Attenzione: L’articolo può contenere spoiler su The Bear, Ramy, Gentefied, Foodie Love, Sweetbitter, This Is Going to Hurt, High Fidelity.
Tra le serie tv che più hanno destato nel corso dello scorso anno, The Bear è una delle sorprese più inattese. Poco a poco, sin dalla sua uscita negli Stati Uniti nell’estate 2022, fino all’arrivo in Italia su Diseny+, la scalata della dramedy con Jeremy Allen White è riuscita a conquistare un consenso di pubblico e critica come pochi. Dalla capacità di rappresentare l’industria e il settore della ristorazione con ruvido realismo, sino alla raffigurazione del lutto e del travaglio emotivo del protagonista, The Bear arriva dritta allo stomaco nella semplicità della sua storia. Il racconto è quello dello Chef d’alta cucina Carmy Berzatto, che torna a Chicago per gestire la paninoteca italiana lasciatagli in eredità dal fratello maggiore, morto suicida senza lasciare alcuna spiegazione. The Bear colpisce per una narrazione che arriva diretta, senza troppi giri di parole. Carmy si fa carico dei debiti arretrati, della brigata indisciplinata, del proprio dolore, nel tentativo ostinato di mandare avanti il The Original Beef of Chicagoland.
Lo show creato da Christopher Storer è per noi tra le migliori serie tv del 2022. In un panorama seriale e audiovisivo così sconfinato, The Bear è unica, soprattutto per il travaglio emotivo che riusciamo a vivere attraverso l’estenuante vortice psicofisico dei suoi protagonisti, Carmy su tutti. The Bear è puro caos, esterno e interno, al protagonista e alla cucina che cerca di gestire. Un ritmato racconto che non si sottrae al dolore e che, proprio per questo, sul finale della prima stagione, riesce persino ad assumere le sembianze di una vera e propria favola nell’asfissiante microcosmo di Chicago. Ma non è ancora finita.
The Bear è stata già confermata per una seconda stagione, in arrivo a giugno. Proprio per l’attesa che ci separa dal ritorno in scena di Carmy e della sua brigata, ecco sei serie tv in cui rifugiarsi se si ha amato la dramedy distribuita da FX per Hulu.
1) Ramy
Il punto primario di contatto tra The Bear e Ramy è la figura di Christoper Storer, produttore esecutivo statunitense ricorrente in entrambe le produzioni Hulu in più vesti: direttore, produttore, sceneggiatore. Quella di Ramy è la storia di un giovane mussulmano statunitense di prima generazione nel New Jersey, Ramy Hassan (interpretato e creato dal comico, scrittore e attore di origini egiziane, Ramy Youssef), che è in balia di un’angoscia emotiva e spirituale: scisso tra la vita mondana occidentale e i dettami che gli sono stati insegnati sin da bambino dalla famiglia egiziana e dal contesto religioso di origine. Ramy è un antieroe autodistruttivo, incapace di progredire senza una conseguente regressione: bloccato nella sua condizione che sembra determinata prima ancora che egli possa prendervi coscienza. La dramedy parzialmente autobiografica racconta senza troppa frenesia lo straniante senso di inadeguatezza: l’incapacità di trovare un equilibrio tra una buona condotta mussulmana e vivere una normale quotidianità da millennial nella America di oggi.
Così come The Bear, Ramy arriva dritto allo stomaco, in maniera più sottile e con una introspettività differente, ma accumunati da protagonisti in conflitto, raccontati con uno stile narrativo e cinematografico ricco di continui richiami. Carmy e Ramy sono alla costante ricerca di sè stessi, nel tentativo di rimettere insieme i pezzi del loro passato e del loro presente, in un contesto che è sempre più drammatico che comico.
2) Gentefied
In The Bear, la cucina passa dall’essere elemento focale sino a divenire sempre di più un pretesto narrativo per raccontare il dolore del protagonista. Ciò nonostante, la rappresentazione del settore della ristorazione resta comunque un valido e autentico ritratto di un ambiente tutt’altro che semplice. Parla un linguaggio simile Gentefied, dramedy latinoamericana di Netflix composta da due stagioni, creata da Marvin Lemus e Linda Yvette Chávez. In questo caso, la serie tv racconta dei membri più giovani della famiglia Morales: i tre cugini americani di origini messicane Chris, Ana ed Erik che cercano di mandare avanti la taqueria avviata dai nonni Mama Fina’s. Sotto il segno del rincorso sogno americano, la nuova generazione deve fare i conti con un contesto ostile e col burbero nonno Pop, patriarca vecchio stampo della famiglia Morales, immigrato negli Stati Uniti molti anni prima. Gentefied porta sullo schermo la difficoltà di gestire un’attività commerciale di piccole dimensioni, soprattutto se conciliata coi problemi legati all’immigrazione e al sistema americano non particolarmente aperto all’integrazione.
3) Foodie Love
Foodie Love è una miniserie spagnola di HBO España creata e diretta da Isabel Coixet. Il centro di tutto è la solitudine che accomuna due individui, Lui e Lei, che non hanno bisogno neanche di un nome che li distingua dal resto. Uniti dalla passione per la buona cucina, e in veste dunque di foodies, Lui e Lei tentano la fortuna con una nuova app di incontri, Foodie Love (che dà appunto il nome alla serie tv), basata sulla possibilità di frequentare persone amanti del cibo. Ogni episodio segue un pasto che Lui e Lei condividono insieme mentre imparano timidamente, goffamente, e con un certo grado di diffidenza, a conoscersi. Che sia un caffè, una cena, un drink, un gelato, i due continuano a incontrarsi, anche quando le cose non sembrano andare bene. Sotto il segno di un’app che sembra aver creato un’alchimia magnetica, Lui e Lei abbattono poco a poco le difese l’uno dell’altro, davanti a piatti evocativi che danno animo a un racconto sensoriale. Il cibo passa gradualmente in secondo piano rispetto alle interazioni tra i due, eppure Foodie Love continua a essere una narrazione in cui la gastronomia attraversa e scandisce le fasi più importanti della conoscenza tra Lui e Lei.
