Perché The Bear è diventata in poco tempo la serie tv di cui tutti parlano? Perché lo show (che potete vedere sul catalogo Disney+ qui) con protagonista Jeremy Allen White e incentrato sul mondo della cucina non è affatto quello che sembra e, appunto, non parla solo di cucina. O meglio lo fa, ma in maniera così sfacciata, innovativa e ammaliante che la cucina stessa diventa metafora della vita e dell’essere umano. Ogni piatto riuscito, ogni invenzione gastronomica, ogni stoviglia sporco, concorrono tutti al sogno ambizioso di avere di più, di essere di più. Di elevarsi al di sopra del fango da cui siamo stati nati per creare a nostra volta qualcosa di magnifico e memorabile.
In questi 10 episodi sono racchiuse le grandi lezioni di vita di The Bear nonché i momenti più importanti e decisivi per l’evoluzione della storia e dei suoi personaggi.
10) 1×01 “System”
Un ponte a tarda notte, le luci della città e un orso dentro una grossa gabbia. Su questa sequenza onirica si apre il primo episodio di The Bear, una serie tv a dire il vero tutt’altro che onirica. Carmen Berzatto ha appena vinto un prestigioso premio, il James Beard Award, lavora come cuoco nel “ristorante più buono del mondo” e la sua carriera è in continua ascesa. La vita, però, sa sempre fin troppo bene quando tirare un calcio a tradimento e Carmy si ritrova un fratello morto suicida e un ristorante in fallimento di cui occuparsi. Il sogno del nostro protagonista si schianta con la dura realtà, per lui all’orizzonte non sembrano più esserci stelle Michelin, piatti gourmet e la fama ma una quotidianità che si trascina frenetica tra un panino con la carne e l’altro.
Cosa rappresenta dunque l’orso che di notte affolla i suoi incubi? Per capirlo davvero dovremo attendere il finale della prima stagione di The Bear.
Tra urla, pentole, fornelli e sudore, entriamo nel vivo di questa serie frenetica e roboante. Nella cucina sporchissima del The Beef assistiamo alle dinamiche di potere tra i vari membri della brigata. E, soprattutto, al conflitto non poi tanto silenzioso che si instaura tra i due maschi alfa della cucina. Da un lato il “cugino” Richie, che di certo non vuole perdere la posizione costruita negli anni, mentre dall’altro Carmy che conosce davvero il mestiere e potrebbe risollevare le sorti del ristorante.
La storia di The Bear inizia dunque in medias res mettendo in chiaro, sin da quel brusco risveglio, il tono e le intenzioni. Non ci sono tempi morti, silenzi o pause. La sceneggiatura procede spedita e incalzante accompagnata dal montaggio frenetico del lavoro in cucina che riflette, perfettamente, la frenesia dei rapporti umani che legano tra loro i diversi personaggi. Una chimica precaria alla quale si mescola, apparentemente fuori luogo, l’elemento nuovo di Sydney.
9) 2×09 “Omelette”
A un episodio dalla fine della seconda stagione, The Bear spinge l’acceleratore in vista della fatidica apertura del ristorante. Sotto luci a neon dal colore bianco freddo, i protagonisti si trovano ancora una volta a confrontarsi con le proprie ansie, paure e problematicità. Tutto questo mentre cercano anche di trovare un equilibrio tra le parti. La puntata si apre con Carmy, ormai sempre più innamorato di Claire e terribilmente spaventato dal nuovo sentimento che prova e di cui non riesce a fare a meno. Assuefatto dall’amore per la ragazza, Carmy si convince ben presto di essere diventato disattento e vulnerabile. Entrambe emozioni che non sono ammissibili nella sua cucina.
Complice forse anche la gelosia platonica di Sydney e un senso di responsabilità nei confronti della ragazza, Carmy si allontana pian piano da Claire ignorando un messaggio vocale che si rivelerà fatale in seguito. Il problema di Carmy è la sua totale incapacità di scindere la vita privata da quella professionale, trascinandole entrambe nel caos da cui sembra essere avvolto come una tara genetica. Persino il monologo di Uncle Jimmy lascia intendere questa immaturità di fondo che si traduce, nell’isteria rabbiosa con la quale reagisce di fronte alle difficoltà nel ristorante
“[…] unforced errors, trust me, they’re contagious. so you don’t have the luxury of hiding behind little stevie bartman. it is all you.”
