Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler su The Bad Guy 2.
C’è un gatto dentro una scatola. La scatola è chiusa, e il gatto è morto. Ma è pure vivo, fino a quando qualcuno non deciderà di aprirla. Vivo o morto, sospeso tra un destino già scritto e un racconto dal finale ancora ignoto. C’è un gatto dentro una scatola. E un magistrato che sta fuori da una bara, anche se tutti sono convinti che sia chiuso dentro da tempo. Il gatto, e un mafioso siciliano trapiantato nell’America del Sud. Lo credevano morto… e invece no: a un certo punto risalta fuori. È vivo. Vivo e morto, con un posto occupato in un remoto cimitero in Perù.
La chiudiamo qui, o forse no. Perché la storia del gatto di Schrödinger la conoscono un po’ tutti: i pochi che non la conoscono, invece, possono andare a cercare dentro una puntata di Superquark. E il magistrato? Il mafioso? Nino Scotellaro? Balduccio Remora?
Ah, per parlare di loro bisogna tirar fuori The Bad Guy 2.
Chi ha visto la seconda stagione della straordinaria serie tv, disponibile su Prime Video, lo sa: questa storia del gatto di Schrödinger è in qualche modo il fil rouge che fa da raccordo all’intera narrazione.
Era già stato così nella prima stagione, e lo è ancora di più in The Bad Guy 2: il gioco di un illusionista, svelato dal superboss Mariano Suro, mostra lo stato di sospensione perenne nel quale si trova un po’ tutto.
Una bolla di non-vita che morte non è. Una scatola infernale che rappresenta un’area grigia tra quello che è, non è ed è lo stesso, ma solo fino a un certo punto. Tra la terraferma e l’acqua, tra lo Stato e la Mafia, tra tutti gli elementi che si ritrovano nel mezzo, stretti in una morsa e liberi di riscrivere la propria storia. Elementi in caduta che non si schiantano a terra ma si fermano a un millimetro dall’impatto, fino ad arrivare al punto di non ritorno. Sì, Nino Scotellaro e Balduccio Remora. Ma anche tutti gli altri: frammenti di un dramma che sconfina nella farsa, e nella commedia grottesca dai tratti ibridi che sfugge a ogni potenziale catalogazione. Le risate più fragorose e le lacrime più struggenti, da un momento all’altro.
Volete affibbiare un genere a The Bad Guy 2? Beh, guardate dentro la scatola col gatto: sarà lì, nella sua sontuosa ambiguità. Eccola, la dramedy di Schrödinger.
Esagera, The Bad Guy 2. Esagera e si supera, finendo per essere persino più bella della già straordinaria prima stagione.
Un’opera monumentale che rappresenta il manifesto artistico e creativo di un team di autori illuminati (Ludovica Rampoldi, Davide Serino e Giuseppe G. Stasi, ai quali si sono aggiunti nella seconda stagione Fortunata Apicella, Giacomo Bendotti e Giordana Mari) e di due registi (Giancarlo Fontana e lo stesso Stasi) che arricchiscono il nostro movimento con un piglio del tutto nuovo. Una gemma preziosa e originale, davvero. Grazie a un cast straordinario dal primo all’ultimo interprete, guidato da uno dei migliori Luigi Lo Cascio di sempre. Con una cartolina disillusa della Sicilia che fu e di quella che è. Di quella che è e di quella che non è. Dell’Italia edulcorata e di quella spietatamente tracciata attraverso le sue contraddizioni e i suoi atavici mali.
La colonna sonora, poi. Una colonna sonora dinamica (a cura di Francesco Cerasi) che sconfina nella rilettura eclettica della canzone popolare, immergendoci in uno spazio (anch’esso) fuori dal tempo. Lucio Dalla e Franco Battiato, Otello Profazio e Mina, Colapesce e DiMartino: un jukebox impazzito dall’alchimia oscura, in cui ogni cosa va al suo posto attraverso una connessione emotiva fortissima con le immagini.
