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Non si è mai vista una coppia come quella di The Americans

The Americans
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La storia delle serie tv è costellata di coppie eccellenti. Coppie che hanno sostenuto e dato linfa a show di ogni tipologia e genere. Eppure, tra tutte queste ne spicca una sopra le altre. Stiamo parlando dei protagonisti di The AmericansElizabeth e Philip Jennings. Questa straordinaria serie tv prodotta da FX e terminata con la sesta stagione la scorsa primavera racconta le vicende di una coppia di spie russe in America.

The Americans

Nadezhda e Mischa, questi i nomi di battesimo dei due protagonisti, nascono in Unione Sovietica. Giovanissimi vengono reclutati dal KGB e addestrati per una missione strategica: entrare a far parte del novero delle cellule dormienti sul suolo americano. Negli anni ’60, quindi, sotto falsa identità entrano negli Stati Uniti. Qui assumono le identità di Elizabeth e Philip Jennings. Vestono i panni di una coppia americana, della classe media, vivendo in una tranquilla zona residenziale nei pressi di Washington. A un certo punto ricevono l’ordine di diventare una vera famiglia. I due mettono al mondo due figli, Paige ed Henry, per rendere più forte la loro copertura. Di giorno, quindi, sono una normale famiglia americana. Di notte difendono con veemenza gli interessi dalla Madre Patria.

The Americans esplora con panni diversi gli svariati aspetti che questa situazione scatena. In primis, ovviamente, quelli della spy story. Infatti, come nella più classica tradizione spionistica, vediamo la coppia di spie travestirsi, sedurre, raggirare e uccidere per ottenere informazioni e tutelare gli interessi sovietici. Ma anche quelli del family drama. I Jennings infatti attraversano tutte quelle dinamiche che ci aspettiamo da una coppia giovane con figli della middle class statunitense. Situazione acuita dal fatto che Paige ed Henry sono americani a tutti gli effetti e, fino a un certo punto, totalmente ignari della reale identità dei genitori.

Ecco, il tema dell’identità è il cuore di The Americans. Chi sono Elizabeth e Philip? Chi sono per i loro figli? Per i loro amici o per i loro nemici? Come detto non è solo una questione di spionaggio, ma la necessità di trovare una risposta a queste domande, anche in modo introspettivo, genera dinamiche straordinarie tra i due personaggi.

L’identità quindi, come dicevamo, è al centro stesso della serie. Elizabeth e Philip sono indubbiamente russi, ma sono anche perfettamente integrati nella società americana. Con il passare delle stagioni e in seguito al progressivo aumento della brutalità delle missioni si insinua e acuisce in loro il dubbio. Inevitabile è la messa in discussione del loro cieco impegno nei confronti di una nazione lontana per la quale serbano più il ricordo che la pura nostalgia. Ovviamente, i due coniugi reagiscono in maniera differente. Lo sceneggiatore Joel Fields sottolinea questo aspetto in modo lucido:

The Americans ci costringe a confrontarci con gli ideali dei suoi protagonisti, con i sogni del capitalismo e quelli del socialismo. Ci aiuta, forse, a pensare a un equilibrio che ancora non è stato trovato.

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Per quanto riguarda i loro figli, che attraversano l’infanzia e l’adolescenza, non sanno, almeno non all’inizio della serie, praticamente nulla delle attività dei loro genitori. Nemmeno immaginano che non siano realmente americani. Questa relazione, basata su diversi piani di conoscenza della realtà, è l’ennesimo elemento trainante della serie. Un’estremizzazione del sempre e comunque difficile rapporto tra genitori e figli. Tutto questo ci fa capire come le missioni di intelligence, supporto o destabilizzazione, siano in ultima analisi solo incidentali. Nell’equilibrio della drammaturgia della serie sono solo una scusa per esplorare altre questioni, spirituali e psicologiche. E, ovviamente, per generare più o meno empatia nello spettatore.