Molto più coscienziosa e matura appare invece Sydney i cui problemi sono di ben altra natura: incapacità a relazionarsi, sindrome dell’impostora e problemi con la figura paterna. Insieme i due sono potenzialmente distruttivi o invincibili. In ogni caso non c’è spazio per le vie di mezzo. Bisogna rompere qualche uovo per fare una frittata o, come nel caso del titolo dell’episodio stesso, una omelette . Ed è così quindi che il penultimo episodio della seconda stagione non è altro che un’enorme premessa al delirio catartico del season finale.
8) 3×01 “Tomorrow”
Il primo episodio della terza stagione di The Bear riprende esattamente da dove ci eravamo interrotti. E allo stesso tempo no. In un flusso di immagini, sensazioni e suoni ci vengono mostrati frammenti del passato e del presente di Carmy. Scene di vita che si intrecciano senza una logica, uniti da un tempo insensibile e muto. Il cui unico comune denominatore è il nostro protagonista. Una parentesi di calma, dopo il caos che ha regnato al ristorante fino a poche ore prima, che permette a Carmy di riflettere davvero e, soprattutto, di cucinare. Un piatto dopo l’altro, si forma davanti ai suoi occhi un menù nuovo che richiama tutte le esperienze vissute fino a quel momento.
Un viaggio nella memoria che ci porta a Copenaghen, a New York e poi di nuovo a Chicago. Un viaggio che sottolinea la crescita di Carmy come cuoco e professionista ma anche la sua problematica incapacità a entrare in empatia con gli altri. Geniale e impeccabile ai fornelli, eppure così inadatto ai rapporti umani. Come quello prezioso con Claire che però ha deciso di mettere da parte. Così anche i piatti sono ineccepibili alla vista e al sapore ma mancano di calore e vita.
Un flashback in cui le immagini si spiegano da sole, intermezzate da brevi commenti e dialoghi che servono solo a spezzare il silenzio assordante di “Tomorrow”.
Eppure, in quella lunga sequenza di ricordi abbiamo davvero modo di conoscere Carmy e di scavare nella sua psiche fragile e compromessa dalle persone conosciute lungo la strada. Dai maestri che gli hanno insegnato il mestiere e da quella famiglia che lo ha condizionato nel profondo sancendone la strada e il destino. Il passato fa emergere soprattutto i traumi, che hanno giocato una parte decisamente maggiore nella personalità di Carmy, rispetto invece ai momenti di tenerezza e amore. L’affetto della sorella, l’amore trovato con Claire vengono messi a tacere, come pericolosi ostacoli nella ricerca della perfezione.
7) 1×08 “Braciole”
Con una scena onirica ha avuto inizio la storia di The Bear ed è con una scena onirica che si chiude la prima incredibile prima stagione. In in un sogno che si trasforma ben presto in incubo, Carmy vede le sue peggiori paure prendere forma. Di fronte a una sala vuota, con risate senza corpo in sottofondo, il protagonista perde repentinamente il controllo ritrovandosi solo e incapace di gestire la situazione. Non che nel mondo reale le cose stiano andando diversamente Sia Marcus che Sydney, infatti, hanno abbandonato la brigata e la situazione al The Beef va sempre peggio.
Ancorato al disperato e inespresso bisogno di realizzare il sogno del fratello morto, Carmy vaga nello spazio ma non lo riempie per davvero. La sua presenza sulla scena è vibrante ma priva di scopo, cosicché il protagonista rimane inevitabilmente solo anche quando circondato da mille altre persone. Il momento più alto della puntata, anzi dell’intera stagione, The Bear lo raggiunge con quell’incredibile monologo. Jeremy Allen White regge la scena, la domina e ci cattura nell’accorrata confessione del suo personaggio. Carmy appare davvero vulnerabile per la prima volta, in balia degli eventi, del senso di responsabilità e di quella passione per la cucina trasmessa dal fratello che adesso non c’è più.
Poi avviene l’inaspettato colpo di scena finale che chiude questa prima introduttiva stagione di The Bear e ci prepara alla seconda parte dello show.
Richie consegna a Carmy la lettera che ha trovato all’inizio della stagione con l’ultimo messaggio di Michael al suo fratellino. Dentro, il ragazzo trova una ricetta di famiglia e una semplice frase: “let it rip”. Come un cerotto strappato di colpo, Carmy sente finalmente di essere libero, di non dovere più rispettare la volontà di un fantasma ma di poter finalmente tracciare il proprio cammino. E Mickey, in realtà, ha pensato proprio a tutto, perché dentro i barattoli di salsa necessari per la ricetta è nascosto l’ultimo e prezioso dono.
