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Lettera di Clarke a Lexa

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Cara Lexa,

ti scrivo pur sapendo che questa lettera finirà a bruciare insieme alle mille altre che ho provato a scriverti. E che tu non hai mai potuto leggere. Non posso farne a meno, purtroppo. Mettere su carta i miei pensieri sembra essere l’unica cosa che mi fa mantenere un minimo di lucidità. Probabilmente perché mi cullo nell’illusione che in qualche modo le mie parole possano arrivarti. Ho così tante cose da dirti. Così tante domande da farti. Ma soprattutto, vorrei poter tornare indietro e usare diversamente quel tempo perso a combattere battaglie spesso inconcludenti. Probabilmente non saresti d’accordo, se fossi qui. Salvare la nostra gente è sempre stata l’unica priorità. Perché prima di essere Lexa, prima di essere una donna, prima di essere un essere umano sei sempre stata Heda Lexa Kom Trikru. 

Lexa

Voglio essere sincera: all’inizio non capivo. Non capivo la crudeltà, la guerra. Non accettavo l’idea di un bene superiore che contemplasse il sacrificio di vite umane. Odiavo la facilità con cui stabilivi se un uomo meritasse o meno di vivere. L’idea di prendere non una, ma migliaia di vite, mi nauseava. E quando è stato il mio turno, quando sono stata io ad avere potere di vita e di morte sulle persone…mi sentivo terrorizzata! Ancora oggi non riesco a scrollarmi di dosso la sensazione di non meritarlo questo potere.

Poi c’è stato Mount Weather. Credo di aver provato un sincero moto di odio nei tuoi confronti quella notte. Il tradimento e l’abbandono non erano azioni che mi aspettavo da te. Quella stessa notte è nata Wanheda, in un battesimo di sangue e radiazioni che continua a tormentarmi. Quella notte ti ho odiata perché, nel momento in cui ho abbassato quella leva, ho capito che eri riuscita a farmi diventare più simile a te di quanto io avessi mai desiderato. E continuo ad odiarti perché non ti odio e perché, se potessi tornare indietro, farei esattamente la stessa cosa. Ho fatto la stessa cosa. Adesso mi ritrovo a dover scegliere tra una lotta contro il tempo e la rassegnazione alla morte. Chissà, magari arrendendomi riuscirei a godermi serenamente gli ultimi sei mesi della mia vita. Ma sai già quale sarà la mia scelta.

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Ricordo quando ti ho detto che la vita non poteva essere solo sopravvivenza, che doveva esserci qualcosa in più. La tua espressione era quasi indulgente quando mi guardasti. Quasi volessi dirmi che dovevo ancora vedermela con il male del mondo, come se quello che noi tutti stavamo passando e avevamo passato non fosse stato abbastanza. Oggi mi rendo conto che vivere è anche, e soprattutto, sopravvivere. E il vero coraggio risiede nel trovare la forza di svegliarsi tutti i  giorni per combattere nuova battaglia.

Il vero problema, Lexa, è che non siamo tutti la Comandante. Non abbiamo tutti la dannata Fiamma a conferirci una perfezione tale da rasentare lo status di divinità. Siamo umani. Siamo tutti umani. E abbiamo paura, siamo stanchi. La consapevolezza di dovermi prendere nuove responsabilità, di dover combattere ancora, mi corrode dentro. Mi trovo nuovamente in una posizione di potere, una posizione che non voglio avere. Voglio smettere di prendere vite. Voglio smettere di essere Wanheda (e di farmi odiare nper questo).

La verità è che sento il bisogno di isolarmi. Ho bisogno di piangere la morte della donna che amo, ma nessuno sembra in grado di capirlo. Ti ho persa non una, ma ben due volte, e non ho idea di come fare per cancellare l’immagine di te che muori nelle mie mani; di te che ti sacrifichi nella Città della Luce. Non doveva andare così. Ci meritavamo molto di più. In fondo, ci siamo trovate pur non vivendo sullo stesso pianeta, e questo doveva significare qualcosa. Doveva essere il segno che io e te eravamo nate per condividere molto più che guerra e dolore. Non ho mai chiesto o desiderato la felicità. Mi sarebbe bastato un momento di pace. La possibilità di svegliarmi accanto a te, senza l’incessante dubbio che ogni volta fosse l’ultima.

Sei entrata nella mia vita e l’hai sconvolta tanto che per un momento, per un solo singolo istante, sono stata tentata di non distruggere la Città della Luce. Di vivere in quella realtà, una realtà in cui tu eri viva e vegeta. Poi però mi sono detta che se avessi smesso di combattere non mi avresti più guardata con gli stessi occhi. Non mi avresti mai perdonata. Non mi avresti voluta. La nostra gente è e sarà sempre la priorità.

C’è una nuova battaglia all’orizzonte e mi chiedo come sarà cercare di voler vivere sapendo che tu, comunque, non ci sarai alla fine. Tutto sembra più difficile e sono stanca di avere il peso dell’umanità sulle mie spalle. Non l’ho mai chiesto, Lexa. Ma continuerò a combattere: per te, per noi e per tutte le persone che ci siamo promesse di proteggere.

La vita va avanti e anche io devo provare ad andare in una nuova direzione.

May we meet again, Heda.

Con tutto il mio amore,

Clarke.

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