Tutto ciò, accompagnato da una regia che gioca tra le suggestioni del mago, simulando e dissimulando coi raffinati raccordi del montaggio e gli onirici scenari che riscrivono la realtà senza cancellarla.
Una realtà passata sotto una lente d’ingrandimento dalle note surreali, arrivando a vanificare lo sforzo di aggrapparci a terra.
L’incredulità, sospesa, immerge anche noi nel vortice: entriamo in mondo che non esiste, e proprio per questo esiste davvero. Corre, The Bad Guy 2, anche se non ha mai fretta. Lo fa con un ritmo forsennato che necessità sempre della massima soglia d’attenzione per apprezzare la cura manicale dei dettagli: volano, i sei episodi, ma talvolta sarebbe il caso di fermarsi un attimo per metabolizzare la forza narrativa ed espressiva di ogni singolo frame. Gli autori scommettono sull’intelligenza di chi guarda, e hanno ragione.
The Bad Guy 2 è sovversiva nel ribaltare i cliché e i canoni delle esauste mob series all’italiana. Lo fa in nome di una storia in cui i tratti si confondono continuamente e tolgono ogni possibile riferimento agli spettatori, immersi in una lavatrice impazzita che accelera a mille all’ora senza la possibilità di essere davvero governata da qualcuno. Si illudono, tutti. Parti di un sistema o fuori da essi, tracciano una linea retta che sarà sempre soggetta a deviazioni folli, configurando un cerchio aperto oltre il quale si ritrova il ciglio del burrone.
Tutto riconduce al destino infausto del gatto non-morto, nel corso delle sei puntate.
Dal magistrato rinato sotto la forma del mafioso al Suro che si aggrappa all’ultimo anelito di vita col 41- bis, passando per la non-vita della malata di Alzheimer che alla fine morirà sul serio, lo Stato che rantola, la Mafia appesa a un filo, l’amore che si tramuta in odio e le presunzioni di colpevolezza che celano l’estraneità ai fatti, si arriva al nastro distrutto e dato alle fiamme di un Archivio che non c’è ma alla fine c’è ancora. Innocenti o colpevoli, sono tutti colpevoli e anche no. Vittime e carnefici: anime a pezzi e spiriti ricostituiti, sospesi dentro una trattativa perenne tra forze solo apparentemente incompatibili.
Un calderone, ordinatissimo. Una cassetta, incastrata nel mangianastri. Il Ponte sullo Stretto? Spezzato in due: è un ponte, ma anche un muro. Sì o no, canta Fiorello. A un certo punto si arriva addirittura a Kafka e al suo Processo, tra le comprensioni e le incomprensioni del medesimo elemento. Per non parlare dei capelli biondo platino di quel maniaco di Testanuda: nomen omen, era un parrucchino. Eccoli, i non-capelli. E grazie, Accorsi.
Verso Colapesce, e oltre
The Bad Guy 2 approda così nel terreno ibrido di una storia leggendaria, attraverso le storture della nostra cronaca. Ancora il non-tempo, eterno. E il non-amore tra due personaggi che si abbracciano con grande intensità. Tra la terra e il mare, allora, assume un valore simbolico fondamentale il saluto finale tra Teresa e Balduccio. Segnato da un mito, legato alla figura di Colapesce, che sembra così incarnare l’essenza stessa di questo racconto. C’è un gatto dentro una scatola, ma anche un giovane ragazzo che ama stare dentro il mare. In fondo, negli abissi. Forse è il figlio di Nettuno, o forse no. Forse è un uomo, forse è un pesce. Un non-uomo, un non-pesce.
Un giovane ragazzo, ma anche una giovane ragazza che sta sempre dove non vorrebbe essere nel momento in cui vorrebbe essere dall’altra parte, e viceversa. Teresa come Colapesce, e Balduccio. Balduccio, nei panni di Nino. E viceversa. Il non-Stato, la non-Mafia. Lo Stato, la Mafia, chissà. Il pappagallo di Mameli e il Risiko dei politici, sempre sullo sfondo.
