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John Murphy: l’antieroe che racchiude l’essenza di The 100

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Non sempre e necessariamente il protagonista di un qualsiasi prodotto audiovisivo è il più amato, completo o dinamico, che sia la conseguenza di un qualche deficit del main stesso o di una buona realizzazione di altre figure che ne compongono il racconto, può accadere che anche i personaggi secondari o ricorrenti siano in grado di ritagliarsi uno spazio importante. Un esempio evidente di quanto appena dichiarato può essere ritrovato nello show CW The 100, giunto al termine nel settembre 2020. La serie sci-fi e post-apocalittica era partita nel 2014 con un protagonista ben definito, la giovane eroina orfana del padre Clarke Griffin, per poi consolidarsi a serie corale pur mantenendo nella ragazza un collante per le trame della sua storia. The 100, che trae la sua premessa dall’omonima saga di libri di Kass Morgan, avvia la narrazione con lo sbarco di cento criminali minorenni sulla Terra, ormai inabitabile da oltre 97 anni a seguito di un’esplosione nucleare. I pochi superstiti sono sopravvissuti per tre generazioni nella stazione spaziale Arca, ma a seguito di un drastico calo delle risorse e dell’autosufficienza della struttura, nel tentativo di salvare quel che resta della razza umana gli adolescenti incarcerati sono l’unica soluzione. Piuttosto che ucciderli espellendoli dalla nave, i membri del consiglio decidono di imbarcarli in una spedizione mortale per verificare la possibilità di ritornare a vivere sulla Terra. Ed ecco che di lì a poco, Clarke viene inclusa nella missione e affiancata da una pluralità di personaggi eterogenei e controversi, alcuni già presenti nei libri, come Bellamy Blake, e altri inediti come il dibattuto John Murphy. Quella di The 100 è una storia di sopravvivenza e umanità, un’umanità empatica ricercata e non sempre onorata. Una storia che si compone di una moltitudine di figure che entrano ed escono dalla narrazione in maniera più o meno incisiva. Tra i giovani protagonisti sopravvissuti, gli adulti che ne influenzano le scelte, e i tanti terrestri che si fronteggiano nel territorio, la serie CW è decisamente uno show collettivo in cui spiccano alcuni volti. Tra questi, uno di quelli che più ne cattura e riflette la dolceamara essenza è proprio il sopracitato John Murphy.

Partito come antagonista deleterio per il gruppo di tormentati adolescenti costretti alla missione terrestre, Murphy (Richard Harmon) arriva gloriosamente a testa alta e in vita al termine delle sette totali stagioni di The 100 con le vesti di un contradditorio antieroe che ha intrapreso un cammino di redenzione. Presentato inizialmente come il crudele e impulsivo scagnozzo di Bellamy, sovversivo al potere instaurato nell’Arca e successivamente da Clarke sulla Terra, il giovane personaggio di supporto è intenzionalmente scomodo e funzionale ad alimentare la trama con drammi estremi e crudi. E’ un soggetto ricorrente mostrato come freddo, egoista e destabilizzante per l’equilibrio del gruppo, tratti che lo porteranno a essere bandito dall’accampamento e a compiere azioni riprovevoli in nome del desiderio di vendetta e della rabbia che ne infiammano l’ego. Infatti, dopo esser stato catturato dai terrestri, torna al campo infettando consapevolmente i compagni con febbre emorragica e inizia a macchiarsi dell’omicidio di alcuni di questi, fino a tentare di far fuori Bellamy e sparare alla gamba di Raven danneggiandola irreparabilmente.
La freddezza del personaggio e delle relazioni che questi intraprende coi compagni di avventure emergono proprio dal fatto che nessuno di questi lo chiami mai per nome, se non per cognome, fino a diventare un’abitudine. Una maniera impersonale di scandire un rapporto esclusivamente di convenienza. Una dei pochi a chiamarlo John è proprio Emori, l’unica ad avere avuto un rapporto fisicamente e mentalmente intimo e duraturo con Murphy.

Ricorrente per le prime due stagioni, il talento di Harmon e il contributo che una figura così interessante e acida, seppur inizialmente non cruciale, l’hanno portato alla promozione al main cast per tutte le stagioni a venire. Proposto come personaggio marginale e inedito, a Murphy viene riconosciuto un ruolo sempre più centrale.

