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Sheldon Cooper si perde alla Garbatella e viene adottato dai Cesaroni

sheldon cooper
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Diario di bordo di Sheldon Cooper:
“Sono stato catapultato nel più surreale dei distretti dell’emisfero boreale. Mi trovo a 41° 51′ 37.97″ Nord e 12° 29′ 17.35″ Est, in un quartiere con una superficie di 3,05 chilometri quadrati e una densità di popolazione calcolata intorno ai 14 295,41 abitanti per chilometro quadrato. Mi sono smarrito all’interno del Municipio VIII di Roma Capitale, un quartiere di pazzi umanoidi evidentemente sottosviluppati che qui chiamano “Garbatella” – anche se di garbato c’è incredibilmente poco. Ho visto più materia oscura in questa parte di globo che in tutti i miei decennali studi di fisico teorico. Ho smarrito Leonard da 14 giorni, 6 ore e 27 minuti. Ho trovato momentaneo riparo in una casa in cui tutti mangiano con la bocca aperta, nessuno rispetta i turni per andare al bagno e ci si tocca di continuo con sconcertanti manifestazioni d’affetto che vanno dal calcio nei glutei allo scappellotto dietro la nuca. Sento che la mia permanenza qui stia influendo sui valori del mio quoziente intellettivo, che dall’ultimo test risulta sceso di 0,87 punti e ora si attesta intorno ai 186,13 punti.
Emetto segnali in Codice Morse dalla mia stanza: nessuna risposta.
Numero di ore trascorse dall’ultimo contatto con Leonard: 342.

Sheldon Cooper alla Garbatella

L’espressione di Giulio era un misto di impazienza e rassegnazione. Aveva già spiegato a Sheldon che era inutile calcolare ogni volta la combinazione ottimale di luce, temperatura e angolazione per guardare la tv prima di scegliere lo sgabello: in birreria, il primo che arrivava si sedeva dove voleva. Non c’erano regole, o meglio: questa era l’unica regola. Il ragazzo sembrava aver subito un forte shock, anche se in ospedale l’avevano rassicurato che non c’era assolutamente nulla che non andava. Non era malato, gli aveva ripetuto più volte Lucia, era solo intelligente. Sarà, ma questo Sheldon Cooper era strano parecchio. Giulio l’aveva trovato in stato confusionale ai bordi del marciapiede. L’aveva notato per quella t-shirt verde col fulmine sul petto, roba da videogiochi o cartoni animati. Sguardo di terrore, goccioline sulla fronte, boccetta di igienizzante stretta tra le dita sudate. Stava cercando di attraversare la strada sulle strisce pedonali, ma ogni volta che provava a puntare il piede oltre il marciapiede, veniva ricacciato indietro da orde di motorini incuranti che sorpassavano a destra e a sinistra le macchine incolonnate che strombazzavano senza requie. “A lazialeeee” gli aveva urlato uno, schivandolo per un soffio sul ciglio della strada. Quando Giulio gli era giunto in soccorso, il ragazzo biascicava parole senza senso.

Era tutto un tic nervoso, sembrava essersi smarrito e chiamava con insistenza un certo Leonardo. Alla quinta volta che Giulio gli chiese se per caso avesse bisogno d’aiuto, Sheldon Cooper svenne.

Sheldon Cooper alla Garbatella

Giulio aveva deciso di portarlo a casa Cesaroni, almeno finché il fantomatico Leonardo non fosse tornato a riprenderselo. Ai ragazzi aveva chiesto di tenerlo d’occhio e di metterlo a proprio agio, ma bastava che uno di loro si mettesse a starnutire senza mani davanti alla bocca per mandarlo in escandescenze. Rudi era quello che si divertiva di più a torturarlo: gli era sufficiente invertire l’ordine degli oggetti sistemati sulla scrivania per suscitare in lui le reazioni più strane, che si condensavano in una serie di spaventosi tic che non preannunciavano niente di buono. Una volta, Sheldon disse di aver inserito Rudi al numero settantatré della sua personalissima lista di Nemici mortali. La convivenza fu più dura del previsto: Sheldon Cooper costrinse tutti i membri della famiglia a firmare dei contratti che regolamentavano l’uso degli spazi comuni, i turni per il bagno, l’istituzione di serate a tema e le designazioni per il ruolo di accompagnatore ufficiale nelle giornate dedicate all’acquisto di fumetti. Alla fine, Giulio per disperazione costrinse tutti a firmare sotto minaccia dello scopettino.

Sheldon Cooper alla Garbatella

Rudi aveva imparato a sfruttare la situazione a suo vantaggio: tutti i pomeriggi, nell’ora dei compiti, prendeva in ostaggio Lanterna Verde e costringeva Sheldon a svolgere tutti gli esercizi che gli venivano assegnati a scuola. Quando accadeva, Sheldon si precipitava nella stanza delle ragazze, batteva per tre volte sulla porta e chiamava “Alice! Alice! Alice!”, ma non sempre dall’interno giungevano complici in suo soccorso. Le cose sembravano invece andare meglio in birreria, anche se Cesare aveva minacciato più di una volta di uccidere il ragazzo con le sue stesse mani.

