Poche serie sono riuscite a farci vedere cosa vuol dire essere un Millennial come The Bold Type. Tirocini da “porta caffè”, case da dividere con coinquilini (sennò chi se lo può permettere l’affitto?), una tecnologia che si evolve, “uccidendo” e cambiando i lavori che abbiamo sempre sognato di fare da quando eravamo bambini. The Bold Type è tutto questo e anche di più: un concentrato di essenza dei 20/30enni di oggi con una spolverata di brillantini. Ecco perché la serie, quasi giunta al capolinea (qui le novità sull’ultima stagione) non è superficiale quanto vuole farci credere.
Le protagoniste sono ragazze come noi (o quasi), che lavorano per la stessa rivista, Scarlet: Jane, neo-giornalista, Kat, social media manager, e Sutton, segretaria aspirante stilista. Il loro mondo è in bilico tra il vecchio e il nuovo, tra la classica vita da redazione di un giornale (che attraversa la crisi della carta stampata) e le possibilità dei social network. Da questo punto di vista la serie sembrerebbe avere molto in comune con un originale Netflix che vede protagonista una certa Lily Collins: Emily in Paris vi dice qualcosa? Ma The Bold Type – scusaci Emily – ha molto di più da offrire. Vediamo insieme perché non è così superficiale: siamo sicuri che abbiate già intuito qualcosa.
Attenzione: spoiler in arrivo!
La tematica LGBT in The Bold Type
Nel corso della prima stagione Kat Edison, la responsabile social di Scarlet, scopre di essere attratta dalle donne. Il suo principale interesse amoroso è Adena El-Amin, artista e fotografa lesbica musulmana. A colpire non è tanto la presa di coscienza di Kat (che avviene in modo abbastanza naturale e poco combattuto), ma la forza del personaggio di Adena.
Quella di Adena, infatti, è la rappresentazione di una lotta tra il proprio vero essere e la propria cultura. In lei religione e omosessualità si sono fuse insieme, senza mai escludersi a vicenda, in un modello positivo e ideale di inclusione e accettazione. Sicuramente a un primo sguardo il personaggio di Adena può sembrare un po’ surreale, forse perché lo conosciamo solo alla fine del suo percorso.
Insomma, dobbiamo immaginare che per lei non sia stato affatto semplice diventare quella che è oggi: una donna coraggiosa e controcorrente. Se ci guardiamo intorno, vediamo tantissime persone costrette ad affrontare una lotta interiore tra quello che sono e la cultura in cui vivono, la quale non rappresenta una forza univocamente ostile, ma anche una parte del proprio modo di essere. In questo caso, The Bold Type non è una serie superficiale, perché ci offre modelli umani e quindi imperfetti, ma sempre positivi. Grazie ad Adena ci arriva un messaggio forte e chiaro: si può essere lesbiche, senza abbandonare la propria religione.
Cosa significa avere i geni BRCA
Ci sono tumori che tra i fattori di rischio annoverano la predisposizione genetica. Lo sa bene la nostra Jane Sloan, che ha perso sua madre quando era molto piccola, proprio a causa di un tumore al seno. Arrivata a 25 anni, Jane deve decidere se fare o meno il test genetico BRCA, un esame che serve a individuare le pazienti che hanno un rischio maggiore di sviluppare un cancro alla mammella. Se da un lato Jane preferirebbe non sapere e continuare a vivere normalmente, dall’altro sa che fare questo test potrebbe davvero fare la differenza. Una donna con questa mutazione, infatti, può iniziare a valutare con i medici la strategia migliore per fronteggiare l’aumento di rischio: una stretta sorveglianza o la chirurgia preventiva, per esempio (come quella affrontata da Angelina Jolie nel 2013).
Jane Sloan porta sullo schermo le difficoltà e le insicurezze delle donne con una storia familiare di tumore al seno. Una volta fatto il test e scoperto di avere la mutazione dei geni BRCA, la neo-giornalista di Scarlet dovrà fare i conti con altre scelte importanti, come quella di congelare i suoi ovociti per assicurarsi la possibilità di diventare mamma in futuro.
La tematica del test dei geni BRCA è una delle più importanti tra quelle introdotte in The Bold Type: la prevenzione, infatti, può davvero salvare molte vite.
Il lavoro e gli abusi
Jacqueline Carlyle è il capo che tutti vorremmo avere: preparata, coraggiosa, indipendente, sempre pronta a spronare i suoi dipendenti e a farli brillare. Tuttavia, nonostante l’apparente perfezione e l’aspetto da donna in carriera forte e sicura di sé, anche lei ha i suoi demoni da affrontare. In particolare, alla fine della prima stagione, veniamo a sapere che Jacqueline fu vittima di stupro sul posto di lavoro, ma non ebbe mai il coraggio di denunciare per paura di perdere la sua posizione.
Mentre Jacqueline deve fare i conti con il rovescio della medaglia della sua scelta (la possibilità che il suo assalitore abbia continuato ad abusare di giovani giornaliste), il lavoro di redazione continua e la nostra Jane Sloan lotta attraverso i suoi articoli per ottenere un mondo migliore. Così, quando scopre che alcune modelle sono state abusate da una famosa fotografa, si mette a indagare, aiutando le ragazze a vincere la paura e a uscire allo scoperto.
Così la serie segue il filone del movimento #MeToo, portando sul piccolo schermo esempi positivi. Le protagoniste di The Bold Type sono donne che supportano le donne e tutto questo è davvero bellissimo.
L’uso dei social network
In The Bold Type c’è un aspetto che può ancora apparire frivolo: l’uso eccessivo dei social network. A essere “incriminata” in questo senso è la giovane social media manager Kat, un po’ troppo dipendente da Facebook, Snapchat e Instagram. In alcune occasioni, effettivamente, Kat risulta essere molto attaccata ai social, non solo sul lavoro (come è ovvio che sia), ma anche nella sua vita privata. In realtà questo aspetto ci mostra una parte importante delle generazioni più giovani. Ciò che emerge è il ritratto di tanti di noi, che non riescono a mettere in pausa la propria vita online per godersi offline ciò che di bello il mondo ha da offrire: una serata tra amici, un bacio, la natura, un musicista che suona per strada.
L’ansia da condivisione, tuttavia, non è per forza negativa e The Bold Type ci fa capire perché. Il potere dei social è quello di raggiungere un vasto pubblico e una simile capacità può essere sfruttata per questioni importanti. Ed è così che Kat, tramite foto, video e GIF, riesce a trasmettere al pubblico messaggi di uguaglianza, body positivity e tanto altro ancora. Tra le sue idee più brillanti spicca la campagna social di “liberazione del capezzolo femminile”, che ci porta a riflettere sul perché parti del corpo comuni sia agli uomini che alle donne vengano mostrate senza paura dai primi e nascoste con vergogna dalle seconde. Per noi ha ragione Kat, la differenza sta solo negli occhi di chi guarda.