Emotionally engaging, superbly acted, and incredibly entertaining, Sweet Tooth will satisfy fantasy fans of all ages. Così Rotten Tomatoes recensisce Sweet Tooth, attribuendogli un punteggio del 97%.
La serie Netflix, fantasy post-apocalittico in grado di conquistare le anime e le passioni di tutte le età, è stata confermata per una terza stagione finale. Finalmente un ottimo risultato dopo diversi fallimenti produttivi, anche in ambito fantasy
La storia narra di un mondo alla deriva, all’apparenza una delle distopie a cui in questi anni ci siamo legati: una crisi pandemica “The Sick, il grande crollo” che ha decimato la popolazione e ha portato alla nascita di bambini “ibridi” per metà umani e per metà animali. Non sapendo se la loro natura ibrida sia una causa o una conseguenza della pandemia, l’umanità rimasta in vita li teme, li minaccia, li bracca e intende sterminarli.
Dieci anni dopo lo scoppio del virus, nascosto in una foresta e protetto dalle cure del padre, Pubba, troviamo Gus, il piccolo protagonista con orecchie e corna da cervo: un bambino vispo e intelligente, capace di parlare perfettamente la lingua comune, curioso di conoscere cosa c’è al di là del confine del bosco che il papà gli ha insegnato a non attraversare mai. La caccia ai bambini ibridi infatti impera lungo ciò che resta del paesaggio americano e restano pochi i luoghi in cui potersi nascondere. Svettano aerei sopra la foresta in cerca di segnali di vita e, quando un fuoco acceso da Gus e dal papà, genera troppo fumo, basterà poco perché vengano scoperti.
Gus assiste così all’attacco nemico e al ferimento del padre, lo accudisce fino all’ultimo giorno e alla morte, per poi rimanere solo con gli insegnamenti che ha ricevuto: prendersi cura della casa, delle piante, del cibo, evitare di allontanarsi.
A conquistare è la capacità della serie di correlare la perdita dell’innocenza di un bambino puro che nel mondo vede speranza con la dura realtà della vita vera.
Ciò che gli adulti possono giungere a fare in tempi duri e difficili, la violenza, le aggressioni, la morte. Pur trasportandoci in un universo singolare e fantastico, la storia non cade mai nella trappola di far sentire lo spettatore come se nulla fosse reale e nulla contasse davvero. Un ancoraggio alla realtà rimane sempre e ciò acquista ancora più senso se pensiamo che la prima stagione è andata in onda, su Netflix, nel giugno 2021, ancora in pieno Covid 19.
Le riprese sono state effettuate in Nuova Zelanda, dove le minori restrizioni hanno consentito al Governo neozelandese di offrire permessi speciali alla troupe per entrare nel Paese. Sweet Tooth è così venuto alla luce proprio ai tempi della pandemia, riuscendo a raggiungere i cuori e commuovere un po’ tutti con il suo messaggio: possono esistere il bene e l’affettuosità anche in una società letale.
Tornando alla trama, sarà proprio durante una delle pericolose esplorazioni, fuori dal recinto, rischiando di essere catturato dagli “Ultimi uomini”, che Gus farà la conoscenza di Jepperd, il “big man”, interpretato da un bravissimo Nonso Anozie (Ted Lasso, Zoo, Game of Thrones). In compagnia del nuovo amico, inizia l’avventura di Gus verso il Colorado, alla ricerca della mamma e delle radici, sue e di Big Man.
A rendere ancora più intensa la fiaba, è la voce esterna del narratore onnisciente che, puntata dopo puntata, accompagna lo spettatore – come in un grande libro – tra avventure e personaggi fantastici.
La serie Netflix è l’adattamento televisivo dell’apprezzato fumetto omonimo scritto e disegnato dal leggendario fumettista Jeff Lemire e pubblicato dalla DC Comics. Creata da Jim Mickle e inizialmente pensata per Hulu, si sposta su Netflix che dà l’ok per la prima stagione nel 2021. Il suo mix originale tra fantasy distopia e drama funziona così bene che viene rinnovata per la seconda stagione, altrettanto apprezzata.
Sweet Tooth, come lo slang del titolo “golosone”, è un piccolo dolce che conquista lentamente.