-Te gonfio!
-Mi chiedo quale legge della fisica ti permetta di dilatare un corpo che non è un involucro elastico da poter riempire d’aria… –
sghignazzava lui, mentre Cesare assumeva un colorito sempre più paonazzo.

Sheldon Cooper alla Garbatella

Ezio era convinto che Sheldon Cooper fosse un alieno, su questo non aveva dubbi.

-Me pare chiaro no, guarda come digrigna i denti quando magna ‘a carbonara.
-Magari dalle parti sue ce mettono la cipolla, che ne sai te –
, gli rispondeva Giulio, che però qualche volta si lasciava suggestionare dalle teorie dell’amico. Da qualche giorno tuttavia, il clima era sospettosamente sereno in birreria. Cesare aveva dismesso quell’aria burbera che suscitava le ilarità di Sheldon e aveva assunto l’espressione parac**a che Giulio conosceva bene. Lui ed Ezio stavano sicuramente tramando qualcosa. Lo aveva capito anche Stefania, che aveva avuto la discutibilissima idea di portare il fisico teorico a tenere una lezione al liceo. Era finita con lanci di carta e scambi di insulti tra gli studenti – Walter in prima linea – e Sheldon, che con la mascella serrata meditava vendetta. “Adesso voglio il costume di Batman di tuo marito”.

Sheldon Cooper alla Garbatella

-Ahahah, è un genio st’extraterrestre- si compiaceva Ezio, accarezzando tra le mani un fascio di banconote da cento.
-E queste dove le avete prese?- si allarmò Giulio alla vista dei bigliettoni.
-Al tavolo der Caciottaro. Ancora nun se spiega perché perde sempre…

Ma che avete combinato?

Ezio e Cesare avevano scoperto come sfruttare a proprio vantaggio i talenti nascosti di Sheldon Cooper. “Ho una memoria eidetica”, aveva detto una volta il ragazzo, ricordando l’ordine preciso delle fatture non pagate dell’officina di Ezio. “Naturalmente non sapete che cos’è, è chiaro, nel processo di evoluzione della specie voi vi siete fermati al primo stadio. La mia è una capacità naturale di visualizzare mentalmente le immagini dopo averle viste anche solo per pochi secondi, senza far ricorso a nessuna tecnica mnemonica”.
-Bucio de cu*o!
Quella sera stessa, Cesare ed Ezio portarono Sheldon nel garage di Carletto Er Caciottaro, dove dall’1 di notte in poi si giocava a BlackJack. Si era scoperto che l’alieno – Ezio lo chiamava ancora così – era in grado di contare le carte, dote che non poteva in alcun modo essere trascurata e ignorata, specie quando finiva per rivelarsi particolarmente redditizia per le tasche dei Cesaroni.

In casa, l’unico che assecondava le serate a tema di Sheldon era Mimmo, puntualmente vestito da Chierico di Dungeons and Dragons. Marco invece provava a rompere il ghiaccio facendogli ascoltare qualche suo pezzo, ma Sheldon finiva per interromperlo alla seconda nota: “Tu stai chiaramente soffrendo, amico mio. Ma la domanda che dovresti porti è la seguente: la cosa mi coinvolge? No? Allora soffri in silenzio”. Il momento peggiore nelle giornate di Sheldon Cooper alla Garbatella però, era quando c’erano le partite della Roma. Il divano diventava una specie di campo di battaglia, con tanto di stendardi, sciarpe legate intorno alla vita, trombette e fumogeni. L’ambiente puzzava all’improvviso di sudore, tutti erano nervosi e si raggiungeva molto prima il livello di Defcon1. In quelle circostanze nessuno gli dava retta, neppure se rischiava di soffocare con i pistacchi della mortazza. Se davvero fossero esistite delle interazioni che non potevano essere spiegate dalla scienza – né con la Teoria delle stringhe né con nessun’altra teoria – queste erano quelle che si manifestavano in casa Cesaroni durante una partita della Roma.

Una volta Sheldon si lasciò scappare un commento: “Oh su dai, siate seri. Calcolando la velocità dei giocatori in maglia biancazzurra, la percentuale di passaggi sbagliati di quelli in maglia giallorossa, oltre che la scivolosità del terreno e le condizioni meteo avverse, la squadra A – che abbiamo chiamato Roma – ha le stesse probabilità di riuscire a battere la squadra B – che volgarmente chiamate Lazio – che avrebbe il telescopio Hubble di scoprire che al centro di ogni buco nero c’è un omino con una torcia intento a cercare il contatore!”
Il gelo era calato nel salotto dei Cesaroni. Cesare emise una specie di ruggito soffocato, Ezio corse a chiudere la porta della cucina, Giulio tirò minacciosamente su le maniche della camicia. “Mo’ m’hai rotto…”

Nessuno seppe mai come Sheldon Cooper si ruppe il naso durante quel suo soggiorno alla Garbatella.

Qualche settimana dopo, uno sconosciuto con gli occhiali spessi, i capelli neri arruffati e un’espressione vagamente goffa sul viso, bussò a casa dei Cesaroni. Andò ad aprire Ezio.
-Salve, piacere di conoscerla. Mi chiamo Leonard Hofstadter e sono qui per parlarle di…
-No, grazie. Nun ce serve niente.
Se vai più avanti ce sta la casa de Barilon, te li dà lui du’ spicci pe’ la questua.

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