Behind The Series è la rubrica di Hall of Series in cui vi raccontiamo tutto quel che c’è dietro le nostre serie tv preferite. Sul piano tecnico, registico, intimistico, talvolta filosofico.
The Alienist rientra perfettamente nel filone di serie tv crime che negli ultimi anni hanno conquistato gli spettatori: la tensione del thriller si unisce a un’attenta e coinvolgente analisi della società e dei “mostri” che tende a creare. Ambientata in una New York ottocentesca oscura e violenta, seguiamo le tracce di tre protagonisti: Laszlo Kreizler, l’alienista (termine desueto che indica un professionista nell’analisi della psicologia umana e delle malattie mentali); John Moore un illustratore che lavora sia per la polizia che per i nascenti giornali; e Sara Howard, una giovane donna il cui obiettivo è diventare la prima detective di New York.
Con queste semplici caratteristiche sono state costruite due stagioni sconvolgenti che, nonostante rispettino tutte le particolarità del genere, hanno saputo utilizzare sapientemente alcuni twist narrativi per creare una tensione costante e piacevole.
Come è possibile però creare un prodotto narrativo che sappia incuriosire e allo stesso tempo impaurire gli spettatori? Quali sono gli elementi che rendono una storia sinistra? Nonostante le numerose serie tv che compongono il genere crime – da Mindhunter a True Detective, da Sherlock Holmes a Criminal Minds -, The Alienist ha saputo creare un mix vincente di elementi già noti, ma che la rendono una narrazione al cardiopalma.
Costruzione dell’atmosfera
The Alienist è ambientata nella cosidetta Età dell’Oro americana: alla fine dell’Ottocento infatti gli Stati Uniti conobbero una crescita febbrile, dovuta principalmente alla scoperta di ingenti quantità di oro da sfruttare per il commercio e non solo.
Questa crescita esponenziale ha trasformato in pochissimo tempo le grandi città: la New York in cui i nostri protagonisti si muovono non è ancora la Grande Mela a cui gli spettatori sono abituati. E’ un luogo sporco, losco ed estremamente violento. Le classi sociali dividono nettamente due modi di vivere e conoscere la città: il primo, prerogativa di pochi, ricorda le corti e l’aristocrazia di stampo europeo con la sua opulenza, mentre il secondo riguarda la sopravvivenza dei più poveri ed è caratterizzato da disperazione, violenza e sfruttamento.
Nella serie, infatti, vengono narrati degli omicidi tutt’altro che convenzionali: nella prima stagione si parla di ragazzini travestiti da donne per vendere il proprio corpo nei bordelli, mentre nella seconda a morire e scomparire sono dei neonati appartenenti alle classi più alte della società.
La scelta di questo tipo di temi non è assolutamente casuale: soffermandosi sugli indifesi per eccellenza – i minorenni – The Alienist porta un livello di distrubo ulteriore rispetto al naturale disagio creato dal tema dell’omicidio. Grazie a queste scelte, infatti, la serie può permettersi di sviscerare temi delicati e attualissimi come la corruzione istituzionale, la diseguaglianza sociale oltre a illustrare con accuratezza storica la condizione disumana nei manicomi, nei bordelli, negli ospedali ostetrici e così via, veri mali presenti in quel periodo (e non solo).
Un elemento importante in The Alienist, che rappresenta forse la carta più originale della serie, riguarda l’utilizzo della psiconanalisi come metodologia investigativa della serie. Alla fine dell’Ottocento le teorie psicoanalitiche iniziano a prendere piede come approcci filosofici e scientifici. Il protagonista della serie, Laszlo, è un cultore della materia che utilizza i propri studi e i propri saperi per aiutare i pazienti malati a guarire dai propri disturbi e analizzare i casi polizieschi alla ricerca di informazioni importanti. Sebbene questo modus operandi rispecchi quello di altri detective famosi – in primis Sherlock Holmes – la particolarità sta nel modo con cui questo metodo viene percepito dalla società del tempo.
Lungi dall’essere una materia razionale e logica, la psicoanalisi del periodo è allusiva, è conturbante, rimanda a un rimosso che la mente umana rifiuta di riconoscere e che sconvolge per le sue implicazioni tutt’altro che concilianti. Ad esempio, l’utilizzo dell’ipnosi indica bene l’aura sovrannaturale che questa materia sembra possedere nella serie: in questo modo vengono indagate le dinamiche inconsce dell’individuo, scoperchiando come per magia l’apparenza semplice dei personaggi e delle situazioni in cui si trovano e portando alla luce le storture e il grottesco sempre presenti al di là dell’ombra.
Costruzione dei personaggi
Ovviamente l’atmosfera da sola non riuscirebbe a costruire le fondamenta necessarie alla serie: molto del lavoro di base viene svolto anche dai personaggi. Il cast di The Alienist è eccezionale e le loro performance permettono davvero di immergersi completamente in questa narrazione.