John Murphy evolve e involve con lo show.

Il primo importante cambiamento di un personaggio segnato da ira, aggressività e impulsività si ha nel corso della seconda stagione: con l’egoistica paura di rimanere solo in un contesto tanto ostile, Murphy cerca di riconquistare la fiducia dei compagni e di contribuire attivamente alle disavventure di questi. Mosso dalla frustrazione per il continuo senso di esclusione, intraprende il viaggio verso la Città della Luce insieme a Jaha. Attraverso un’esperienza travagliata di isolamento in cui trascorre 86 giorni rinchiuso in bunker in cui Thelonious l’aveva lasciato indietro, John Murphy è segnato visibilmente e per la prima volta abbiamo una chiara ed esplicita dimostrazione di umanità e vulnerabilità del personaggio. Lo spietato e freddo ragazzo, che già ci aveva reso partecipi di timide aperture e fragilità (come quando confessa la triste storia dei familiari a una moribonda Raven), ha un animo tormentato e sofferente di solitudine e mancanza di amore. Un cambiamento importante è evidente poi nella quarta stagione, in cui troviamo un Murphy mosso da compassione, altruismo e rimorso. Nonostante nella quinta stagione sembra fare un passo indietro nel nome dell’instabilità che caratterizzano l’antieroe, questi è sempre e comunque disposto a schierarsi al fianco di chi sostiene, anche se spesso si tratta di una fiducia unidirezionale e di un’ammirazione scostante a fronte proprio dei crimini di cui si è macchiato in precedenza. Ma Murphy sembra a ogni modo abbracciare timidamente e col solito sarcasmo il cambiamento.

What the hell. Let’s be good guys.

Torturato e imprigionato un numero di volte ormai indefinito, sembra sempre capace di scamparla, anche con risultati impressionati. Da vero scarafaggio, come Raven e gli altri compagni lo etichettano, John è furbo quanto basta per cavarsela da solo, nonostante nell’intimo ambisca a un’integrazione nella squadra. Con gli episodi e le stagioni scopriamo con il personaggio stesso la grande empatia che cela dietro la maschera individualista e spocchiosa che spesso indossa. Grazie a Emori, Raven, Bellamy, Clarke e i compagni che gli sono stati più affianco, Murphy è protagonista di un viaggio di redenzione che racchiude la trama di The 100 stesso. E’ l’antieroe per eccellenza, fa un passo avanti e due indietro, e viceversa. E’ artefice di un progresso che accompagna in tutte e sette le stagioni la storia principale dello show. E’ presente quando i giovani delinquenti sbarcano sulla terra; quando Finn compie il fatale genocidio; quando Jaha viene plagiato da A.L.L.I.E.; quando Raven è totalmente in balia della stessa. Spende sei anni nello spazio, nuovamente nell’Arca; si schiera al fianco della Wonkru nella quinta stagione e passa insieme ai compagni ben altri 125 anni assopito nel cryosonno. Arriva infine a Sanctum dove l’ultimo grande scontro sta per avere luogo, qui finalmente conquistata la fiducia e il rispetto degli amici, e assume un inedito ruolo di leader sostituendo Clarke e Bellamy contro Sheidheda.

Nonostante fosse inizialmente orientato nelle azioni più buone dall’individualistico desiderio di sopravvivenza e dal tornaconto personale, anche John sembra trovare una propria strada. Una strada fatta di pentimento e dubbi, non limpida pienamente, ma amara e controversa come la storia a cui The 100 ci ha abituati.

Nella sesta stagione il suo percorso di redenzione è ufficialmente messo alla prova ponendolo dinnanzi a un bivio che ne riflette la controversa personalità: Murphy è combattuto tra l’egoistico desiderio di immortalità e i sentimenti nutriti per gli amici ormai divenuti dei veri e propri familiari. Ma ormai John è cambiato, e lo dimostra proprio il fatto che sia il primo ad accorgersi della temporanea morte di Clarke a opera di Josephine, pur seguendola con lo scopo di ottenere la vita eterna per sé stesso ed Emori. Nonostante venga tentato da ambizioni che ne hanno segnato l’identità, Murphy è in grado di compiere la scelta moralmente più giusta ed è riportato sulla buona strada da Raven, che nel corso delle stagioni è sempre stata la rappresentazione concreta della coscienza altalenante dell’uomo. L’unica in grado di riporre sempre e comunque una fiducia stimolante e comprensiva nei suoi confronti. Il rapporto onestamente pungente e confortante tra i due riflette sullo schermo una lunga storia di rimorso, perdono e crescita in cui la moralità è centrale per entrambi.