Col progredire degli episodi, i due protagonisti si conoscono sempre di più, riconoscendosi più simili di quanto pensassero. Avvicinati e allontanati da questioni irrisolte del passato, è proprio il dolore che li lacera a rendere Foodie Love una serie tv capace di colmare il vuoto lasciato da The Bear, e persino di creare una voragine ancora più grande.
4) Sweetbitter
Un elemento interessante all’interno della storia di The Bear è il tentativo di Carmy e Sydney di ristabilire un ordine efficace all’interno della sovversiva brigata del The Original Beef of Chicagoland. Con gli episodi, la squadra diventa sempre di più un team unito da un senso di protezione reciproco, una vera e propria famiglia con alti e bassi. Seppur con le sue differenze, anche Sweetbitter, serie tv di Starz cancellata dopo solo due stagioni, offre un interessante rappresentazione delle relazioni che si instaurano tra i dipendenti del ristorante in cui lavora la protagonista Tess. Da poco trasferitasi a New York, la giovane sulla ventina trova fortunatamente lavoro come cameriera in un rinomato ristorante nel centro della metropoli. Di lì a poco, complice il contesto lavorativo, è introdotta a un mondo fatto di alcol, droga, lussuria, amore e alta cucina. Finita in un ambiente che sembra più grande di lei, Tess impara a conoscersi attraverso la realtà caotica, rigida, magnetica in cui si è lanciata. Nonostante il plot alla base di Sweetbitter sia differente e più incantato rispetto all’oscuro The Bear, la familiarità è data proprio dall’articolazione del contesto lavorativo e dalle interazioni che in esso si innescano tra i colleghi, dando vita in entrambi i casi a una squadra che funziona nel caos della realtà del ristorante.
5) This Is Going to Hurt
In The Bear, Carmy Berzatto è totalmente travolto dal proprio stato d’animo che non riesce a decifrare: sommerso da una realtà che l’ha colpito ripetutamente senza che egli potesse avere il tempo di reagire. Sommerso di lavoro e incapace di prendere le redini della propria psiche, il protagonista è sull’orlo dell’esaurimento. Sottoposto a uno stress simile e differente è il giovane medico Adam Kay, protagonista della dramedy britannica This Is Going to Hurt. Co-prodotta da BBC e AMC e adattata dall’omonimo libro autobiografico, la miniserie è ambientata nella Londra del 2006 e racconta di un gruppo di specializzandi nel reparto ostetricia e ginecologia in un affollato ospedale pubblico che riflette la crisi del NHS (National Health Service). Con una narrazione episodica sia orizzontale che verticale, This Is Going to Hurt esplora il contesto ospedaliero con lo stesso cinismo con cui The Bear attraversa quello della ristorazione. Tramite le franche confessioni sarcastiche che Adam Kay rivolge alla camera rompendo la quarta parete, siamo proiettati in un ambiente lavorativo in cui si è sottoposti a una costante, asfissiante, pressione emotiva e fisica.
Nella ruvida e dolorosaThis Is Going to Hurt, il medico protagonista fatica a trovare un equilibrio tra la vita privata e il lavoro che ne assorbe completamente il tempo e l’emotività . Messo in difficoltà dai pazienti, dalla relazione celata col fidanzato, dal trauma e dal senso di colpa dettati da una svista lavorativa, Adam diventa progressivamente vittima di sè stesso: apatico, irrequieto, sull’orlo dell’esaurimento dato dal troppo stress. Proprio attraverso l’attitudine testarda e rigida, il protagonista nasconde e cerca di sopprimere un tumulto più grande di lui.
6) High Fidelity
Con lo sguardo disilluso diretto in camera, attraverso la costante rottura della quarta parete, Rob si racconta. E’ la protagonista di High Fidelity, dramedy di una sola stagione e adattamento seriale Hulu dell’omonimo film del 2000, a sua volta tratto dal romanzo dello stesso nome del 1995 di Nick Hornby. Dalla grigia Chicago di The Bear alla stilosa Brooklyn di High Fidelity che Rob, interpretata da Zoë Kravitz, vive insoddisfatta tra il negozio di dischi che gestisce e una vita sentimentale deludente. Col cuore a pezzi, la protagonista dalla forte passione per la musica confida agli spettatori le più grandi storie d’amore che l’hanno segnata. E che le hanno spezzato il cuore, finendo per esser sempre quella lasciata dagli altri. La colonna sonora in High Fidelity è un cuore pulsante. Ogni traccia musicale sembra scelta con cura meticolosa dal personaggio stesso, per raccontarci il suo malessere senza necessariamente confessarlo a parole. Rob si lascia andare, e ce lo racconta tramite le sue playlist. Anche in The Bear la soundtrack è un elemento narrativo vivo che dà forma alle dinamiche. Con l’indie rock come filo conduttore, entrambe le serie tv Hulu attribuiscono alla musica un ruolo determinante, molto più capace di raccontare in maniera diretta lo stato emotivo dei travagliati protagonisti. Affannati, stressati, persi, Carmy e Rob devono fare i conti con una realtà che non riescono a governare, lasciandosi andare all’impulsività che li domina. La città , gli sviluppi e i personaggi prendono vita tramite la musica e il tumulto emotivo che li traghetta.