Daniel Brül, in particolare, sa impersonificare al meglio il suo ruolo (anche perchè nella vita reale è anche lui uno psicologo). L’alienista è un personaggio estremamente moderno inserito in un contesto che lo sopporta con diffidenza ai margini della buona società: la sua solitudine, la sua perspicacia e la sua volontà di aiutare i reietti lo allontanano dalla classe a cui appartiene, ma è proprio questa innata curiosità a renderlo un ottimo aiuto nelle investigazioni. La sua volontà di applicare anche nuove modalità di indagine – come l’analisi di tessuti o impronte digitali, idee rivoluzionarie per l’epoca – lo rende allo stesso tempo rassicurante per noi e inquietante per gli altri personaggi. Ad esempio, una frase come la seguente – che ben rappresenta la mentalità di immedesimazione tipica dei profiler contemporanei per capire le azioni del killer – si colora di una sfumatura più agosciante nel contesto di The Alienist:
“Only if I become him, if I cut the child’s throat myself, if I run my knife through the helpless body and pluck the innocent eyes from a horrified face … only then will I come to truly understand what I am.”
“Solo se divento lui, se anch’io taglio la gola del bambino, se anch’io trafiggo col mio coltello il suo corpo impotente e strappo i suoi innocenti occhi dalla faccia inorridita… solo allora sarà in grado di capire davvero cosa sono.”
Ciò è ancora più evidente soprattutto se si compara il suo personaggio a quello interpretato da Luke Evans: John Moore infatti è un uomo semplice, razionale, che cerca in tutti i modi di non deviare dalla norma. La sua fascinazione per il mondo del rimosso e del subconscio è puramente superficiale, almeno all’inizio della serie. Col progredire degli episodi, però, questa fascinazione assumerà i contorni non solo dello sgomento di fronte all’efficacia delle deduzioni, ma anche dell’orrore provato per l’emergere di motivazioni inquietanti dietro gli omicidi.
Al centro tra questi due mondi è Sara Howard, interpretata dalla bravissima Dakota Fanning. Così importante ed equilibrata da essere la protagonista della seconda stagione, Howard è una donna curiosa e attenta, determinata nel dimostrare le proprie capacità intellettuali e il suo ruolo, all’inizio della serie, ricalca perfettamente il personaggio in cui lo spettatore si può immedesimare più facilmente (in questo articolo ne approfondiamo l’analisi).
Costruzione della storia
La parte più importante nella caratterizzazione della serie rimane comunque la costruzione della narrazione. Se i personaggi e l’atmosfera permettono di creare sfumature più sconvolgenti e dark, la storia è in vero nucleo di suspense di The Alienist.
La serie è una combinazione di mistery, thriller e suspense: nella critica letteraria, cinematografica e televisiva questa terminologia serve a distinguere alcune caratteristiche molto importanti. Il mistery infatti prevedere la presenza di un protagonista il cui scopo principale è risolvere un mistero o, in questo caso, una serie di omicidi. All’inizio delle stagioni lo spettatore ne sa tanto quanto i personaggi e la suspense si tiene al minimo, mentre scopriamo le relazioni e gli avvenimenti importanti per lo sviluppo della storia.
Successivamente si evidenziano tratti più attinenti al thriller, dove la storia è intrisa di un costante senso di pericolo che mantiene lo spettatore in uno stato molto alto di attenzione: piccoli indizi vengono disseminati nell’arco della puntata tramite il linguaggio cinematografico (un cambio di colonna sonora, un movimento di camera sospetto). Qui il ritmo della serie comincia a velocizzarsi mentre le scene si susseguono in un costante alternarsi di rivelazioni, passi falsi e punti ciechi.
Il momento di massima suspense, però, si ha quando la relazione tra personaggi e spettatori viene a cambiare nelle dinamiche: quando lo spettatore sa più del protagonista la tensione arriva alle stelle. Gli indizi, ormai palesi, si susseguono mentre la storia continua con un ritmo costante di preoccupazione. Ad esempio, nella seconda stagione si scopre abbastanza presto l’identità della ladra di bambini: dopo un’intera puntata incentrata sul personaggio apparentemente gentile di Libby Hatch e sulla nascente relazione di amicizia con Sarah, lo spettatore scopre con sgomento che è lei a rapire i bambini, uccidendoli in seguito a traumi passati con la propria gravidanza.
Sebbene questo rapporto di diseguaglianza duri pochi episodi, la conoscenza è fondamentale nella creazione di ansia in attesa degli avvenimenti successivi: le indagini della nostra protagonista procedono all’oscuro di tutto e, proprio per questa informazione mancante, una sua collaboratrice viene avvelenata e rischia la morte.
In questi modi si tratteggia una suspense che non ha a che fare semplicemente con la scoperta dell’omicida, ma riguarda più da vicino le motivazioni che si celano dietro i crimini. Sia nella prima che nella seconda stagione, infatti, la parte più adrenalinica di The Alienist riguarda la comprensione dei processi mentali degli assassini e la possibilità di anticiparne le mosse e catturarli. Il tutto in un mondo tecnologicamente inferiore al nostro dove le informazioni viaggiano in modo più accidentato e frustrante.
L’utilizzo che The Alienist fa di questi meccanismi narrativi è tutt’altro che scontata: affidandosi alle capacità di deduzione del pubblico – ormai abituato al genere crime – e sperimentando con nuovi modi di introdurre apprensione, la serie utilizza al meglio le proprie carte e permette la creazione di un’esperienza immersiva grazie anche a un’atmosfera evocativa e perturbante in cui i personaggi, misteriosi e tenaci, cercano con i propri limitati strumenti di far venire a galla la verità. Se è vero che mondo qui rappresentato è più violento, crudo e ingiusto del nostro è altrettanto vero che questo non è che il passato su cui è stata costruita la nostra società il quale continua non solo a presentare le stesse ingiustizie e gli stessi problemi, ma produce anche gli stessi mostri e le stesse atrocità.