Tra le righe di una leggenda, allora, ritroviamo un tempo perduto che incontra la storia di The Bad Guy 2.
Secondo una delle interpretazioni più diffuse, Colapesce avrebbe trovato nella profondità degli abissi tre colonne. Una, segnata dal tempo, era piena di vistose crepe. Forse era stato il fuoco dell’Etna, forse no. In ogni caso, Colapesce decide di restare sott’acqua, sorreggendo la colonna per far sì che l’isola non sprofondi. Un destino, perenne. Inframezzato ogni cento anni dalla riemersione, col fine di rivedere la sua amatissima Sicilia. Sì, un mito. Ma le crepe che sorreggono fragilmente l’isola le vediamo ancora oggi, così come ritroviamo quotidianamente coloro i quali tengono a galla una terra destinata agli abissi. Sì, una storia irreale. Talmente fantasiosa da essere vera. Un richiamo centrale per comprendere a fondo le dinamiche narrative anti-convenzionali di una serie che si appoggia a riferimenti esterni costanti per creare un racconto tutto suo.
Verso Breaking Bad, e oltre
In tal senso, allora, si individuano i numerosi richiami cinematografici (provenienti, in particolare, dalla tradizione del cinema d’azione), letterari (Il Conte di Montecristo) e televisivi. Una delle opere di riferimento più menzionate per tentare di catalogare in qualche modo The Bad Guy 2 è Breaking Bad. Inevitabile, per molti versi: la parabola di Nino presenta diverse affinità, è chiaro. E le connessioni tra le atmosfere delle due serie sono evidenti. Tra l’altro, c’è un momento in cui il richiamo sembra persino diretto: si rivede, per esempio, Walter White nella risata isterica e disperata di Balduccio che accompagna la scoperta del vero contenuto della cassetta dopo lo scambio con Testanuda.
Tuttavia, le due serie tv hanno anime diverse: complementari, ma diverse. E le personalità dei due protagonisti sono talmente stratificate e complesse da non essere sovrapponibili.
Walter, d’altronde, finisce per farsi fagocitare da Heisenberg, mentre Nino e Balduccio saranno sempre distinti. Il mafioso e il magistrato, uniti dal destino e scissi dalla visione del mondo. Un non-omaggio a Breaking Bad. Il non-mafioso e il non-magistrato, allora.
Pur ritrovandosi a un passo dalla caduta, Nino non sconfessa mai la propria identità. Non per amore, non per vanità, non per brama di vendetta. No, la vendetta non esiste: c’è solo la giustizia. Non succede mai, neanche dopo il doloroso tradimento della donna della sua vita. Non quando si ritrova tra le mani il “suo” Brock, un bambino innocente che si tramuta in uno strumento di potere e di ricatto. No, Nino non oltrepasserà mai la linea: l’orecchio tagliato sarà il suo. Ma Nino muore, una volta per tutte, nel momento in cui la sua Luvi perderà la vita per mano di Testanuda: nella rabbia brutale con cui mette fine all’esistenza dell’agente segreto, vediamo sparire Nino e Balduccio nel medesimo istante.
Negli occhi di Nino, coperto di sangue e con gli occhi persi nel vuoto, vediamo nascere un uomo nuovo.
Un uomo non più sospeso tra la vita e la morte. Qualcosa di diverso, tra le pulsioni personali e la vocazione identitaria. Tra lo Stato e la Mafia, tra chissà cosa. Nino esce fuori e smette i panni del gatto di Schrödinger, alla fine: è vivo e non-morto. Ma chi sarà, da questo momento in poi? Non-Nino, ma manco Balduccio: sarà altro. Dovremmo scoprirlo nella terza stagione di The Bad Guy, a questo punto. Al momento, la serie è a sua volta dentro un limbo: non è ancora stata rinnovata da Prime Video, ma non è stata ancora cancellata. Non-rinnovata, non-cancellata: resterà chiusa dentro una scatola, speriamo per poco. E no: non ci sono dubbi sull’esito auspicato. Incrociamo le dita.
Antonio Casu