6) 2×10 “The Bear”
The Bear torna ai piani sequenza ansiogeni ma stavolta si limita a 12 rispetto ai 18 della settima puntata della seconda stagione. Il ristorante ha finalmente spalancato le sue porte e la serata d’apertura è nel pieno del fermento. Gli animi si scaldano, la tensione sale alle stelle e, mentre in sala Richie gestisce gli ospiti con sapiente maestria, dietro in cucina non tutto va come previsto. Il piano sequenza iniziale serve dunque proprio a sottolineare i due diversi ambienti, le persone che lo popolano e le atmosfere che si respirano. Una sorta di documentario non richiesto sul mondo della cucina che ci farà sicuramente pensare due volte alla nostra percezione superficiale di una serata fuori a cena. Perché il prodotto finito, esteticamente perfetto e saporito che viene servito è solo una piccolissima parte di un processo molto più laborioso e frustrante.
La serata deve riuscire al 100%, non ci sono margini di mediocrità per raggiungere quella ambita stella Michelin. Ma perché l’obiettivo sia conquistato è necessario che tutti collaborino come una sola persona e che si ascoltino a vicenda. Come un presagio oscuro, l’ombra del The Beef aleggia in cucina, alimentando le paure di tutti. Terrorizzati dall’idea di fallire e di non potersi scrollare di dosso quel senso di mediocrità che contraddistingueva il locale di Mickey.
Nella tensione generale, la camera si stringe, seguendo in maniera forsennata tutti i personaggi e concentrandosi grottescamente sugli errori e le sfuriate.
Le comande arrivano senza sosta ma Carmy è adesso bloccato nella cella frigorifera e Sydney sta perdendo la concentrazione. Tocca quindi a Richie mettersi sotto i riflettori e portare a casa la vittoria per tutti. Cosa che accade con nostra grande gioia. E non solo Richie ma tutti – Sydney, Marcus e Tina – trovano il loro posto, muovendosi nello spazio con precisione e abilità. Tutti tranne Carmy. Isolato e bloccato all’interno del freezer, Carmy non può viversi il momento con gli altri né godersi il successo riflettendo, metaforicamente, quel senso di isolamento che lo contraddistingue dagli altri. Lungi dall’essere maturato, il protagonista è ancora bloccato negli stessi pattern e schemi autodistruttivi che gli impediscono di crescere e di essere felice.
5) 3×06 “Napkins”
Lacrime e fazzoletti e una backstory che non ci saremmo aspettati ci colpisse così tanto. In questa puntata torniamo nuovamente nel passato per scoprire un po’ di più su Tina e la strada che l’ha portata al The Beef. E come tutte le backstiory che si rispettino anche questa parte da una caduta per poi arrivare a una risalita. Dopo aver lavorato nello stesso posto per quindici anni, Tina viene licenziata senza tante spiegazioni e con la solita frase di rito. Per lei che ha sempre trovato nel lavoro una routine solida e sicura, l’improvvisa mancanza di una quotidianità ha il peso di un fallimento enorme. A casa la situazione non è migliore, visto che il figlio è il classico adolescente che non ci viene nemmeno introdotto e il marito aspetta una promozione che tarda ad arrivare.
Le giornate di Tina si trasformano così in un loop di azioni e reazioni sempre uguali e continue ma prive di quel senso di sicurezza che aveva la sua vita prima. Ognuna di queste azioni, infatti, ha il solo scopo di occupare il tempo, di impedire che le giornate scorrano senza un perché.
Ecco quindi che al tempo impietoso al quale The Bear ci ha abituato, si affianca un altro tipo decisamente più alienante ed estenuante.
Un tempo rallentato, quello in cui Tina si sente bloccata, che si contrappone a quello frenetico del mondo attorno e dei giovani. Di fronte all’ennesimo rifiuto, Tina si rende conto di non poter tenere il passo, di non avere quella fame che contraddistingue invece le nuove generazioni. Capitata per caso al The Beef, Tina incontra per la prima volta Mickey confrontandosi con questo sconosciuto e scoprendosi inaspettatamente simili. Entrambi hanno aspirazioni e sogni che si sono infranti e sono venuti a patti con questa consapevolezza.
