Carmy indossa una t-shirt bianca e un grembiule blu da cuoco nonostante non si trovi decisamente in una cucina.
È calata la notte su Chicago, lo skyline della città è delineato dalle luci arancio, rosse e blu che illuminano i palazzi e si riflettono sulla strada. Deve essere appena piovuto, l’acqua restituisce parte di quel bagliore colorato.
Il giovane cammina lungo un ponte.
Non c’è anima viva intorno a lui, nemmeno un’auto passa di là sebbene si senta il rumore del traffico in lontananza.
A metà strada una grossa gabbia di metallo blocca il passaggio. Un ruglio sommesso proveniente dall’interno si leva appena vi si avvicina.
Nella Città del Vento, nemmeno una brezza leggera osa muovere i biondi ricci morbidi sulla fronte di Carmy mentre apre la gabbia. Una figura scura, informe, si fa avanti.
Il suo sguardo è carico di compassione, tende una mano aperta e sussurra parole di rassicurazione.
Negli occhi dell’orso bruno, tuttavia, non trova comprensione.
L’animale spalanca le fauci, ruggisce e si getta in avanti.
Il campanello suona insistentemente, mentre del sugo gorgoglia in una padella.
Carmen si tira su a sedere.
Era un incubo?! Non c’è tempo per pensarci, il ticchettio dell’orologio segnala l’avvicinarsi dell’orario d’apertura del The Original Beef of Chicagoland.
La data del ritorno di The Bear è finalmente stata svelata, ma si può sapere tu che aspetti a guardare la prima stagione?!
Chicago è casa sua, eppure Carmen Berzatto – come un altro magnifico ponte pedonale della città, il Nichols Bridgeway progettato da Renzo Piano – ha origini italiane.
Forse è per il legame con l’Italia e la tradizione culinaria del bel paese che i suoi genitori aprirono il The Beef nell’area metropolitana nota come Chicagoland.
La paninoteca è passata in mano a Carmy, ereditata dal fratello MIchael che si è suicidato.
Il ragazzo ha abbandonato l’alta cucina, il ristorante migliore del mondo per il quale lavorava, per tornare a casa e salvare il locale dai debiti e dalla malagestione precedente.
Un po’ commedia e un po’ dramma, nemmeno l’ex-star di Shameless, Jeremy Allen White sapeva determinare bene di che genere faccia parte The Bear, la serie di Christopher Storer disponibile su Disney+.
La vita, infondo, non ha un solo sapore e lo stesso vale per questo show che mescola abilmente il gusto amaro della perdita a quello aspro di una realtà che non guarda in faccia a nessuno nemmeno nei momenti più duri.
Carmen Berzatto è un eroe contemporaneo
In un episodio di Soglie, il podcast di Marina Pierri, co-fondatrice e direttrice del Festival delle Serie Tv, la scrittrice cita Carmen Berzatto durante l’analisi di uno dei dodici archetipi del viaggio dell’eroina, l’Angelo Custode.
«[…] Cura, però, ha tanti significati, ed è anche una magnifica parola. Man mano che nuovi angeli rompono il guscio di nuove storie assistiamo ad un’analisi sempre più interessante di quel che significa questo termine particolarmente per chi lo ha subito, cioè le donne, e una sempre crescente responsabilità per chi se n’è lavato le mani.
Marina Pierri
Vi basti pensare a Ted Lasso o Carmen Berzotto, in una serie con viaggio dell’eroina maschile che dovreste vedere, cioè The Bear.»
Carmy cerca di salvare il The Beef – e le persone al suo interno che non abbandona anche quando lo ostacolano -, ma deve al contempo salvare se stesso.
L’Orso che lo perseguita è un insieme delle emozioni che soffoca attraverso e al contempo per il lavoro.
The Bear è un’esperienza sensoriale completa del burnout
Nella stragrande maggioranza delle serie Tv l’ambiente è uno sfondo neutro che scompare alle spalle dei personaggi che si muovono al suo interno.
The Bear ribalta la situazione, l’asfissiante cucina del The Beef esce prepotentemente dallo schermo, toccando anche i sensi che non sono coinvolti durante la visione.
Certe volte questo ti avvicina positivamente a ciò che viene cucinato, vedendo ingrediente per ingrediente comporre un piatto ne indovini quasi il sapore.
Altre volte, beh, vivi quell’ambiente per come lo percepisce il protagonista.
Il ticchettio dell’orologio si fa più alto alle orecchie, le lancette nere marciano implacabili. Anche lo sfrigolio dell’olio sembra alzarsi progressivamente di tono, guardando l’aglio annerirsi possiamo avvertirne l’odore. L’acqua in una pentola ribolle sempre più.
La pressione sanguigna dilata le vene sulla fronte di Carmy.
Lo sguardo si poggia su un angolo del pavimento vicino ai fornelli, lurido. Un pomodoro deve essere sfuggito a una padella chissà quando. Vorresti piegarti a raccogliere quell’ammasso viscido, lo avverti al tatto, un contatto fisico attraverso un’immagine.
Carmy si passa una mano nei capelli e lo fai anche tu con lui.
Vuoi scansare quel che vedi e quel che senti con quel gesto, ma non puoi.
Dimenticate la visione romanzata del mondo della ristorazione narrata dai reality show, questa è realtà.
Lavorare in cucina è estenuante, dirigere un locale non è un’avventura romantica in cui una piccola dose di fatica ripaga subito i dividendi.
Le riprese frenetiche di The Bear raccontano la sindrome da esaurimento professionale che spesso accompagna i professionisti di questo settore per quello che è davvero: una m***a dalla quale spesso non puoi chiamarti fuori.
Per dare maggiore realismo, Jeremy Allen White si è messo davvero ai fornelli
Jeremy White non sapeva nemmeno cucinare prima di The Bear.
Quando ha accettato il ruolo di Carmen si è dato da fare partecipando ai corsi di cucina del The Institute of Culinary Education. Per capire la pressione e la ricerca della perfezione del suo personaggio, lo Chef Dave Beran è stato la sua guida nel ristorante stellato Michelin Pasjoli, dove ha persino preparato dei piatti.
Come sarebbe a dire che lo avevate già letto tra le 7 curiosità su Jeremy Allen White?
Questa è solo la punta dell’Iceberg che è The Bear
“Niente spoiler” questa è la premessa che ci facciamo ogni volta che vo consigliamo una serie e anche questa volta l’abbiamo rispettata cercando di incuriosirvi indizi sul contesto generale che troverete qualora seguiste il consiglio.
Il cast voluto da Christopher Storer coglie forza e fragilità di personaggi scritti alla perfezione le cui storie sono amalgamate alla perfezione. C’è un realismo vibrante, senza mezzi termini e spietato, ma non mancano i momenti di ilarità e speranza.
A chi non è ancora convinto voglio dire solo una cosa: c’è tanto, tanto altro che non si può dire e quello lo dovete vedere con i vostri occhi.