“Che cosa si può dire di un ragazzo ventenne che abbandona la serie That 70’s Show che lo ha reso famoso?”. ErIc Segal mi scuserà per aver preso in prestito e parafrasato il suo incipit di Love Story. In comune hanno solamente il periodo in cui si svolge la storia, ossia gli anni 70. Di certo That 70’s Show è una pura serie comedy e non ha nulla a che spartire con la storia d’amore con finale drammatico e irreversibile di Love Story. Il ragazzo che abbandona è l’attore Topher Grace che interpreta Eric Forman, il personaggio fulcro della famiglia parentale e di quella più centrale degli amici. Il punto di appoggio della leva That 70’s Show è il gracilino Eric (Topher Grace) che bene incarna il goffo adolescente con varie grammature di nerd, di ingenuo, amabilmente bullizzato dai suoi compagni. Il suo carattere è come la tappezzeria del divano che accoglie il gruppo di amici nel seminterrato della casa dei Forman, ininfluente per il risultato finale del divano che deve solo far stare comodi e, in questo caso, non arredare. Come può essere allora il punto cardine di questa serie comedy?
Il ragazzo senza qualità
Il paragone spontaneo che viene in mente è con il nerd per eccellenza Sheldon Cooper, il suo ego autoreferenziale e il suo posto sul divano dedicato, non scambiabile con nessun altro. Il confronto può sembrare ingeneroso non solo per Eric Forman ma anche per That 70’s Show nel complesso, però è solo un punto di partenza per capire il ruolo cruciale che ha avuto Topher Grace nella costruzione del personaggio. Eric non spicca per le sue qualità: pigro, inconcludente, sprofonda nel divano come sprofonda nella vita. Egli è il prototipo di adolescente concentrato sulle sue pulsioni sessuali, sul gruppo di amici, sulla ricerca della migliore battuta sarcastica, su come evitare le feste di compleanno a sorpresa perché troppo infantili mentre collezionare figurine e memorabilia di Star Wars no. Come descrizione non è avvincente, sembra un personaggio di contorno e non il perno di una serie eppure quando viene a mancare nell’ottava e ultima stagione la differenza è evidente e si fa sentire. Esempio perfetto di come l’attore giusto possa tramutare in reale il personaggio e attraverso la propria fisicità renderlo insostituibile. Il pretesto per dare una ragione plausibile all’allontanamento di Eric è il suo trasferimento in Africa per un anno d’insegnamento sul posto, un modo per poter azzerare il prestito universitario oltre a portare a chiusura il rapporto con Donna (Laura Prepon). Triste storia per That 70’s Show o anche per Topher Grace?
Non sempre l’importante è finire
Si sa, la serialità televisiva ha ragioni che lo spettatore non conosce. Ragioni di produzione, di rapporti tra il cast, di attori che si sentono troppo stretti nei panni di un personaggio (anche se fortunato) e vengono colpiti dalla sindrome di Hulk, lievitano per ego o per necessità professionale e stracciano i panni del personaggio per uscirne. Una patologia che ha l’unica cura nelle qualità di scrittura e narrazione degli autori della serie sempre se trovano una sponda nella produzione e/o nell’attore stesso. La sindrome di Hulk colpisce Topher Grace che aveva deciso di dedicarsi più completamente al cinema e quasi contemporaneamente contagia Ashton Kutcher (Kelso) che ha trovato oltre al successo professionale con That 70’s Show quello personale sposando Mila Kunis (Jackie). E se l’importante è “arrivare in salute al gran finale” purtroppo la serie non ci riesce, i colpi di tosse si iniziano a sentire dalla settima stagione che idealmente sarebbe potuta essere l’ultima con la presenza di tutti i protagonisti.
Ostinatamente la produzione decide di proseguire senza aver preparato una fine morbida al gruppo di ex adolescenti e ormai giovani adulti. Chiudere l’arco narrativo dei vari personaggi in maniera coerente e con motivazioni credibili. Si parla sempre di una comedy, una sit-com ma l’obbligo di mantenere fede al successo ottenuto resta. Nell’ultima stagione invece si assiste a tutto quello che non si dovrebbe fare quando un personaggio chiave non c’è più, trovare il sostituto. Il primo tentativo di rianimazione tocca al personaggio di Charlie. Lo interpreta Bret Harrison che invece di dare nuova linfa e salute alla serie, cede al fulmineo contagio della sindrome di Hulk. Dopo solo tre episodi lascia il ruolo per una migliore offerta. Il secondo e ultimo (disperato) tentativo di rianimazione fallisce in corso d’opera con l’introduzione di Randy Pearson (Josh Meyers), personaggio costruito coi “pezzi” mancanti di Eric e Kelso, l’ironia e il successo con le donne. Topher Grace darà l’estrema unzione con un cameo nell’ultimo episodio per sottintendere che la storia di amore con Donna riprenderà, che nell’universo parallelo del mondo seriale le cose sarebbero andate diversamente. Gli anni settanta esalano l’ultimo respiro insieme allo show.