole. Rocco Siffredi è uno dei personaggi più discussi in Italia e ne abbiamo sentito parlare tanto. La Manieri, seppur romanzando eccessivamente ci evita almeno i soliti cliché di molte produzioni italiane e lascia lontano il solito pathos spropositato. Va subito evidenziata una notevole differenza tra la serie Supersex e altre serie tv italiane, di Netflix e non, che sta solo nel livello del cast. Supersex, al di là dell’azzeccata scelta di Alessandro Borghi come protagonista, che dà un’ennesima prova attoriale di tutto rispetto, ci presenta anche altri personaggi non male.

Il cast di Supersex brilla con interpretazioni che si distinguono. Adriano Giannini offre un Tommaso “Tano” Del Signore intenso. Jasmine Trinca, nel ruolo di Lucia, è l’amore proibito di Rocco e moglie del fratellastro, Vincenzo Nemolato come il regista visionario Riccardo Schicchi, Jade Pedri e Linda Caridi nei ruoli delle donne legate a Siffredi, questi sicuramente dimostrano una performance degna di nota. Un plauso va anche all’interpretazione magistrale di Tania Garribba nel ruolo di Carmela, madre di Siffredi, spesso trascurata nelle liste cast diffuse in rete. Inoltre, la fedele rappresentazione dell’accento abruzzese da parte della maggior parte del cast aggiunge credibilità alla serie (qui ti consigliamo uno degli ultimi biopic usciti su Netflix).