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Taboo e il paradosso del delaneycentrismo

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La prima stagione di Taboo e del suo protagonista potrebbe essere riassunta in questa immagine e in questa didascalia

Taboo

 People who do not know me soon come to understand that I do not have any sense. ― James Delaney

Che Taboo, la Serie Tv britannica ideata da Steven Knight e dalla premiata ditta Hardy (padre e figlio), abbia ottenuto un largo consenso emerge dal giudizio di una buona fetta di pubblico e dal rinnovo per una seconda stagione (per saperne di più, leggi qua).

Tuttavia occorre registrare un certo trend tra alcuni spettatori nel tacciare Taboo quale un prodotto che ha deluso le aspettative.

No, Taboo non ha convinto all’unanimità

Il perché lo andremo a scoprire, ma prima di tutto partiamo da un assunto imprescindibile.

Dalla nostra prospettiva, Taboo merita consenso

Più vicina a un’opera teatrale che a un contenitore seriale: costumi e musica rendono partecipi di una realtà previttoriana romanzata, tra bordelli, porti e salotti buoni. Si tratta di uno show in cui contenuti forti e conturbanti convivono con criptiche visioni di incubi, dove la teatralità si sposa con l’azione. Su questo palcoscenico fa capolino un personaggio fuori dall’ordinario. Un uomo tormentato, marchiato dall’oscurità, intimamente legato alla morte stessa.

A proposito, è doverosa anche un’altra precisazione. Chi scrive è, cinematograficamente parlando, innamorato della figura di Edward Thomas Hardy. Tutto mi fu già chiaro dal Bronson di Nicolas Winding Refn. Sullo schermo mi accorsi di un attore capace di conciliare potenzialità interpretative di livello a una fisicità inverosimile.  

Ora, che il nativo di Hammersmith fosse mente e volto di Taboo non era garanzia di successo assicurato, ma concedeva a questa produzione credito e un forte hype di partenza.

Aggiungiamo un ricco cast, misterigiochi di potere. Ecco le basi per una Serie Tv evento.

Eppure c’è chi ha detto “no”, chi non ha subito il fascino oscuro di Taboo, anzi lo ha rinnegato. Proviamo a porci da questo punto di vista e svisceriamo quegli argomenti che, secondo alcuni, non hanno funzionato.

IL DELANEYCENTRISMO

Taboo

I am inside your heads, gentlemen. Always. ― James Delaney

Proprio Tom Hardy, o meglio il suo alter ego James Keziah Delaney, incarna in modo trasversale spirito e male di Taboo. La Londra vittoriana, grigia e cosparsa di cenere, è uno sterminato giardino ricco di fiori dall’inebriante profumo rimasto in potenza. Al centro si erge un albero secolare, i cui rami gettano ombra e freddo su tutto ciò che lo circonda.

James Delaney è chiaramente il personaggio ingombrante per antonomasia

Il suo passato, il suo carisma controverso e la sua magia corrompono qualsiasi anima entri in contatto con lui.

Una figura che nel corso degli eventi si dimostra al limite dell’onniscienza, prevedendo le mosse dei suoi avversari, e a tratti persino onnipotente, quasi non gli sfuggisse mai il polso della situazione. E questo anche nei momenti di maggiore tensione. Solo una volta sembra crollare, quando ha fra le dita la lettera dell’amata sorella suicida nel Tamigi.

E tanti sono i personaggi con cui il protagonista incrocia il proprio destino. Molti, o forse addirittura nessuno, riesce a sbocciare definitivamente nel corso di otto episodi. Le loro esistenze, la loro volontà, tutto si piega dinanzi al comando e alle intenzioni dell’avventuriero tornato dall’Africa.