I know you’re scared to die. But everyone dies. If you want to avoid hell, the answer is not immortality. It’s morality.

Murphy passa gradualmente dall’essere un’iconico creatore di caos a fare ammenda, fino a mettere sé stesso a rischio per la collettività. Mette a repentaglio la propria incolumità per gli abitanti di Sanctum contro Sheidheda. E’ cresciuto, ha accettato il proprio passato per divenire una persona migliore. E’ maturato ed è qualcuno in cui vale finalmente la pena credere, mostrando addirittura imprevedibili qualità di leadership. Non è più solo e non ha più motivo di sentirsi inutile.

John Murphy non è soltanto uno dei tanti oscuri e tormentati personaggi di The 100, è anche una di quelle figure capaci di portare momenti di luce. Ciò non solo attraverso il percorso di redenzione di cui è protagonista, ma grazie anche all’umorismo di cui si dota. E’ sarcastico e propone dalla prima all’ultima puntata un’ironia sottile che ne inacidisce le azioni. E’ il personaggio che più offre una boccata d’aria fresca quando la serie assume tinte troppo scure, è la principale fonte di leggerezza e humor in un The 100 che alle volte ha bisogno di sdrammatizzare gli aspri toni narrativi impiegati.

Ma Murphy è meravigliosamente scomodo e controverso in buona parte della sua storia. E’ un ragazzino lasciato a sé stesso, irritabile e irascibile che cela un lato altruista e generoso per chi ne è meritevole. Proprio per questo è uno scarafaggio che si è spesso mosso in modo subdolo col solo intento di trarre giovamento dalle situazioni. Dopo una buona parte di vita passata da solo nel tentativo di sopravvivere a ogni costo, è mosso dall’amore compassionevole per Emori e mangiato dal senso di colpa per le sorti dei genitori e dal rimorso per quanto inflitto a Raven: per questo, Murphy si apre a un dilemma morale che ne travaglia la psiche.
John Murphy si ama o si odia, e proprio perché lo si odia non si può fare a meno di amarlo. The 100 ci ha reso spettatori di una storia alla ricerca di un umanità perduta, fatta di scelte crudeli in nome di una pace ambita ma lontana, e John sintetizza in sé l’essenza di una agognata serenità per la quale saremmo egoisticamente disposti a tutto al punto da cambiare in virtù di uno scopo più grande. E’ veramente la pace quella ottenuta se per raggiungerla sono stati impiegati mezzi tutt’altro che moralmente nobili? John Murphy è così: umanamente imperfetto, empatico e ambiguo. Il suo percorso di crescita accompagna lo show nel suo dispiegarsi, divenendo l’esempio concreto del cambiamento e dell’evoluzione che la trama e la morale dei The 100 cercano di esplicare nell’articolarsi delle avvincenti puntate.

Del resto, The 100 si compone di personaggi e protagonisti tutt’altro che esemplari, ciascuno di questi si ha commesso crimini e azioni poco lodevoli. Anche i più buoni si sono macchiati di peccati in nome della sopravvivenza. A tal proposito, se John Murphy è l’essenza di The 100, Octavia Blake ne è la vera protagonista indiscussa.

Le azioni opinabili che ha compiuto l’hanno tormentato e spinto a cercare sé stesso, fino a renderlo l’individuo completo che nel finale di stagione è disposto a sacrificare la propria vita per spendere gli ultimi minuti di quel che ne resta con l’amata Emori, consapevole del fatale destino che la decisione riserva. E ancora, quando il pericolo sembra finalmente scongiurato, Murphy rinuncia alla possibilità di beatitudine tanto ambita. Mentre il resto dell’umanità trascende, John, e il resto dei sopravvissuti compagni che fanno di The 100 uno show corale, decidono di rimanere con Clarke e vivere il resto della propria esistenza da soli, ma insieme, sulla Terra.

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