Il vero cuore di The Americans è l’amore. Una straordinaria storia d’amore. Fin dal suo esordio, fin dall’episodio pilota, ci viene mostrato con una scena eccellente cosa comporti il gioco delle parti per questa coppia fittizia.

Sei mia moglie! dice Philip rivolto a Elizabeth, che lo respinge mentre cerca di baciarla. Quest’ultima, graffiante come sempre, risponde Davvero?. Questa semplice battuta distrugge ogni tentativo di riavvicinamento. Con il passare delle stagioni però, Elizabeth e Philip si osservano, si studiano, per riavvicinarsi e aprirsi l’uno all’altra. Ma, soprattutto, per imparare ad amarsi.

Il matrimonio di facciata tra Elizabeth e Philip lascia il posto a una timida intimità. Attraversata e costellata da una pletora di missioni in cui si trovano reciprocamente costretti a sedurre e amare le fonti delle loro informazioni. Difficile immaginare un ostacolo più grande alla costruzione di un rapporto.

Eppure, mai una coppia è risultata così forte. E a suo modo, sincera.

Questa straordinaria alchimia tra i due protagonisti, Keri Russell e Matthew Rhys, è sicuramente dovuta al loro cristallino talento. Ma non sarebbe corretto ignorare il merito del direttore del casting della FX per aver fiutato queste potenzialità. Curioso che la Russell, pochi mesi dopo l’inizio della prima stagione, abbia annunciato il suo divorzio. Solo qualche mese dopo formalizzerà la sua relazione proprio con Rhys.

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Matthew Rhys incarna perfettamente il lato più sensibile della coppia. Umano nei dubbi e forse nei sentimenti. Ma non per questo incapace di compiere in modo efficiente ed efficace i più turpi lavori. Sicuramente molto più permeabile rispetto a Elizabeth. Potremmo arrivare quasi a definirlo “più umano” rispetto alla sua consorte. Le espressioni di Keri Russell sono taglienti fin dal primo minuto. Una seduttrice malvagia, algida e selvaggia al contempo che incarna perfettamente il concetto di antieroina, o di “dura” come ha detto lei stessa in una recente conferenza stampa al festival di Austin.

La straordinaria recitazione degli attori si inserisce in modo perfetto e simbiotico in uno scenario di rara sottigliezza e raffinatezza.

Senza peccare in alcun modo di manicheismo, Joe Weisberg e Joel Fields riescono a decifrare la Guerra Fredda mostrandoci il declino con gli occhi del senno di poi. Perché, come scrisse il New York Times:

The Americans è sempre stata malinconica. In parte a causa del suo contesto storico poiché sappiamo fin dall’inizio che Elizabeth e Philip stanno combattendo per una causa persa.

Quando assistiamo alle scene a due in The Americans, tra i coniugi, assistiamo a qualcosa che trascende la recitazione. Vi è una sorta di straordinario momento in cui non è più necessario ricorrere alla “sospensione dell’incredulità” per immergerci in quello che stiamo osservando. Ciò che vediamo è vero. È reale. I giochi di sguardi, i gesti, i silenzi, sono perfettamente inseriti in una relazione più ampia di intenti. Non vediamo due attori che interpretano due personaggi, ma abbiamo dinnanzi a noi un singolo elemento: una coppia. L’unità nella diversità.

Questo risultato non è derivato unicamente dalle qualità attorali, dalla scrittura o dalla regia. Ma è qualcosa di più raro, di più alchemico. Un perfetto equilibrio di tutti questi elementi che si combinano in modo sublime per assurgere a qualcosa di più elevato e determinato da un solo singolo e potente fattore: l’amore. Questo è il collante che rende insuperabile questa coppia. L’amore per il proprio lavoro, per la recitazione, per il progetto The Americans, da parte degli attori, ovviamente. L’amore verso l’altro, verso la Patria e i figli, da parte dei personaggi. Ma soprattutto l’amore reciproco tra Keri e Matthew che sublima una situazione unica e forse irripetibile.

Probabilmente non rivedremo per molto tempo una coppia così in una serie tv.

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