Un piacere silenzioso e progressivo, lieve e stravagante, adatto a tutti. All’inizio può sembrare un family fantasy drama per ragazzi ma, col procedere delle puntate, ci si accorge di come ci si trovi dinanzi a un racconto peculiare, inedito, “weird and wonderful”, una boccata d’aria fresca nel panorama seriale proposto da Netflix, ultimamente molto ridimensionato per qualità.
Una storia di formazione che mixa echi di lotte del mondo reale con corse coinvolgenti attraverso scenari fantastici, alberi, boschi, zoo e villain barbuti con occhiali alla John Lennon.
Panorami di città sub-urbane devastate dall’abbandono, treni che sfrecciano nella natura, nemici umani “the Last Men”, gli ultimi uomini sulla terra, che si scontrano con giovani forze ribelli, “the Animal Army”, protettrice degli ibridi, capeggiata da un’adolescente cyber punk, chiamata Bear, che diverrà amica fedele di Gus.
Gus, – acronimo Genetic Unit Series 1 – non sa ancora di essere stato progettato in laboratorio. È un bambino gioioso, interpretato dal giovanissimo e brillante Christian Convery, che scoprirà come il mondo sia molto più malvagio e prepotente di quanto potesse immaginare. Nessuna paura o minaccia tuttavia fermerà il suo entusiasmo, naïf quanto coraggioso, testardo come le sue corna da cervo.
Il bambino ibrido diventerà il leader della riscossa, unendo a sé altri bambini ibridi, sia dotati di lingua e parola, sia confinati in tratti animali con una sensibilità maggiore della capacità umana. Bambini intrappolati dalle forze oscure degli Ultimi uomini, legati in gabbie cupe per poterli esaminare e per effettuare, incuranti della loro salute, esperimenti volti a trovare la cura al virus: un virus influenzale letale, che si manifesta con febbre, tremolii alle mani, quindi la morte. Chiunque mostri un sintomo viene isolato dai concittadini, chiuso in casa e bruciato vivo. È la fine che quasi spetta al Dottor Singh e alla moglie Rani, altra storyline della serie, quando i vicini scoprono il tremolio delle mani di lei. Quasi, perché il Dr. Singh è troppo importante per bruciarlo vivo, è colui che possiede la facoltà e le competenze per scoprire quale possa essere la cura, sperimentando sugli ibridi catturati.
Accanto a questa dimensione cruda e caotica, tipica di una società contemporanea realistica, se ne sviluppa una visionaria e poetica, dolcissima nel rapporto di grande amicizia tra Gus e Big Man, certamente uno degli aspetti più intensi e coinvolgenti della serie.
Il loro rapporto prende vita sotto la stella dell’evitamento, perché Jepperd fa di tutto per allontanare il movimentato bimbo cervo. Sono i ricordi, del figlio perso, del papà perso che li allontanano dal fare amicizia.
Pian piano però la reticenza si trasforma in legame. L’adulto diventa bambino e il bambino diventa adulto.
In Sweet Tooth tutto ruota attorno al viaggio e i compagni di viaggio sono il cuore pulsante della storia. Tra azione e mistero, con attimi di commozione, silenziosamente Sweet Tooth si fa largo nei nostri cuori e cattura la nostra attenzione.
Quando la battaglia sembra finire, nuove scoperte la riaccendono e quando si giunge verso la fine della seconda stagione, la serie Netflix spiazza lo spettatore con un cliffhanger che lascia presagire l’arrivo di un curioso, istrionico terzo capitolo.
Il coraggioso gruppo lascerà l’America alla volta dell’Alaska.
A colorare l’universo di Sweet Tooth, ci sono le tonalità pop della colonna sonora.
Da Dirty Paws di Of Monsters and Men (l’album del 2012 è My head is an animal) che nella prima puntata accompagna la fuga di Gus alla rincorsa di Big Man perché non lo lasci solo e intraprendano il viaggio insieme, fino a classici come Heart of Glass di Blondie a 50 ways to leave your lover di Paul Simon. E c’è il fascino tonale della trama: l’emozionante voce fuori campo, la fotografia e i volti teneri dei personaggi. Nonostante sia un racconto basato su un’apocalisse, ci teletrasporta in uno spazio di visione piacevole, puro e delicato come la dolcezza del suo titolo, Sweet Tooth, come Gus, adorabile, eroico bimbo cervo ghiotto di cioccolato.
Vale la pena vedere Sweet Tooth, lasciarsi andare all’immaginifico sguardo trasognante, perché è una stella lucente nei trascorsi tempi bui delle produzioni Netflix.