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Sweet Home è orribile, e vi spieghiamo in che senso

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Il seguente articolo contiene SPOILER su Sweet Home.

Sweet Home (che puoi trovare qui in streaming), serie horror sudcoreana basata sull’omonimo webtoon, è diventata un fenomeno globale grazie a una narrazione cupa e fumettistica e a tematiche profonde e attuali. Con il debutto della prima stagione nel 2020, Sweet Home ha catturato il pubblico grazie alla sua capacità di combinare il terrore viscerale con riflessioni profonde sull’umanità. Ma è con le stagioni 2 e 3 che il racconto ha assunto una nuova dimensione, espandendo la portata della storia e approfondendo i temi. Ma nel definire Sweet Home orribile, non ci riferiamo né alla sua validità produttiva, né alla mostruosità delle sue creature. L’aspetto più mostruoso di questa serie è lo sguardo impietoso che offre su ciò che ci rende davvero umani.

I mostri di Sweet Home sono in realtà uomini, donne e bambini intrappolati in un corpo diverso, scomodo e inquietante

Frame tratto dalla prima stagione di Sweet Home
credits: Netflix

Questa è una storia su di noi, quelli che cercano un motivo per vivere in un mondo in cui questo è ancora più difficile del semplice sopravvivere”. L’incipit del protagonista Hyun-su nella prima stagione resta molto azzeccato anche dopo la conclusione del terzo e ultimo capitolo di Sweet Home. La vera natura di un “mostro” non risiede nell’aspetto, ma nei vizi, nei desideri violenti, nelle paure più oscure che caratterizzano gli esseri umani. Fin dalla prima stagione, i mostri di Sweet Home non sono mai stati meri antagonisti. Sono, piuttosto, rappresentazioni fisiche delle paure, dei desideri e delle ossessioni umane. Ogni creatura è unica e riflette il vissuto di chi si è trasformato. Questo concetto viene ulteriormente approfondito nelle stagioni successive. Dove si esplora non solo il processo di trasformazione, ma anche la possibilità di controllare o convivere con il “mostro interiore”.  

La prima stagione si concentrava principalmente sulla mitica Green Home: un complesso residenziale fatiscente che fungeva da microcosmo per esplorare il meglio e il peggio della natura umana. I corridoi angusti e l’atmosfera claustrofobica erano il teatro perfetto per una narrazione che mescolava orrore e introspezione. Nei capitoli successivi, l’azione si sposta oltre le mura del Green Home, mostrando un mondo esterno devastato e in rovina. Le nuove ambientazioni ampliano la portata della storia, ma non perdono la capacità di trasmettere un senso di oppressione. Rifugi militari, città distrutte e laboratori segreti diventano simboli di un mondo in cui l’umanità lotta contro sé stessa tanto quanto contro i mostri. La maggiore apertura degli spazi, paradossalmente, rende la minaccia ancora più tangibile: non c’è più un rifugio sicuro, e il pericolo sembra ovunque. Ad esempio, la seconda stagione introduce nuovi tipi di creature, alcune delle quali mantengono una parziale consapevolezza umana.

Questi esseri non sono completamente mostruosi, ma rappresentano un conflitto interno: accettare la propria natura o combatterla? 

La terza stagione, invece, mette in discussione la distinzione tra “mostro” e “umano”, mostrando come le azioni degli esseri umani possano essere altrettanto distruttive e crudeli. Uno scontro simile era inevitabile, considerate le premesse tematiche con cui Sweet Home si era presentata al pubblico. Al di là del protagonista, dalla seconda stagione la serie ha mostrato, a sprazzi, segni di umanità anche nei famigerati MU (Mostri Umani). L’ultimo step della nuova razza destinata a governare il mondo è quello dei neo-umani: esseri antropomorfi perfetti ma incapaci di provare emozione alcuna. Di fronte a tale scelta narrativa riecheggiano più che mai le parole del mefistofelico Dottor Lim, il primo a considerare il virus una “soluzione” e non un problema per l’umanità.

Sweet Home è orribile perché riesce a far convergere temi profondi e universali e un’estetica del terrore davvero sorprendente

I magnifici effetti speciali della serie Netflix
credits: Netflix

Se la prima stagione di affrontava temi come l’isolamento e la lotta per la sopravvivenza, le stagioni successive hanno ampliato il discorso. Sweet Home aveva la necessità di far comprendere al pubblico la sua vera natura, esplicitando il fatto che l’apocalisse raccontata non è una apocalisse zombie, bensì un catastrofico Armageddon umano. Per questo motivo, la serie comincia ad affrontare nuove tematiche, come la corruzione del potere. La seconda stagione esplora in particolare il ruolo delle istituzioni. L’intervento militare e i tentativi di contenere l’epidemia di mostri mettono in luce la fragilità delle strutture sociali di fronte al caos. Il terzo capitolo, invece, sposta l’attenzione sulle relazioni interpersonali e sulle dinamiche di fiducia e tradimento in un mondo dove ogni scelta può significare vita o morte. Il tema centrale e ricorrente riguarda il significato dell’essere “umani“. Sweet Home costringe il pubblico a confrontarsi con il lato più oscuro della natura umana.  

Dal punto di vista visivo, poi, Sweet Home non è il classico k-drama, anzi, è quanto di più internazionale ci sia. Ha avuto fin da subito un approccio crudo e inquietante. Le creature, per cui è stato svolto un lavoro enorme in CGI, sono disturbanti non solo per il loro aspetto, ma anche per ciò che rappresentano. Non è solo l’aspetto fisico delle creature a provocare disagio: sono i loro comportamenti, spesso legati a emozioni umane distorte, a renderle davvero spaventose. Anche l’illuminazione e il design sonoro giocano un ruolo fondamentale nel creare un’atmosfera opprimente. I contrasti tra luci e ombre rimandano spesso a una dimensione ultraterrena in cui gli stessi mostri lottano contro ciò che di umano è rimasto in loro. E in molti casi la presenza di umanità è determinante.

Hyun-su è l’eroe imperfetto che rappresenta al meglio la lotta morale del genere umano in un mondo in totale decadenza

Scena tratta dalla terza stagione di Sweet Home
credits: Netflix

Fin dalla prima stagione, Cha Hyun-su lotta per controllare il mostro dentro di sé. Hyun-su non è un eroe tradizionale: è fragile, tormentato e spesso incapace di prendere decisioni definitive. Questa imperfezione lo rende incredibilmente umano e, al contempo, un simbolo di speranza. Successivamente, il suo ruolo evolve ulteriormente, portandolo a diventare un punto di riferimento per altri sopravvissuti. Tuttavia, la sua lotta con il mostro interiore rimane un elemento centrale, dimostrando che la vera battaglia non è contro le creature esterne, ma contro sé stessi. Sweet Home è “orribile” nel senso migliore del termine. Non è di certo una visione facile: mette lo spettatore di fronte a paure profonde e verità scomode. Eppure, proprio per questo, è una serie che merita di essere vista. Perché, in fondo, ci ricorda che il vero orrore non è quello che vediamo nei mostri, ma quello che riconosciamo dentro di noi.