Storie autentiche e personaggi ben marcati. Eppure le dinamiche di questi ruoli non trovano un qualche approfondimento di livello, assorbite dal magnetismo di casa Delaney. Pensiamo a Zilpha, la cui quotidianità viene irrimediabilmente sconvolta dal ritorno in patria del fratello; oppure Lorna Bow, che dall’interesse di lucrare sull’eredità del defunto marito diventa anch’essa un tassello della crew che salperà per il Nuovo Mondo. Medesimo discorso si potrebbe intavolare per il Dottor George Cholmondeley e altri ancora, incantati dalla magia di questo novello pifferaio magico.

La Corona e la Compagnia delle Indie Orientali incredibilmente, nella loro grandezza, paiono incapaci di contenere la furia di un singolo essere umano. In un gioco dove alleati e nemici finiscono spesso con il confondersi, scorgiamo attimi dove tutto e tutti si muovono in direzione contraria al figlio di Horace, fintanto che questi non serviranno ai suoi scopi.

Dunque, al pari di ogni legittimo proprietario, la sceneggiatura di Taboo si presta a uso esclusivo del ruolo di Hardy

Un deus ex machina, con gli altri personaggi a fungere da meri ingranaggi di un costrutto da lui creato. In conclusione, un peso specifico sin troppo centrale.

Non ci sentiamo allora di accusare coloro che criticano l’autoreferenzialità esistente tra il protagonista e la Serie Tv. Eppure, che piaccia o meno, Taboo è James Delaney, con la sua forza e i suoi limiti. E non potrebbe essere altrimenti quando si è in presenza di un autentico fagocitatore.

QUANTO LONTANO È IL NUOVO MONDO

Taboo

Affrontiamo un altro tema. In Taboo vediamo ogni singola pedina muoversi sullo scacchiere, manovrata dai grandi protagonisti della vicenda. Il Regno Unito da un lato, gli Stati Uniti d’America dall’altro, la Compagnia delle Indie Orientali con i suoi interessi. Nel mezzo un uomo, che uomo non è.

Tante sono le storie e gli eventi che compongono questo racconto. Una lettura che in molti hanno patito, constatandone una lentezza sfociata per alcuni persino nella noia.

Definirlo noioso è indice di superficialità

Taboo

Nelle stanze dei bottoni e nei sobborghi londinesi assistiamo a intrighi, colpi di scena e plot twist inaspettati. Il vulnus di Taboo non risiede in una lentezza di carattere “tecnico”, quanto nella narrazione stessa degli eventi.

I lunghi confronti dialettici e le trame politiche decadono in uno sviluppo che manca di ritmo e sembra non saper tenere il passo con la velocità di pensiero e d’azione del protagonista.

Dunque Taboo è irrecuperabile? Se ci pensiamo, possiamo trovare un perché alla base di questa macchinosità. Taboo infatti assomiglia molto a un prodotto d’altri tempi, ideato per esprimere il suo potenziale nell’arco di diverse stagioni, attraverso una sceneggiatura frastagliata che piega su se stessa, indigesta alla pratica del binge watching, canone dei nostri giorni.

Per darvi un’idea: nel parlare di Taboo con una persona a noi vicina, il suo pensiero è stato “mi aspettavo che Delaney partisse per l’America già durante la prima stagione”. Proprio questo approccio può allontanare dalla visione di un prodotto simile, sminuendo una produzione che, come già detto in apertura, merita consenso.

La bellezza è qualcosa di soggettivo e il concetto stesso di perfezione non esiste. Taboo non sarà la prima né l’ultima Serie Tv a dividere la comunità dei serial addictedI difetti che gli si imputano sono sotto gli occhi di tutti, ma devono essere interpretati alla luce del fatto che quest’opera e il suo cuore, James Delaney, sono qualcosa di diverso e originale rispetto a quanto visto nella recente epoca seriale. Uno show che può non conquistare pienamente, ma che, dopo averlo sviscerato, ci fa dire di meritare rispetto e pazienza.

 Il tempo ci dirà quanto Taboo ha realmente da offrire. Chissà che gli scettici non finiscano col ricredersi

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