Ci sono diversi motivi che ti spingono a iniziare una nuova serie. Puoi iniziarla perché è famosissima e la maggior parte della gente la giudica un capolavoro, può incuriosirti il trailer, segui casualmente il pilot e ti prende al punto da voler continuare a tutti i costi, c’è il tuo attore o la tua attrice preferita, o magari è tratta da un libro che hai letto o più semplicemente il regista è lo stesso della serie che più ami.
E poi c’è la trama. Credo che un buon 95% di noi (e mi sono tenuto basso) inizi una nuova serie sapendo comunque già di cosa parla, almeno le nozioni basilari. E poi c’è lui: l’istinto! Quello che ti fa scegliere una serie in particolare in mezzo a tante, magari una poco reclamizzata e che ti stuzzica particolarmente per il genere o, appunto, la trama. E’ così che ho deciso di iniziare a seguire The Americans, recuperando le prime 2 stagioni grazie a Netflix e guardando poi la 3° in diretta su Sky. Un netto 3-0 in favore del mio istinto!
The Americans è ambientata negli anni ’80, in piena guerra fredda. Elizabeth e Phillip Jennings (rispettivamente Keri Russell e Matthew Rhys) sono due agenti segreti del KGB russo facenti parte del Direttorato S, il nucleo che contempla tutte le spie russe sotto copertura presenti in territori esteri. Sono stati inviati in America 15 anni prima e il KGB li ha fatti diventare marito e moglie, facendogli poi costruire una vera e propria famiglia, con l’arrivo dei figli Paige e Henry, con un lavoro normale e rispettabile (un’agenzia viaggi) e una vita da perfetta famiglia americana. In realtà però Elizabeth e Phil sono tra i più bravi agenti sotto copertura del KGB e sono sottoposti spesso a compiti duri, a commettere omicidi e a fare del male a volte anche a persone innocenti pur di salvaguardare la loro Patria e la loro copertura. Nel corso delle tre stagioni risponderanno prima a Claudia (Margo Martindale) e poi a Gabriel (Frank Langella) con un breve passaggio di consegne di una giovane donna con poca esperienza e, per questo, con breve durata. I supervisori faranno comunque rapporto al capo della Rezidentura di Washington, Arkady Ivanovich (Lev Gorn).
La loro copertura verrà messa più volte a rischio anche per effetto dell’eccessiva vicinanza con l’agente dell’FBI Stan Beeman (Noah Emmerich) trasferitosi di fronte agli Jennings all’inizio della prima stagione e, soprattutto, trasferito alla divisione che si occupa proprio di scovare spie nemiche in territorio americano. Il nemico in casa, in poche parole. Anche perché gli Jennings e i Beeman faranno presto amicizia e diventeranno molto intimi nel corso delle tre stagioni. Tanto che Stan nella terza stagione, dopo la separazione con la moglie Sandra, cenerà praticamente quasi tutte le sere a casa dei suoi vicini/amici.
Stan è un agente tutto d’un pezzo e completamente ligio al dovere. Questa è la sua apparenza, ma quando recluterà Nina Sergeevna (la bravissima Annet Mahendru), dipendente della Rezidentura, la sua vita cambierà di colpo. La ragazza invia soldi ed oggetti alla famiglia in Russia, cosa considerata illegale dai suoi connazionali. L’agente Beeman lo scopre e con la promessa di tenere tutto all’oscuro, la convince a fare il doppio gioco, rivelandogli importanti notizie sulle mosse del KGB. Ma tutto si complicherà quando i due inizieranno una relazione e quando Nina confesserà al suo capo Arkady il suo tradimento. Inizierà così un circolo vizioso che finirà per portare Nina in un carcere russo a scontare una lunga condanna, Stan a essere lasciato dalla moglie e a cercare l’impossibile pur di salvare Nina, compreso un “accordo” con Oleg, un collega di Nina anch’esso innamorato di lei. I due diventeranno alleati nascosti nel tentativo di salvare la ragazza.
Con il passare del tempo, Elizabeth e Phil dovranno affrontare i loro figli che crescono e iniziano a fare domande e ad avere sospetti. Diventerà così sempre più dura tenerli all’oscuro della loro vera vita, dei loro segreti, delle loro menzogne. Il loro rapporto è senza dubbio una delle parti fondamentali della storia. Oltre a vedere sempre all’opera i due nel loro lavoro di spionaggio, entriamo spesso in casa loro con tutto ciò che comporta vivere la quotidianità con un peso del genere da portarsi addosso. I due inoltre saranno costretti spesso a intraprendere relazioni extra per portare avanti i loro scopi. Phil sarà costretto addirittura a sposarsi con Martha, la segretaria dell’agente Gaad, il capo della sezione dell’FBI dove lavora Stan, fingendosi un supervisore dei servizi governativi americani.
Nata da un’idea di Joe Weisberg, The Americans è sviluppata su 3 stagioni da 13 episodi, con una 4° stagione già in programma per il prossimo anno. In America ha riscosso un ottimo successo, con il pilot della prima stagione visto da quasi 5 milioni di telespettatori, uno dei migliori debutti di sempre negli States e anche la stessa critica ha sempre dimostrato di apprezzarla molto, con diverse candidature e premi ricevuti da The Americans sia come serie, sia per gli attori.
E’ realizzata e sviluppata con un’obiettività non sempre comune agli americani. Per come va il corso della storia è come se ci si sentisse al fianco dei russi, dalla loro parte. Il loro lato umano e il concentrarsi molto di più sulle loro storie anziché su quelle americane, fa si che lo spettatore possa farsi autonomamente un’idea di ciò che sta succedendo, ben consapevole che la Storia non si cambia e che ciò che è successo in quegli anni resterà indelebile nella memoria e nelle pagine di Storia americana, russa e del mondo intero.
Il mio consiglio è quindi quello di recuperare The Americans se ancora non l’avete vista e darle il giusto tempo e il giusto spazio per farvi appassionare.
Il ritmo vive di continue accelerazioni e tempi di rilassamento ma saprà prendervi fin dai primi episodi. E se vi piacciono le storie di spionaggio e d’azione, questa è la serie giusta per voi.
Paolo Martina