4) 2×04 “Honeydew”
La quiete prima della tempesta. Il quarto episodio della seconda stagione di The Bear non sembra per niente The Bear, eppure rimane uno dei più riusciti. Uscendo dalla bolla alienante di Chicago e della cucina, Marcus viaggia fino a Copenaghen per imparare da un mastro pasticcerie di nome Luca (Will Poulter). Calma, pacata, taciturna. La puntata riflette il personaggio al centro della narrazione, concedendogli lo spazio e il tempo per crescere e trovare la sua identità al di fuori della brigata.
Diretto dal Remy Youssef di Poor Things!, “Mielata” è un’ode alla pasticceria, alla sua delicatezza ma estrema precisione.
Esiste d’altronde la forte concezione che la pasticceria sia effettivamente il ramo più complicato e difficile della cucina perché, per quanto permetta una vasta creatività, richiede anche grande rigore ed esattezza. I dolci sono come gli orologi. Le dosi, gli strumenti e gli ingredienti gli ingranaggi che permettono il suo corretto funzionamento. Un elemento inserito in maniera sbagliata compromette la buona riuscita dell’intero piatto e, contrariamente ad altri tipi di pietanze, un dolce una volta rovinato non può essere salvato.
Marcus riflette dunque questa tenerezza puntuale. Un animo buono e tranquillo che lavora instancabilmente fino a raggiungere il proprio obiettivo. Un approccio nettamente diverso rispetto a quello di Carmy. Così come nettamente opposta è la Copenaghen in cui si svolge la puntata rispetto alla caotica Chicago a cui ci siamo ormai abituati. Nella città europea, Marcus ha modo di imparare davvero e di farlo con calma, con il suo tempo, seguito dallo chef Luca e dai suoi modi pacati. Per quei venti minuti, la cucina diventa finalmente luogo di espressione artistica, creazione e gioia e non più di ansia e stress come troppo spesso The Bear ci ha insegnato.
3) 1×07 “Review”
Nell’opera teatrale di Arnold Wesker, la cucina diventa palcoscenico sul mondo, spazio vitale in cui le esistenze di ventiquattro persone si intrecciano le une alle altre e un inferno in terra per quelle stesse ventiquattro persone. Eppure, la cucina in cui l’intero dramma comico di Wesker prende luogo rimane uno spazio immutabile, asettico, privo di forma se non quella che sono gli attori in scena a donargli.
In The Bear, al contrario, la cucina esercita una forza di attrazione e repulsione sulla brigata spingendoli a dare il meglio di sé ma soprattutto il peggio.
Così una giornata, iniziata come qualsiasi altra, si trasforma in una carneficina senza esclusione di colpi concludendosi con un licenziamento e una pugnalata (per sbaglio) al fondoschiena. Per diciotto minuti, il caos regna incontrastato a causa di un errore di Sydney. La ragazza ha dimenticato di fermare di chiudere i preordini online generando così una lista interminabile che viene recitata grottescamente da Carmy. E più il numero delle ordinazioni cresce, più la telecamera si stringe sul volto di Carmy. Una maschera di rabbia, frustrazione e tensione che esplode infine in un grido interminabile.
Come se fosse il segnale definitivo, ecco che tutta la cucina esplode con Carmy muovendosi, agitandosi e lavorando in maniera forsennata per tentare di tenere il passo co tutti gli ordini. Un’impresa degna di Sisifo in persona. La cucina li stringe nella sua morsa, scatenando e alimentando la rabbia di Carmy così come anche i dissapori tra Richie e Sydney (ecco 7 curiosità su Ayo Edebiri) pronti a saltarsi al collo. E noi? Noi siamo paralizzati, incapaci di distogliere lo sguardo dalla miseria umana che si para davanti ai nostri occhi. Allora la telecamera risponde al nostro morboso bisogno, seguendo imperterrita i personaggi nel loro dimenarsi come insetti capovolti con uno straordinario piano sequenza (qui la nostra analisi della puntata).
2) 2×07 “Forks”
“Every second counts” (e qui la nostra speciale analisi dell’episodio). Queste le tre semplici parole che campeggiano nel ristorante stellato dello chef Terry, che Carmy ha fatto proprie e che perseguitano Richie per una settimana intera. Parole che rintoccano nella sua mente come la fatidica sveglia che, giorno dopo giorno, lo porta a inseguire un tempo che manca. Un tempo che è dato, statico e che si adatta in maniera bizzarra alle nostre necessità e richieste. Non sempre ma a volte si. Il tempo tiranno come lo chiamano alcuni, quel concetto astratto e fisico insieme, impossibile da catturare o mettere al guinzaglio e che sfugge alla presa come una bestiola selvatica. Possiamo osservarla da lontano, magari imparare a conoscerla, a farcela amica ma saremo mai davvero in grado di addomesticarla?
In The Bear, il tempo diventa un co protagonista a tutti gli effetti. In grado di sancire il successo e il fallimento dei personaggi, di metterli in difficoltà, a confronto con se stessi e con gli altri e, infine, di farli crescere.
Così Richie quel tempo che è sempre stato sinonimo di sconfitte e rinunce si trasforma adesso in un alleato fedele, se trattato nel modo giusto. La settimana presso lo stage culinario assume inizialmente i tratti di un girone dantesco in cui il tempo sembra fermarsi e ripiegarsi su stesso in un continuo lavorare e asciugare forchette. Poi, basta una luce di consapevolezza per cambiare tutto e trasformare l’esperienza in una opportunità senza eguali. Il resto della settimana passa in un battito di ciglia e Richie ha finalmente trovato il suo posto nella cucina.
Il lento trascinarsi fuori dal letto, in macchina fino al lavoro e poi al ristorante si trasformano in stimoli inaspettati e pieni di potenzialità. Nella frase “ogni secondo conta” Richie legge l’accusa di una vita sprecata, di un matrimonio fallito, di prestiti mai ripagati. Eppure, una volta apertosi al cambiamento, Richie riesce ad andare oltre e scorgere, invece, una nuova opportunità. Il caos della magia, di cui il cugino è stato fondamentale rappresentante nella prima stagione, viene plasmato e modellato trasformano la cucina stessa in un luogo di creazione e non solo distruzione.
“Microbasil, fuck yes!,”
1) 2×06 “Fishes”
Come si fa a definire The Bear una serie tv comedy dopo la visione di “Fishes”? Catalogarla all’interno del genere è una mossa semplicistica che non permette di comprendere, invece, la complessità di una serie tv unica nel suo genere. The Bear riesce infatti a conciliare comedy, drama e programma di cucina senza che nessuno di questi elementi prevalga sull’altro ma ognuno di loro contribuisce piuttosto alla realizzazione del piatto. Ingredienti quindi dal sapore amaro e dolce insieme, acidulo e frizzante, che si mischiano sapientemente per dare vita allo show. Una ricetta in cui i suoi protagonisti sono l’ingrediente segreto, in grado di amalgamare tra loro gli ingredienti citati prima.
Nella sesta puntata della seconda stagione, The Bear assume la forma di un dramma familiare.
Uno spaccato di vita privata che si svolge interamente, e per un’ora, all’interno delle quattro mura domestiche. La famiglia allargata Berzatto è pronta a celebrare la cena dei sette pesci, una tradizione complessa di cui nessuno conosce realmente le origini di cui nessuno sembra preoccuparsi realmente. La cucina, il salotto e la sala da pranzo diventano i luoghi prediletti in cui questo dramma ha luogo. Proprio come fosse la più classica delle rappresentazioni teatrali moderne. Alle scene di distruzione che si svolgono in questi spazi si incastra un unico fondamentale momento di commozione. La conversazione tra Mickey e Carmy, riparati dentro uno stanzino e lontani da tutti, che ha il sapore di un addio.
Ambientato cinque anni prima della narrazione, “Fishes” è una finestra sul passato che ci permette in primo luogo di conoscere più a fondo certi personaggi. Poi di apprendere le contorte e tossiche dinamiche familiari che li riguardano. Impossibile smettere di guardare, impossibile continuare a farlo. La visione di “Fishes” ci lascia disorientati e disturbati, confusi dalla caoticità dei dialoghi e dal ritmo incalzante degli stessi. Neppure seduti a tavola, a quella mensa che però non ha nulla di religioso, i personaggi riescono davvero a quietarsi e a godersi la cena. La famiglia disfunzionale di Carmy diventa l’emblema stesso (Michael e quella dannata forchetta in primis) della psiche problematica del protagonista. Delle manchevolezze e fissazioni che lo vessano ancora oggi.